E’ una crisi che entrerà nei libri di storia per gli effetti che ha scatenato
La politica economica sta facendo tutto il possibile, confermando la gravità dello shock e la paura degli effetti a catena
Queste azioni potranno funzionare come “valvole di sicurezza”, ma non basta: da un lato, le banche centrali stanno inondando i mercati di liquidità, ma se dall’altro lato le banche mancano di fiducia, non presteranno
“Questa crisi entrerà nei libri di storia” dichiara Vincent Chaigneau, Head of Research Generali Insurance Asset Management. “Marzo ha visto tornare indietro i mercati azionari con una velocità mai registrata prima, ma ora tutti gli occhi sono rivolti sugli effetti del mix tra banche centrali e politiche fiscali”.
Cosa ha di diverso questa crisi?
E’ una crisi che entrerà nei libri di storia per gli effetti che ha scatenato. Nell’arco di un mese la capitalizzazione del mercato azionario globale si è ridotta di 24 mila miliardi di dollari, un valore superiore al Pil annuale degli Stati Uniti. Ad oggi, guardando allo scenario di possibile recessione globale, la domanda non è più “se”, ma con quale durata. I primi numeri dalla Cina indicano un brusco e improvviso arresto dell’economia, con un impatto negativo sulla crescita già dal primo trimestre. Anche il mondo occidentale subirà una profonda contrazione nel secondo trimestre e le nostre previsioni circa la crescita globale per il 2020 sono nell’intorno del +0,5%, ma con il rischio di un dato ancor più debole. Questa recessione sarà senza precedenti: i doppi shock di domanda e offerta implicheranno un forte calo nel primo semestre, speriamo seguito da una forte ripresa nel secondo.
Abbiamo assistito ad un rapido intervento, a livello globale, da parte delle maggiori banche centrali. Come valuta tali interventi?
La politica economica sta facendo tutto il possibile, confermando la gravità dello shock e la paura degli effetti a catena. Basti pensare che, a livello globale, le banche centrali hanno tagliato di oltre 40 volte i tassi nelle ultime settimane. La Fed ha tagliato i tassi di 150 bp a quasi lo 0%, ha annunciato $ 700 miliardi di stimoli straordinari (Quantitative easing) e ha riaperto una serie di importanti strumenti di liquidità. La Bce ha annunciato il Pandemic Emergency Purchase Program da € 750 miliardi per quest’anno (acquisti straordinari di titoli per limitare il rialzo dei rendimenti in caso di forti vendite nei bond), che si aggiunge all’attuale programma di acquisto di attività (App) per € 20 miliardi al mese e al pacchetto da € 120 miliardi annunciato a marzo. Il che significa che facilmente la Bce acquisterà in media più di € 100 miliardi di obbligazioni al mese quest’anno. Un livello molto importante che come abbiamo visto ha già avuto riflessi concreti ed efficaci anche sullo spread italiano.
Alla risposta di politica economica si deve affiancare una altrettanto vigorosa politica fiscale, da più parti ancora ritenuta insufficiente. Cosa possiamo attenderci?
La risposta della politica fiscale sarà gigantesca, forse maggiore rispetto alla crisi del 2009: lo stimolo fiscale complessivo dovrebbe avvicinarsi al 2% del Pil mondiale. Gli Stati Uniti sono in testa, con un piano da oltre mille miliardi di dollari, pari a circa il 5% del Pil. I dettagli della Cina non sono ancora noti, ma l’ammontare sarà ingente. L’impulso fiscale europeo è inferiore, ma integrato da una massiccia quantità di garanzie sul credito bancario.
Queste azioni potranno funzionare come “valvole di sicurezza”, ma non basta: da un lato, le banche centrali stanno inondando i mercati di liquidità, ma se dall’altro lato le banche mancano di fiducia, non presteranno. La massima priorità è evitare che, poiché l’economia subisce un arresto improvviso, le aziende, e soprattutto le pmi, non riescano ad accedere alla liquidità. Serve massimo sostegno al credito alle aziende e ristabilire la fiducia nella ripartenza e ripresa del sistema.
Quali altre misure e iniziative dovrebbero essere poste in essere per evitare tale rischio?
La crisi di liquidità potrebbe trasformarsi in una crisi di solvibilità, e di conseguenza ancora di più in un mondo aziendale molto indebitato. Per evitare questo mancano ancora alcuni “ingredienti”. Per esempio, mentre la Bce offre finanziamenti a lungo termine al settore privato non finanziario, la Fed non lo fa e questo richiederebbe un cambiamento nel Federal Reserve Act, o almeno garanzie del Dipartimento del Tesoro. Il Congresso si è già attivato per arrivare ad un cambiamento legislativo in tempi rapidi e, con i mercati del credito al centro di questa crisi, vedremmo tale mossa come una vera discontinuità. In secondo luogo è importante che agli sforzi dei singoli Stati europei si aggiunga una iniziativa coordinata, che implichi una vera mutualizzazione del rischio.
A partire dalla seconda metà di marzo abbiamo registrato deflussi record sia dai fondi azionari sia dai comparti del reddito fisso. Che scenario dobbiamo attenderci?
Nelle ultime settimane i risparmiatori si sono affrettati verso attivi liquidi e a basso rischio, con un afflusso verso la liquidità vicino a 100 miliardi di dollari. La nostra principale preoccupazione è l’obbligazionario privato, dove un rendimento totale negativo determinerà ulteriori deflussi, obbligando i gestori a vendite forzate. Gli spread “high yield” europei sono quasi triplicati dall’inizio dell’anno e persino gli spread europei di titoli investment grade, quindi più sicuri, sono passati da meno di 100 pb a 230 pb. Un’altra area di preoccupazione è il venire meno delle correlazioni tra asset class: abbiamo assistito alla vendita anche di obbligazioni ritenute più sicure, nonostante il chiaro aumento dell’avversione per il rischio. Tali sbilanciamenti offriranno opportunità agli investitori a lungo termine, e le azioni di governi e banche centrali sono un passo nella giusta direzione. Questa crisi è come nessun altra: una volta che il contagio virale svanirà, lo stimolo senza precedenti che sta avviandosi potrà effettivamente determinare una brusca inversione del mercato. Competenza e qualità aiuteranno a riconoscere le diverse opportunità negli investimenti di lungo periodo. E come divisione di asset management del Gruppo Generali vogliamo giocare un ruolo di primo piano in questo ambito per i nostri clienti.