Diversity: quanto è inclusiva la tua azienda? Te lo dice il super-indice

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L’indice elaborato dall’associazione no profit GenQ analizza cinque ambiti, dal salario alle strategie dedicate alla diversity. Ma non è l’unico strumento a disposizione di imprese e investitori

GenQ ha stilato cinque ambiti di indagine che si adattano in modo particolare alle pmi: salario percepito a parità di ruolo ricoperto; percentuale di donne in azienda; percentuale di donne manager; flessibilità oraria; presenza di strategie contro i divari di genere

Picogna: “Siamo indietro innanzitutto in termini di policy, diversamente da paesi come il Belgio, l’Olanda e la Germania. Ma mancano anche politiche intergovernative forti, che non siano le quote rosa, e una legge sul congedo parentale”

Quante persone sono impiegate con un contratto part-time, in totale? Quante, invece, quelle di genere femminile? Qual è il salario medio annuale? E quanto dura il congedo parentale per il genitore primario o secondario? Sono solo alcune delle tematiche analizzate dal GenQ Index, un indice elaborato dall’associazione no profit GenQ che consente a lavoratori e imprese di calcolare il grado di uguaglianza di genere in azienda. We Wealth ha intervistato Pietro Maria Picogna, vicepresidente di GenQ, per scoprire come funziona e quali sono le aziende italiane più avanti in tema di diversity & inclusion. Con un occhio anche al settore finanziario.

Il super-indice sulla parità di genere: come funziona

Partendo dall’analisi di alcuni dei più grandi indici esistenti a livello globale (Bloomberg ed Eige), GenQ ha stilato cinque ambiti di indagine che si adattano in modo particolare alle piccole e medie imprese: salario percepito a parità di ruolo ricoperto; percentuale di donne interne all’azienda; percentuale di donne con responsabilità manageriali; flessibilità oraria; presenza di strategie contro i divari di genere. Tra le principali domande visionate da We Wealth si ricordano la presenza di politiche di lavoro flessibile per il rientro post-maternità, la presenza di corsi sul tema della diversità e l’inclusione o sulle molestie sessuali ma anche di chief diversity officer in azienda. Una volta compilato il questionario, un algoritmo attribuisce all’impresa un punteggio su una scala di valori tra 0 e 100 (dove con 100 si intende una realtà particolarmente attenta all’uguaglianza di genere).

Chi fa spazio alla diversity (e all’inclusione) in azienda

Tra le grandi realtà più attente alle tematiche della diversità e dell’inclusione citate da Picogna ci sono Agos (società finanziaria operante nel settore del credito al consumo), Arca Fondi (società di gestione del risparmio milanese), Andriani (spa pugliese che, nelle parole di Picogna, offre “una politica del lavoro innovativa e vogliosa di dare benefit ai dipendenti”) e Olympus (che sviluppa soluzioni orientate al cliente per i settori della medicina, delle bioscienze e delle apparecchiature industriali e che proprio quest’anno ha lanciato un progetto sulla leadership al femminile). “Quanto invece alle aziende più piccole, ci sono NEXiD (realtà milanese sulla consulenza digitale) e Happily (società benefit che nasce nel 2015 a Genova dall’idea imprenditoriale di Gianluca Caffaratti al fine di sviluppare piani di welfare aziendale e progetti di benessere organizzativo innovativi, ndr)”, aggiunge Picogna. Che ricorda come l’Italia resti comunque ancora indietro rispetto al contesto internazionale.

“Siamo indietro innanzitutto in termini di policy, diversamente da paesi come il Belgio, l’Olanda e la Germania. Ma mancano anche politiche intergovernative forti, che non siano le quote rosa, e una legge sul congedo parentale”, osserva Picogna. “Un altro grande tema è quello del lobbying. In Italia non ci sono realtà che lottano su questo fronte, a parte Valore D (associazione di imprese che promuove l’equilibrio di genere e una cultura inclusiva per la crescita delle aziende e del paese, ndr) e SheTech (associazione no profit nata con l’obiettivo di colmare il gender gap nel mondo della tecnologia, del digitale e dell’imprenditoria, ndr)”. Tra l’altro, continua l’esperto, spesso manager e imprenditori ignorano quanto la diversity possa incidere positivamente sul processo di decision making (e sui risultati finanziari, di conseguenza). 

Diversity in azienda: altri strumenti per calcolarla

Un’altra organizzazione che fornisce dati e approfondimenti sulla parità di genere nel settore corporate è Equileap, che a inizio anno ha diffuso una ricerca su un campione di 3.895 aziende quotate in Borsa analizzate sulla base di 19 criteri, tra cui la presenza di donne nel board, il divario retributivo e le politiche relative al congedo parentale e alle molestie sessuali. Secondo l’osservatorio di Equileap, nella top5 delle aziende più performanti a livello globale nel settore finanziario figurano Dnb (al 3° posto), Admiral Group (4°), Medibank (11°), Iag (21°), National Australia Bank (28°). Chiude il cerchio European women on boards, associazione senza scopo di lucro con sede a Bruxelles che analizza la rappresentanza di genere nei board e ai vertici delle più grandi aziende europee. Le realtà italiane inserite nell’ultimo dataset dell’associazione sono 33: sul podio UniCredit, Reply e Fineco Bank.

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