Investire in infrastrutture: 3 rivoluzioni da cavalcare

Vittorio Villa, portfolio manager Kis Key di Kairos

Nello scenario europeo, un ruolo sempre più importante ha il settore infrastrutturale. Vittorio Villa, gestore del fondo Kis Key, illustra quali sono le opportunità di investimento più interessanti e come evitare l’eccessiva correlazione in portafoglio

Cambiamento energetico, mobilità e 5G. Questi i tre trend destinati nel lungo periodo a offrire le migliori opportunità d’investimento nel settore delle infrastrutture, caratterizzato da utili poco collegati al ciclo economico e capaci di creare posti di lavoro, stimolando l’attività economica. Lo ha detto Vittorio Villa, portfolio manager del comparto Kis Key targato Kairos, che aggiunge che la Bce nuovamente accomodante e l’aspettativa in Europa di avere i tassi di interesse bassi per un lungo periodo di tempo generano un impatto positivo sui costi relativi all’indebitamento finanziario delle aziende, che porta a una loro valutazione più elevata.

La tendenza più importante è il passaggio dalle energie “classiche” (carbone, gas, nucleare) alle energie rinnovabili, eolica e solare in pole, che stanno diventando sempre più competitive rispetto alle prime a livello di costo totale per produrre energia elettrica.
Oltre a essere più convenienti, sono anche più pulite perché rispettano i target di decarbonizzazione imposti dall’Unione europea.
Si trovano proprio in Europa le società più grosse al mondo focalizzate su queste tematiche, caratteristica che rende particolarmente fertile il Vecchio continente per gli investitori che vogliono approfittare di queste evoluzioni.

Queste realtà sono principalmente riconducibili alle utilities spinte dal potente driver degli investimenti in smart grid, cioè reti elettriche dotate di sensori intelligenti che raccolgono informazioni in tempo reale ottimizzando la distribuzione di energia.
Si tratta però di reti che devono essere implementate e rafforzate (soprattutto in città) per rispondere in modo più “intelligente” alle nuove esigenze, che richiedono di gestire un flusso intermittente di energia con il picco in presenza di sole e vento.

Proprio in merito alle reti elettriche, secondo l’esperto della boutique d’investimento italiana, è in atto una vera e propria rivoluzione legata all’aumento della penetrazione dei veicoli elettrici e delle energie rinnovabili: se fino a qualche anno fa esistevano solo grosse centrali elettriche che dispacciavano energia per la rete cittadina, oggi dominano tanti piccoli impianti rinnovabili che devono essere collegati alla rete centrale. Si rendono dunque necessari grossi investimenti per rendere le città più “smart”.

Infine rivestono sempre più importanza anche gli investimenti legati alla mobilità elettrica, come la costruzione di colonnine di ricarica e altre infrastrutture che serviranno nei prossimi 10-20 anni per completare la transizione da mobilità a combustione a veicoli elettrici.
I ritorni su questi investimenti non presentano un grosso rischio imprenditoriale, perché sulle energie rinnovabili tendenzialmente i distributori stipulano i contratti a lungo termine fissando il prezzo futuro dell’energia, che non dipende quindi più dalle dinamiche tipiche delle commodities legate al breve termine”, specifica Villa.

Il secondo trend è legato alla crescita economica globale, alla globalizzazione e all’aumento di flussi turistici e scambi commerciali. Ne traggono beneficio le infrastrutture legate alla mobilità, soprattutto quelle legate al trasporto: autostrade, porti e aeroporti. Mentre la parte autostradale è più domestica, quindi legata alla crescita dei singoli Paesi, le infrastrutture portuali e, soprattutto, aeroportuali (non ci sono molte aziende portuali quotate in Europa) si stima crescano vertiginosamente sulla scia di una popolazione globale sempre più numerosa e sempre più “in movimento”.
Le statistiche prevedono nel medio-lungo periodo, anche nei Paesi con bassa crescita come l’Europa e in particolare l’Italia, un tasso di crescita del traffico aereo globale pari al 4-5% annuo. In Italia aumenta il flusso di viaggiatori provenienti dall’Asia, dagli Stati Uniti e dai Paesi emergenti e tutti i grossi aeroporti stanno attuando grossi investimenti di ampliamento. Ad esempio Francoforte sta raddoppiando la sua dimensione con la costruzione di un nuovo terminal”, commenta il portfolio manager.

Il terzo trend, infine, è legato al mondo delle telecomunicazioni e del consumo di dati in crescita esponenziale e si concretizza nel 5G. È un tema un po’ di nicchia in termini di possibilità di investimento. “Mentre in Europa abbiamo 6-7 aeroporti quotati, 4-5 società autostradali e 3-4 porti, per il 5G esistono solo due società”, spiega Villa. Il riferimento va a Inwit, subsidiary di Telecom Italia, e alla spagnola Cellnex, dove i ritorni sono legati a contratti a lungo termine tipici delle realtà telecom.
E sui recenti timori legati all’inquinamento elettromagnetico? Il gestore tranquillizza gli animi spiegando che le tecnologie 5G in cantiere sono tutte ampiamente sotto gli standard europei.

Ma quanto pesano il settore pubblico e quello privato in Europa?

Sono quasi tutte società miste, con una partecipazione di governi, città e regioni nell’azionariato ma, essendo quotate in Borsa, vengono gestite come società private, industriali”, risponde Villa, che poi prosegue: “Spesso le società infrastrutturali derivano da famiglie che avevano un’attività di costruzioni e poi si sono focalizzate sul business delle concessioni, in quanto più remunerativo nel lungo periodo”. Quanto all’Italia, è necessario distinguere tra nord e sud, e quindi tra società quotate/imprenditoriali e società pubbliche meno efficienti, anche a causa di resistenze politiche.

Kairos è presente in questo settore dal 2013 con il fondo long/short Kis Key che punta su società italiane, inglesi e tedesche. Mentre sulla Germania il fondo ha due posizioni lunghe, su un’azienda delle reti elettriche e su un’azienda di energia rinnovabile, in Italia e nel Regno Unito lo stile di gestione permette di neutralizzare con posizioni corte il rischio politico o normativo (ad esempio Brexit e la privatizzazione dell’acqua), il rischio di concentrazione e il rischio tassi di interesse. “Il turnover delle aziende in portafoglio è molto basso, ma il peso delle posizioni può variare anche in maniera significativa per cercare di sfruttare la volatilità di questi titoli, più elevata rispetto a quella dei fondamentali delle aziende”, conclude il gestore.

Le Voci di Kairos Vittorio Villa

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