Perché il Lussemburgo è così attraente per gli investitori assicurativi, soprattutto quelli italiani che rappresentano, dopo la Francia, il secondo paese per volumi di premi?
L’aspetto finanziario – spiega Quero – è fondamentale. La possibilità di realizzare investimenti in attivi particolari traina la scelta degli investitori. Per quanto riguarda l’Italia c’è anche una ragione che attiene alla diversificazione del rischio paese. Investire fuori dalla penisola in questo momento rappresenta un ulteriore elemento di sicurezza, soprattutto considerando le caratteristiche del Lussemburgo, un paese estremamente stabile e perfettamente integrato nel contesto dell’Unione europea.
Oltre il 50% degli asset assicurativi lussemburghesi (23 miliardi di euro nel 2018) sono allocati presso fondi dedicati in cui, in relazione all’ammontare investito, è possibile scegliere a discrezione una gestione personalizzata. Sembra dunque che il Lussemburgo sia la piazza preferita per il private insurance.
Sì, proprio così. Assieme all’Irlanda il Lussemburgo è il paese dove confluisce buona parte degli investimenti private. Il fondo dedicato spesso viene visto come un mito, ma spesso non è così. Simili fondi vengono costruiti con profili di investimenti predefiniti, suggeriti al cliente in relazione alla sua attitudine al rischio ed alle sue specificità. In ogni caso c’è sempre un gestore, alle spalle, che decide.
Già però la normativa lussemburghese consente di collocare specialized insurance fund (nuova categoria introdotta nel 2015 dal regolatore). In questa modalità un sottoscrittore può introdurre a sua discrezione asset nella polizza senza necessariamente passare per un gestore finanziario.
Sì, c’è questa possibilità ma in Italia non sono fondi praticamente utilizzati. Vi sono discussioni aperte con i regolatori per vedere quali potrebbero essere le modalità migliori per introdurli nel mercato. Va comunque precisato che si tratterebbe comunque di un fondo statico, in cui il cliente apporta i suoi titoli che poi rimangono lì. Comunque noi tendiamo ad evitare simili configurazioni. Siamo molto attenti alle questioni di conformità e di antiriciclaggio. In generale, poi, va detto che negli ultimi 5-7 anni il sistema ha stretto molto le maglie.
La Mondiale Europartner è presente in Italia dal 1997 anche con una branch. Come’è organizzato il vostro business nella penisola?
Siamo presenti da molti anni e siamo cresciuti anche con l’acquisizione di Scottish Equitable e Mass Mutual. Per noi l’Italia è sempre stato un mercato molto interessante e l’interesse è andato crescendo nel tempo. Abbiamo circa 3 miliardi di euro in gestione e amministrati su un portafoglio totale di 15 miliardi. La raccolta nella penisola è passata dai 150-200 milioni del 2012 fino agli attuali 800-1.000 milioni. La nostra rete di distribuzione è rappresentata dalle grandi banche private italiane e dal canale dei broker per servire ulteriori fasce di clientela. Siamo concentrati soprattutto nel nord Italia e l’importo medio delle nostre polizze è intorno al milione di euro.
Come avviene anche per altri operatori dello stesso tipo gli asset vengono lasciati in gestione verso il medesimo partner bancario del cliente?
Sì, esatto, il gestore e la banca depositaria rimangono all’interno del gruppo bancario partner e noi ci occupiamo della parte assicurativa e della quota di investimenti garantiti, quelli del ramo primo, provenienti dalle gestioni separate.
Già perché il vostro prodotto di punta è quello delle multiramo in cui le polizze del ramo primo (a capitale garantito) si combinano con quelle del ramo terzo (unit linked, esposte ai mercati).
Esattamente. I nostri prodotti, tutti a vita intera ed a premio unico, sono adatti a seguire il cliente nel lungo periodo con libertà e flessibilità totale e possibilità di switch da un ramo all’altro e riscatti totali e parziali. In questo modo l’investitore può mettere in sicurezza gli investimenti quando si avvicina l’età della successione. Ogni cliente gestisce in modo personale il contratto ma l’obiettivo di queste polizze è di gestire in modo efficiente la pianificazione successoria.
Nei switch che i clienti attualmente vi chiedono attualmente si percepisce anche una maggiore apprensione sulla turbolenza dei mercati finanziari? Prevale la prudenza, cioè la scelta di prodotti di ramo primo anziché di ramo terzo?
In linea generale la clientela private non la pensa diversamente da quella retail. In questo momento, dopo i movimenti dei mercati finanziari dell’ultimo anno, la richiesta di prodotti garantiti è forte, sia per quanto riguarda le sottoscrizioni iniziali che i movimenti successivi. Allo stesso tempo, nell’attuale contesto di tassi bassi, continuare a vendere senza limiti prodotti di ramo primo è rischioso sia per la compagnia che per i clienti. Per poter offrire la garanzia sul capitale si dovrebbe infatti acquistare titoli obbligazionari governativi che oggi hanno un rendimento così basso da compromettere irrimediabilmente la performance. Occorre un giusto compromesso.
Il problema è soprattutto delle compagnie che offrono la garanzia del capitale e debbono sottostare ai ratios patrimoniali di Solvency 2.
Già, ma come dicevo, è anche un problema dei clienti quando vedono che, in contropartita, quelle polizze non rendono quanto si aspetterebbero. Ciò che noi facciamo, al pari di altri operatori, è porre un limite alla quota investibile nelle gestioni separate. Investiamo molto nella formazione dei nostri clienti per far capire i vantaggi di essere esposti ai mercati in un investimento di medio-lungo periodo com’è quello assicurativo.
Prevedete penali di riscatto?
No, non sono previste penali neppure nei primi anni. Attualmente offriamo una garanzia del capitale versato al netto dei costi.
Vi preoccupano le incursioni della magistratura sul ramo terzo che, in alcune sentenze italiane, ha visto profilarsi il rischio di una riclassificazione dei contratti?
No, si tratta di casi estremi in cui effettivamente sono state messe in discussione, soprattutto, le modalità di vendita delle polizze. Inoltre la normativa europea chiarisce molto bene ciò che deve intendersi per prodotto assicurativo. In ogni caso noi abbiamo innalzato le garanzie in caso di decesso, anche per tranquillizzare il mercato. La nostra intenzione è di continuare ad offrire ai clienti un prodotto che sia finanziario da un lato ma fortemente assicurativo dall’altro. Del resto l’Italia è il primo mercato in cui abbiamo lanciato il primo prodotto di protezione dedicato al mercato Hnwi, proponendo una temporanea caso morte disegnata sulle esigenze di queste specifiche fasce di clientela. E’ una polizza che sta suscitando interesse.
Sembrerebbe una copertura utile anche per le aziende che potrebbero aver interesse ad assicurare il rischio che venga a mancare una persona chiave dell’impresa.
Proprio per questo ne abbiamo reso disponibili due versioni, la prima dedicata alle persone fisiche, la seconda rivolta alle aziende con l’obiettivo, appunto, di coprire il rischio di perdita dell’uomo chiave. E’ una delle modalità più richieste. Arriviamo fino ad un massimale di copertura di 10 milioni ma in casi particolari lavoriamo con il riassicuratore per trovare soluzioni che superino questo limite.
Le “temporanea” di La mondiale Europartner hanno caratteristiche particolari?
Abbiamo lavorato su alcune leve, ad esempio nel consentire la libera scelta dei beneficiari oppure per permettere alle famiglie con asset prevalentemente illiquidi di sostenere, grazie alla polizza, le spese di successione che in alcuni casi possono essere elevate. Questo tipo di polizze sono anche indicate per offrire la garanzia caso morte in caso di forti investimenti, a sostegno dell’azienda di famiglia ma anche in seguito all’acquisto di un immobile.
Ci parlava della vostra volontà di crescere ancora. Quali sono i vostri progetti?
Siamo in una fase in cui la parola sviluppo è divenuta centrale nel nostro gruppo, soprattutto dopo (ottobre 2018) l’arrivo del nuovo direttore generale Loïc Le Foll. Ciò che ci proponiamo è una rifocalizzazione del business anche attraverso nuove partnership, ad esempio con family office ed advisor indipendenti. L’Italia è, a parte il Lussemburgo, la nazione più rappresentata all’interno della compagnia con circa 30 unità che seguono il mercato e sono impegnate nei nostri uffici italiani e del Granducato.
Vogliamo rafforzare il wealth planning e quindi essere a fianco dei nostri partner nella costruzione delle soluzioni per la clientela private. Abbiamo anche prodotti collocati in libera prestazione di servizio per soddisfare le esigenze dei clienti in mobilità, caratteristica tipica delle fasce di clientela più elevate. Intendiamo inoltre continuare a sviluppare, non soltanto in Italia, prodotti di protezione e stiamo investendo molto nella digitalizzazione. Nel 2020 è prevista la migrazione di tutti i sistemi verso la nuova piattaforma digitale che ci consentirà di lavorare meglio e offrire un servizio ancora migliore ai nostri partner. L’obiettivo è quello di continuare ad essere considerati anche nel futuro tra i principali provider di private insurance nei paesi dove siamo presenti.
Abbiamo fin qui parlato delle opportunità. Ma nello scenario attuale intravedete anche rischi?
Il rischio maggiore, in un mercato regolamentato com’è il nostro, è il cambiamento delle normative, soprattutto quelle fiscali, sulle polizze. Non credo sia all’ordine del giorno e sarebbe controproducente per gli investitori ma è una nuvola sempre presente all’orizzonte.
C’è poi il tema dei bassi tassi d’interesse. Se la congiuntura dovesse durare ancora per qualche anno si porrebbe una seria riflessione sulla sopravvivenza del ramo primo. Fino ad ora siamo riusciti a operare in questo scenario, pur così difficile. Ma, appunto, se dovesse protrarsi a lungo, necessariamente il ramo terzo prenderebbe il sopravvento