Per determinare l’assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e/o dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita del nucleo famigliare goduto durante la convivenza dei coniugi.
Tenore di vita e assegno di mantenimento
Il tenore di vita, infatti, è ancora un indice rilevante ai fini della determinazione delle obbligazioni a carico del coniuge più forte economicamente (Cass. n. 8254/2023). Per questo la Riforma Cartabia nei procedimenti giudiziari conseguenti alla crisi tra coniugi, conviventi e uniti civilmente ha previsto l’obbligatorietà per ciascuna delle parti di depositare una disclosure completa sulla propria situazione reddituale e patrimoniale correlata dai documenti fiscali degli ultimi tre anni, estratti conto, visure immobiliari e camerali, documentazione bancaria e patrimoniale.
Il potere del giudice negli accertamenti sul tenore di vita
Non solo: il giudice, all’esito della prima udienza di comparizione dei coniugi, può ordinare l’integrazione della documentazione depositata e disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita avvalendosi della Polizia Tributaria.
È molto frequente, infatti, che il coniuge economicamente più debole non riesca a provare che la situazione economica del coniuge non corrisponde realmente a quanto dal medesimo rappresentato in sede giudiziale; soprattutto allorquando l’altro coniuge presenta una dichiarazione dei redditi con un reddito complessivo ai limiti della soglia di povertà mentre nella realtà è titolare di ricchezze patrimoniali, monetarie e reddituali mai dichiarate al Fisco.
La strategia anti-furbetti nei procedimenti di crisi familiare
In base alle nuove norme, però, i “furbetti” avranno una vita più difficile poiché l’attivazione di tali indagini non è più subordinata alla preventiva contestazione – da parte di almeno una delle parti in giudizio – circa l’effettiva posizione reddituale e patrimoniale, ma è espressione di un potere del giudice, discrezionale o meno a seconda della situazione.
Quando, infatti, sono allegati fatti precisi e circostanziati in ordine all’incompletezza o all’inattendibilità delle risultanze fiscali di uno dei coniugi, tale potere del giudice della separazione esce dall’ambito della discrezionalità per diventare “dovere”. Come precisato più volte dalla Cassazione, infatti, esiste un limite alla discrezionalità del giudice nel fatto che non può essere rigettata la richiesta di riconoscimento e determinazione di un mantenimento per il solo fatto che la parte non è stata in grado di dimostrane gli assunti.
La ricostruzione del tenore di vita
La ricostruzione del tenore di vita, infatti, deve essere fatta a prescindere dalla provenienza del-
le consistenze reddituali o patrimoniali godute e assumono rilievo anche i redditi occultati al
Fisco. Quanto sopra è stato recentemente confermato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 918 del 10 gennaio 2024, che ha accolto il ricorso di una donna avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Genova.
I giudici di merito avevano respinto la richiesta di effettuare indagini e avevano pronunciato la separazione senza prevedere un importo al di lei mantenimento.
Questo nonostante la donna avesse offerto elementi concreti e specifici in merito alla presenza in capo al marito di redditi superiori a 3.000 euro dichiarati e in merito al di lui esercizio di attività di gestore di fatto di un’impresa commerciale di proprietà delle sorelle.
Accogliendo il ricorso della donna, la Cassazione ha invece ribadito come “in tema di separazione personale dei coniugi, ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole e dei figli minorenni o maggiorenni ma non economicamente autosufficienti, occorre accertare il tenore di vita della famiglia durante la convivenza matrimoniale e a tal fine il giudice ha l’obbligo di avvalersi delle indagini della Polizia Tributaria.