Il 2020 sarà ricordato come l’anno con il maggior numero di Ipo dal 2014: sul Nyse sono già 132 per una raccolta complessiva di 50 miliardi
Dopo un avvio incerto, da maggio si è scatenata la corsa alla Borsa delle società tech. Dotate di business distruptive, che spesso però non producono hanno utili
Rispetto alle dot.com del 2000 però le nuove protagoniste della digitalizzazione hanno valutazioni meno esorbitanti a fronte di fatturati consolidati, e investitori di peso nel capitale
Ma sono anche molti gli indizi che indicano invece che queste Ipo tech potrebbero riservare grandi soddisfazioni agli investitori anche al di là del preciso momento storico, assumendo una prospettiva di più lungo periodo.
Il 2020 era partito lento sul fronte delle Ipo a Wall Street, con molte rinunce rispetto alle attese, ma nel corso dell’estate il vento è cambiato. Complice l’idea che fossimo già fuori dall’emergenza sanitaria e l’affermarsi di modelli di business digitali, alcune startup hanno preso coraggio e hanno deciso di fare il grande passo in Borsa, riscuotendo un grande successo in termini di raccolta.
È il caso di Zoom, la app superstar delle videoconferenze, approdata sul listino il 3 giugno, con una valutazione di oltre 8 miliardi di dollari, e il titolo che ha rapidamente raddoppiato nel primo giorno di quotazione. Destino simile per Vroom, negozio online di auto valutato 2,5 miliardi che nel giorno di Ipo, l’8 giugno, ha segnato un aumento superiore al 110%.
Ma anche una delle ultime debuttanti, Snowflake, società di software per cloud, approdata nella prima metà di settembre a Wall Street, ha raddoppiato la capitalizzazione nel suo primo giorno, capitalizzando oggi più di 80 miliardi di dollari.
Cambio di marcia nel cuore della pandemia
Prima della pandemia si erano quotate One Medical, nel settore dell’ehealth (30 gennaio) con una valutazione di 1,7 miliardi e Casper, che produce materassi (il 5 febbraio a 1,1 miliardi).
Prima di Zoom invece, e già in piena pandemia, si era quotata in Usa, l’8 maggio, si era lanciata la cinese Kingsoft Cloud e poco dopo è stato il turno di Agora (25 giugno, 2 miliardi la valutazione di Ipo) e dell’insurtech Lemonade, anche questa sul listino il 2 luglio con un valore di 2 miliardi, seguita dalla fintech nCino.
Ad agosto è arrivata BigCommerce, che si è guadagnata il titolo di maggiori Ipo vc-backed del 2020.
Anche le Ipo dell’autunno sono state tutte tech o health tech, da JFrog, alla già citata Snowflakes, a Sumo Logic, ad Amwell Health, fino alle super Ipo di Unity (arriva in Borsa il 18 settembre con un valore di 13,7 miliardi) e di Palantir (22 milioni).
Un fermento mai visto
Un fermento che non si vedeva dal 2014 non solo per il numero di nuove quotate – 132 sopra i 50 milioni per una raccolta complessiva di circa 50 miliardi – ma anche per la risposta degli investitori: il Renaissance Us Ipo Index (che raccoglie le Ipo di Wall Street dell’ultimo biennio) ha registrato un balzo del 60% da inizio anno.
Numeri che fanno anche temere una nuova bolla tech. Su questo punto i pareri sono discordanti: c’è chi preconizza un tracollo e chi fa notare che le nuove dot.com hanno maggiore solidità – dietro SnowFlake addirittura Warren Buffet – e mercati reali testati da fatturati monstre. Oltre a maggiore solidità: in media il pe è di 32 e la liquidità pari al 7% del valore attribuito loro dalla (contro il pe a 62 e la liquidità di appena il 2,7% delle dot.com del 2000).
Il caso Airbnb
È così anche per Airbnb? La piattaforma che ha trasportato sul digitale l’ospitalità diffusa ha una valutazione compresa tra i 21 e i 30 miliardi, azionisti di peso (tra cui il fondatore di Amazon Jeff Bezos e l’attore Ashton Kutcher) ed è un unicorno dal 2011. Ma non ha mai fatto un centesimo di utile, a tredici anni dalla sua poetica fondazione. La storia la conoscono tutti: due studenti di design, Brian Chesky e Joe Gebbia, per sopperire alla cronica carenza di posti letto di San Francisco iniziarono a noleggiare materassi gonfiabili nel proprio salotto, trovando anche un modo di pagarsi l’affitto.
“Airbed (materassino gonfiabile) and breakfast” fu la prima ragione sociale: oggi quei materassini sono diventati 7,4 milioni di alloggi in 220 paesi in tutto il mondo, e hanno ospitato più di 800 milioni di persone. Secondo le stime della stessa Airbnb il suo mercato vale oggi 3.400 miliardi di dollari e gli ospiti hanno guadagnato cumulativamente 110 miliardi di dollari, contro utili costantemente in perdita per il gruppo. I conti 2020 sono ovviamente in calo (settembre 2020 si è chiuso con fatturato in calo del 2019 a 2,52 miliardi, mol negativo per 230 milioni e un rosso di quasi 700 milioni). Ma nel 2019, pre Covid, a fronte di ricavi di 4,8 miliardi di dollari (+32% sul 2018), sia mol sia utile avevano comunque segnato il passo, rispettivamente in perdita di 250 milioni e di 674 milioni.
Le altre debuttanti in arrivo
Sul futuro del business è al momento complesso fare previsioni, dato il momento storico non proprio propizio per il turismo, ma sul fronte dell’investimento le aspettative sono elevatissime. E dopo Airbnb l’attenzione si sposterà sulla fintech Affirm, del co-fondatore di PayPal Max Levchin e su DoorDash, che fa food delivery: entrambe in forte crescita e con rossi milionari. A solleticare l’interesse dei mercati sono anche due nomi stranoti al grande pubblico, in arrivo sul listino, quelli del gioco social Roblox e della piattaforma di prodotti cinesi low cost Wish (e base a San Francisco). Di certo c’è che la voglia di risalire la china è tanta.