Stando all’ultima relazione annuale dell’Ocf, al 31 dicembre 2022 le donne iscritte nella sezione dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede dell’albo unico erano 11.496
Conte: “Ritrovo nelle giovani una prospettiva di speranza. Dobbiamo riuscire a catturare la loro curiosità, spiegando come la nostra professione si sviluppa nel concreto”
L’industria della consulenza fa spazio alle donne? Stando all’ultima fotografia scattata dalla relazione annuale dell’Ocf, al 31 dicembre 2022 le donne iscritte nella sezione dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede dell’albo unico erano 11.496. Si tratta del 22,3% della popolazione totale degli iscritti, un dato in crescita sia rispetto al 21,7% del 2020 che rispetto al 22,1% del 2021. A piccoli passi, le professioniste si stanno ritagliando uno spazio nel settore, ma i numeri parlano chiaro: il countdown della parità di genere scorre a rilento e le domande, emerse nell’ambito di un incontro organizzato da Anasf e intitolato Consulenza, sostantivo femminile, restano tante.
“Non so cosa pensate di questi numeri e non so cosa pensarne io”, interviene in apertura Letizia Mencarini, professoressa ordinaria di demografia all’Università Bocconi. “Ciò che è chiaro è che non c’è un’uguaglianza di genere. E qui sorgono le prime domande: le donne hanno un accesso sbarrato alla professione? Questa tipologia di lavoro viene ricercata dalle donne o viene considerata più maschile? Qual è il futuro delle donne in questa professione? Hanno dei bisogni peculiari oppure no?”, si chiede Mencarini. Per capirlo, continua, può aiutare lanciare uno sguardo più in generale ai dati del gender gap a livello nazionale. Secondo l’ultimo Global gender gap report del World economic forum ci vorrà oltre un secolo per colmare i divari tra donne e uomini a livello mondiale. Precisamente 131 anni. Nessuno dei 146 paesi analizzati sulle diverse variabili dell’uguaglianza (dalla partecipazione economica all’istruzione, dalla salute all’emancipazione politica) ha ancora raggiunto la piena parità.
Italia al 79° posto per parità di genere
L’Italia, in particolare, resta fuori non solo dalla top10 ma anche dalla top50, scivolando dal 63esimo al 79esimo posto rispetto all’edizione precedente. “La parità è nordica”, spiega Mencarini. “Ai primi posti abbiamo Islanda, Norvegia, Finlandia, Svezia. L’Italia invece non fa che peggiorare. Siamo al 48° posto per numero di donne in Parlamento, all’80° posto per parità salariale, al 93° per partecipazione femminile al lavoro e al 104° per partecipazione economica e pari opportunità. E il soffitto di cristallo resta”. Se si guarda alle posizioni apicali occupate dalle donne, la quota di ceo è salita dal 18% del 2021 al 20% del 2022, quella di senior manager dal 29% al 30%, ma il Belpaese resta comunque in fondo alle 30 maggiori economie mondiali in questo ambito, avverte l’esperta. “Il nodo importante della condizione femminile in Italia resta la maternità”, spiega. “Si parla di un gendered parenthood penalty che le donne sviluppano durante tutta la loro vita e che non colmano mai. Lo scoglio della nascita dei figli comporta una ridefinizione dei ruoli spesso necessaria, forzata e anche traumatica per il lavoro delle donne. Rischiando di dar vita a nuove diseguaglianze”, conclude Mencarini.
Conte: “Dalle donne nuove prospettive”
“Questo evento dimostra il percorso che l’associazione ha avviato da tempo”, dichiara Luigi Conte, presidente di Anasf, in occasione dei saluti introduttivi. “Diverse colleghe si sono fatte avanti e si sono rese disponibili a creare le condizioni perché il genere venisse rappresentato ai livelli più alti dell’associazione: avere una direttrice generale come Germana Martano, una tesoriera come Susanna Cerini e una vicepresidente come Alma Foti, ci ha aiutato a capire l’importanza di osservare la realtà da una prospettiva altra, diversa. Un modo per trovare soluzioni non scontate, ma innovative. Il tendenziale è nel voler rafforzare la presenza delle donne perché i contenuti e le prospettive che portano con sé sono contenuti e prospettive che consentono di progettare il futuro tenendo conto di nuove tematiche”, osserva Conte. Ricordando come i giovani di oggi, in particolare le donne, siano sempre più interessate alla professione della consulenza. Un interesse da coltivare. “Mi ritrovo spesso in aule universitarie composte in maniera eterogenea, con ragazze e ragazzi che si propongono come potenziali interlocutori per il futuro professionale. E devo dire che ritrovo nelle reazioni delle ragazze una prospettiva di speranza. Probabilmente anche perché la nostra professione viene percepita come estremamente gestibile. Dobbiamo riuscire a catturare questa curiosità, spiegando loro come la nostra professione si sviluppa nel concreto, nell’ambito di un concetto di libertà cui tutti aspiriamo”.
Tre mosse contro il gender gap della consulenza
Contro il gender gap della consulenza, conclude Conte, sono tre gli ambiti rispetto ai quali si impegnerà Anasf. Innanzitutto, l’elaborazione di uno studio sulle consulenti finanziari donne, attraverso l’attività del centro studi e ricerca dell’associazione. Poi, un’analisi più approfondita dei dati sui congedi parentali, in modo da valutare se si possa implementare un sostegno migliore e paritario rispetto alle figure genitoriali. “L’impegno a creare una dimensione valutativa più profonda c’è. Classifichiamo bene questi numeri, valutiamo come migliorarli e andiamo presso le sedi a noi familiari – governo e commissioni parlamentari – in cui identificare soluzioni concrete. I fondi si trovano”, dice Conte. Guardando infine a un progetto di mentoring tra colleghe all’interno di Anasf. “Questo fa il paio con la dimensione al femminile che vogliamo dare ad Anasf Giovani. Credo che con la combinazione funzionale tra donne di esperienza e ragazze più giovani si possa costruire un progetto interessante da questo punto di vista”.