Generali, l'addio di Caltagirone certifica la rottura sulla visione strategica

A Caltagirone sarebbe stato impedito di "dare il proprio contributo critico e ad assicurare un controllo adeguato alla presentazione e approvazione del piano strategico", si apprende da una nota di Generali che riassume le ragioni alla base delle dimissioni, curandosi di smentirle.
“La reazione negativa del mercato alla notizia è soprattutto legata all'aumento dell'incertezza sull'esito degli scontri per il controllo della governance del grande gruppo assicurativo. Scontri che saranno sempre più duri tra le due parti e che potrebbero indebolire le quotazioni di Generali”, ha commentato a We Wealth Filippo Diodovich, senior market strategist di IG.
“Crediamo che le dimissioni dal Cda di Generali da parte di Caltagirone abbiano dato ulteriore conferma dell'impossibilità di trovare un compromesso tra le parti”, ha commentato a We Wealth Filippo Diodovich, senior market strategist di IG, “la reazione negativa del mercato alla notizia è soprattutto legata all'aumento dell'incertezza sull'esito degli scontri per il controllo della governance del grande gruppo assicurativo. Scontri che saranno sempre più duri tra le due parti e che potrebbero indebolire le quotazioni di Generali”.
Le motivazioni ufficiali che, dopo 12 anni, hanno portato alle dimissioni di Caltagirone dal Cda di Generali uniscono ragioni personali (la sua figura sarebbe stata “palesemente osteggiata”) a critiche sul metodo di lavoro dello stesso Cda. In particolare a Caltagirone sarebbe stato impedito di "dare il proprio contributo critico e ad assicurare un controllo adeguato alla presentazione e approvazione del piano strategico; alla procedura per la presentazione di una lista da parte del Consiglio; alle modalità di applicazione della normativa sulle informazioni privilegiate; all'informativa sui rapporti con i media e con i soci significativi, ancorché titolari di partecipazioni inferiori alle soglie di rilevanza”.
Il presidente di Generali, Gabriele Galateri di Genola, ha espresso “vivo rammarico e sorpresa per la decisione assunta dal cav. Caltagirone” le cui motivazioni “non possono che essere categoricamente respinte avendo la società sempre condotto la sua attività secondo criteri di assoluta trasparenza e rigorosa correttezza”.
Il patto Caltagirone-Del Vecchio-Crt contesta il Piano Strategico approvato a maggioranza lo scorso dicembre. Fra le divergenze delle due anime dell'azionariato c'è la politica moderata sul fronte M&A, che la gestione Donnet intende continuare promuovere. Per Caltagirone e Del Vecchio la società deve puntare ad acquisizioni di grande portata, in particolare in Asia, per restare al passo con i concorrenti. Inoltre, il patto vorrebbe vedere un maggior focus sull'asset management e la valorizzazione della controllata Banca Generali. Il gruppo Caltagirone-Del Vecchio-Crt sarebbe dunque al lavoro su un Piano Strategico alternativo coerente con queste linee guida, da sottoporre agli azionisti in vista dell'assemblea di aprile. La rottura ormai consumata sembra escludere la possibilità di una riconciliazione fra le parti.