Il futuro verde della chimica è nei biomateriali. Le prospettive

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Di fronte alle sfide ambientali, anche la chimica si tinge di verde con i biomateriali, meno dannosi e più efficienti dal punto di vista delle risorse. Un’alternativa che ha un enorme potenziale, secondo gli esperti di Lombard Odier Investment Managers

Da quello industriale a quello casalingo, le sostanze chimiche vengono impiegate in ogni ambito della vita quotidiana. Tanto che nel 2021 si sono prodotti 2,29 miliardi di tonnellate di prodotti chimici, in aumento di quasi il 40% rispetto al 2018, secondo quanto indicato dalla ricerca di Statista. Sebbene molto utili, il loro utilizzo smodato solleva preoccupazioni sul piano della sostenibilità. Basti pensare che per produrre sostanze chimiche, come coloranti, detersivi, fertilizzanti e plastiche, è necessaria una massiccia estrazione di combustibili fossili e minerali. “Molti composti chimici e i relativi rifiuti – sottolineano gli esperti di Lombard Odier Investment Managers (LOIM) – hanno proprietà nocive e la loro cattiva gestione porta all’inquinamento di milioni di tonnellate di aria, acqua e terreni, che rappresenta una delle prime cause di malattia e morte prematura delle persone e arreca danni simili a molti organismi viventi”. Diventa quindi sempre più chiara la necessità di trovare alternative meno dannose, ma comunque efficienti. E la risposta arriva dai biomateriali.

Biomateriali, l’alternativa sostenibile

I biomateriali, ovvero composti chimici ed enzimi di origine biologica, possono essere utilizzati come alternativa alle sostanze chimiche derivate dai combustibili fossili. Si tratta di sostanze non pericolose e che non dipendono dall’estrazione di risorse. Fanno parte della cosiddetta chimica verde, entrata ufficialmente nel mercato globale e che, secondo le stime di Bloomberg, si prevede raggiungerà un valore di 217,18 miliardi di dollari entro il 2029.

Un settore da un potenziale enorme. Alina Donets, portfolio manager di LOIM, e Pascal Menges, head of equity investment process and research di LOIM, spiegano che queste sostanze “stanno conquistando rapidamente quote di mercato e sostengono gli ecosistemi, anziché contribuire all’esaurimento delle risorse”. Non solo. In un momento di incertezza come quello attuale, “le alternative di origine biologica possono contribuire a stabilizzare non solo le filiere, ma anche le capacità produttive e, a lungo termine, perfino il rischio di pressioni inflazionistiche”, spiegano.

Il potenziale di crescita dei biomateriali

Gli esperti di LOIM ricordano che oggi vengono riconosciuti oltre 4.000 tipi di enzimi, ma si stima che in natura ne esistano più di 25.000. Un dato che chiarisce la possibilità di crescita e innovazione del settore dei biomateriali, destinato a occupare uno spicchio sempre più ampio del mercato. Più in generale, la bioeconomia circolare, fondata su risorse biologiche rinnovabili gestite in modo sostenibile e quindi legata anche ai biomateriali, rappresenta infatti una grande opportunità che, secondo McKinsey, potrebbe fornire fino al 60% degli input economici. Uno scenario in grado di aprire nuove opportunità di investimento anche in ottica sostenibile, ovvero con l’obiettivo di “sfruttare le opportunità di crescita legate alla forza rigenerativa della natura e alla sua tutela mediante l’adozione di forme più snelle di attività industriale”, conclude LOIM.

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