Con i nuovi stimoli la Cina può recuperare il terreno perduto

L’outlook della crescita cinese è stato colpito dai nuovi lockdown avviati a fine marzo: ma Pechino è passata al contrattacco e la Borsa sta reagendo

Da alcune settimane il vento che soffia sulla Borsa cinese sembra aver cambiato direzione. A maggio l’indice azionario di riferimento, lo Shanghai Composite, ha superato la performance dell’S&P 500 “pareggiando il conto” dei ritorni fra i due indici da inizio 2022. Mentre nell’ultimo mese la Borsa americana ha attraversato una forte turbolenza e si avvia a chiudere maggio in sostanziale parità, Shanghai ha messo a segno un +3,87%, che sembrerebbe in piena contraddizione con le notizie di stallo economico causato dai lockdown e dalla politica Zero covid. Tuttavia, ad essere passati un po’ sottotraccia sono stati, in questo periodo, i nuovi stimoli fiscali e monetari messi in campo dalle autorità cinesi, giunti in una fase in cui nelle maggiori economie occidentali avviene l’esatto opposto, con i rialzi dei tassi e outlook economici in parabola calante. 

“Il forte rallentamento dell’attività economica dovuto ai lockdown ha costretto le autorità cinesi a proporre politiche di stimolo più aggressive”, come “il taglio del tasso minimo dei mutui per gli acquirenti di prime case, la prima mossa nell’attuale crisi che ha visto il governo centrale sostenere direttamente il mercato immobiliare”, ha scritto Maarten-Jan Bakkum, Senior Emerging Market Strategist di NN Investment Partners in un’analisi dedicata alla Cina. “Pochi giorni dopo questi provvedimenti, la banca centrale cinese ha tagliato il prime rate sui prestiti a cinque anni, il principale tasso di riferimento per i mutui casa”, ha aggiunto Bakkum, “queste misure non solo hanno ridotto i costi di finanziamento per gli acquirenti di case, ma lanciano anche un chiaro segnale al mercato sul fatto che la banca centrale ora è impegnata a sostenere gli acquisti di case”. 

E per migliorare il sentimento di fiducia dei consumatori, le autorità cinesi hanno fatto ricorso a un altro provvedimento, già utilizzato con successo in passato: la riduzione della tassa d’acquisto per le nuove autovetture passeggeri. Si parla di uno sgravio del valore di 9 miliardi di dollari, pari al 17% del gettito solitamente generato da questa imposta. 

Il blocco del porto di Shanghai e i lockdown precoci volti a limitare la diffusione del virus avevano offuscato le già basse previsioni sulla crescita del Pil (quantomeno per gli standard cinesi). Il Fondo monetario internazionale, nel suo outlook di aprile, che ancora non teneva conto della nuova ondata di lockdown avviati a fine marzo, prevedeva un tasso di crescita del 4,4%. In questo scenario, “alcune case di intermediazione hanno ridotto le loro previsioni sul Pil cinese al 3%”, ha affermato Bakkum, che però si dissocia da queste visioni pessimistiche. Con la nuova infornata di stimoli, la crescita cinese tornerà ad avere il vento a favore: “Continuiamo a credere che un tasso di crescita intorno al 5% sia ancora alla portata dal momento che ci aspettiamo un forte recupero nel terzo e nel quarto trimestre”. Perché questa previsione si realizzi sarà importante seguire, ancora una volta, l’andamento dei contagi in Cina e le reazioni politiche del Dragone di fronte a questo genere di minacce. Per il momento, la buona notizia è che “i dati sull’infezione da covid in Cina sono migliorati molto nelle ultime settimane”, ha affermato NNIP, “la vita quotidiana a Shanghai è già quasi tornata alla normalità, con il porto marittimo che ora funziona al 90% della sua capacità precedente e gli aeroporti che sono tornati al 70%”. 

A livello globale l’atteso recupero della crescita cinese non è bastato a rinvigorire l’azionario, che continua a scontare le attese sulla riduzione della domanda e degli utili aziendali, dovute all’aumento dell’inflazione alimentato dalla guerra in Ucraina. “In questo contesto, il nostro portafoglio modello multi-asset è ancora posizionato complessivamente in modo cauto”, ha concluso Bakkum, “con un sottopeso delle azioni dell’Eurozona, delle obbligazioni societarie e dei Treasury statunitensi e una sovraesposizione al petrolio”.

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