Fusione nucleare, il futuro dell’energia tra promesse e dura realtà

3 MIN

La fusione nucleare renderà l’energia accessibile a tutti e senza il bisogno di usare combustibili fossili? Secondo PGIM Investments si tratta di un futuro molto lontano, mentre è più concreto il crescente apporto delle energie rinnovabili al processo di decarbonizzazione

Nel 2022 il numero di persone nel mondo che vivono senza elettricità è cresciuto ulteriormente di 20 milioni, raggiungendo quasi 775 milioni, stando al report dell’Agenzia Internazionale dell’energia. Proprio per questo la spinta verso nuove fonti di energia continua a crescere e la fusione nucleare inizia a essere considerata come una possibile alternativa in più per il futuro.

Fusione nucleare: a che punto siamo

La fusione nucleare è di fatto il processo inverso della fissione: invece di scindere un nucleo, si combinano i nuclei di due o più atomi. Ed è da quasi mezzo secolo che gli investitori vengono tentati dall’idea che la fusione nucleare potrebbe offrire i vantaggi principali della fissione, diventando non solo una opzione, ma la vera soluzione al problema dell’energia, essendo, almeno in teoria, una fonte sicura e affidabile che crea poche emissioni e un piccolo numero di scorie a bassa radioattività, che hanno un minimo impatto sull’ambiente.

Solo recentemente, verso la fine del 2022, per la prima volta gli scienziati del California’s Lawrence Livermore National Laboratory sono riusciti a realizzare un processo di fusione nucleare producendo più energia di quella necessaria a innescare la reazione. Si tratta di una svolta fondamentale in un campo che affascina gli scienziati ormai da decenni e che potrebbe cambiare completamente il modo in cui produciamo energia elettrica. Vorrà forse dire che la decarbonizzazione è ormai a portata di mano?

Nonostante la buona riuscita di questo esperimento rappresenti una pietra miliare, si tratta solo di un piccolo passo. Infatti, spiegano da PGIM, “la reazione dipendeva dai laser, ma l’accensione considera solo l’energia che i laser fornivano all’interno del reattore, non l’elettricità che li alimentava”. Quindi se andiamo a considerare l’intera operazione, l’energia prodotta non solo non è stata superiore a quella necessaria per dare il via al processo di fusione, ma anzi ne ha consumato circa 100 volte di più (all’interno del reattore con un input di 2,05 megajoule di energia ne sono stati creati 3,15, ma per dare il via alla fusione sono stati utilizzati 300 megajoules).

LE OPPORTUNITÀ PER TE.

Esistono fondi per investire in fusione nucleare?

Come velocizzare la transizione verso l’elettrificazione?

Gli esperti selezionati da We Wealth possono aiutarti a trovare le risposte che cerchi.

RICHIEDI LA TUA CONSULENZA GRATUITA

Grandi progetti da finanziare, ma i tempi sono lunghi

Potremo parlare veramente di svolta “quando un reattore creerà un’energia complessiva nettamente positiva, cosa che probabilmente sarà ancora lontana anni (se mai accadrà)”, spiega John Ploeg, Co-Head of Esg Research di PGIM Fixed Income. Ma il lavoro non si fermerà lì, infatti solo una volta che i processi di fusione nucleare produrranno energia, si inizierà a finanziare, per poi costruire, degli impianti e, anche in questo caso, non si tratta di un compito da poco: anche nei migliori dei casi, quando nel 2030 saremo in grado di produrre energia in questo modo, saranno infatti necessari decenni per costruire la prima generazione di impianti e altri decenni ancora prima che la fusione rappresenti una quota rilevante nel mix energetico.

Una certezza è che la domanda di elettricità continuerà a crescere, guardando agli scenari allineati con gli obiettivi di Parigi, si stima che la richiesta raddoppierà entro il 2050. In quest’ottica, “anche essendo molto ottimisti e ipotizzando un tasso di efficienza della fusione nucleare del 90%, per sostituire 2/3 dell’elettricità attualmente generata dai combustibili fossili, sarebbero necessari quasi 2.000 gigawatt di capacità di fusione – purtroppo, però spiega Ploeg – guardando ai primi prototipi, i fattori di capacità si aggirano intorno al 20%-30%, pertanto affinché la fusione sia la soluzione per la decarbonizzazione, la capacità installata dovrebbe raggiungere i 10.000 GW, un livello superiore a tutta la capacità elettrica installata oggi”.
Da questo punto di vista, la fusione nucleare non sembra più la bacchetta magica pronta all’uso.

Ma se anche si decidesse di essere molto ottimisti, immaginando di trovare una soluzione immediata a tutti questi problemi, la fusione rappresenterebbe solo il 20% circa del consumo di energia a livello globale, rimanendo di scarso aiuto per il restante 80%. PGIM prende l’esempio dei trasporti, che oggi rappresentano oltre il 25% del consumo energetico: nel 2020 il 90% di questo consumo proveniva ancora da prodotti petroliferi, solo l’1% dall’elettricità.
Certo, l’elettrificazione sta facendo passi da gigante, con alcune grandi città come Oslo, Tokyo e Los Angeles che si sono impegnate per avere trasporti pubblici completamente elettrici entro il 2035, ma questo non basta. Si tratta ancora di un segmento del mercato sotto investito: secondo il report dell’Agenzia Internazionale dell’energia gli investimenti dovranno raddoppiare entro il 2030 se l’ambizione è quella di vedere cambiamenti concreti.

Nel frattempo però non è necessario abbattersi: se la fusione nucleare si trova ancora all’inizio del suo percorso, le fonti energetiche rinnovabili guadagnano spazio e stanno apportando impatti positivi ben definiti verso la decarbonizzazione.

Fai rendere di più la tua liquidità e il tuo patrimonio. Un’opportunità unica e utile ti aspetta gratuitamente.

Compila il form qui sotto, ti colleghiamo con un consulente, per i tuoi obiettivi specifici.

Articoli correlati

Articoli più letti

Ultime pubblicazioni

Magazine
Magazine N. 67 – aprile 2024
Magazine 66 – marzo 2024
Guide
Design

Collezionare la nuova arte fra due millenni

INVESTIRE IN BOND CON GLI ETF

I bond sono tornati: per anni la generazione di income e la diversificazione del rischio erano state erose dal prolungat...

Dossier
Più dati (e tech) al servizio del wealth
Il Trust in Italia