Turchia: rischio deprezzamento della lira in scia alle elezioni

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La Turchia si prepara alle prossime elezioni, previste a maggio, con Erdoğan disposto a sfoderare l’armeria pesante per far scendere l’inflazione e non perdere il suo trono. Cosa succederà dopo le elezioni? E quali effetti sulla valuta turca, già in forte difficoltà?

Con un’inflazione su base annua che è arrivata all’84,39% a novembre, la valuta nazionale che ha perso l’80% del suo valore rispetto al dollaro in cinque anni e un terremoto di magnitudo 7.8 che ha causato la morte di più di 54mila persone, con un costo di 84 miliardi di dollari, stando alla ricerca di Reuters, a fronte di un Pil di 776 miliardi di dollari nel 2022, la situazione della Turchia è ben lontana dall’essere rosea. Questo il contesto in cui si svolgeranno le ormai imminenti elezioni, previste per il prossimo 14 maggio: una campagna ancora apertissima che vede l’attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan opposto a una coalizione di sei partiti, rappresentata da Kemal Kilicdaroglu. Si tratta della prima vera competizione che il Partito della Giustizia e dello Sviluppo si trova ad affrontare dal 2002, primo anno in cui un suo membro è stato eletto presidente della Turchia.

Gli oppositori vedono nella figura controversa di Erdoğan la causa della situazione in cui si trova il paese, ma il presidente non sembra disposto a perdere la sua seduta d’onore in queste elezioni, anche perché significherebbe stravolgere il progetto che viene portato avanti da oltre 20 anni, aprendo completamente le porte all’Occidente.

Le sfide per il nuovo governo

Durante il discorso di inizio anno Erdoğan si è impegnato a riportare l’inflazione sotto il 10%, per risollevare le sorti della Turchia. Un impegno che si sta traducendo nei dati, con marzo che ha segnato il quinto mese di fila in cui l’inflazione è scesa, arrivando al 50,5% su base annua, stando ai dati di Trading Economics, ma a che prezzo? La pressione politica che è stata imposta dal Presidente sulla banca centrale turca per abbassare i tassi e spingere la crescita del paese ha eroso la credibilità delle autorità, che invece si erano originariamente imposte nel mantenere i tassi alti, così da frenare in modo definitivo l’inflazione. Ad oggi si può vedere un’inflazione che ha iniziato a scendere, anche se molto lentamente, supportata per lo più dalle iniezioni di liquidità che arrivano direttamente dagli Stati del Golfo e dalla Russia, il deficit delle partite correnti ha, invece, proseguito la sua corsa, con una crescita annua del 43% a gennaio, arrivando a valere 9,85 miliardi di dollari, secondo Reuters.

La realtà, spiega Matthew Rodger, assistant Economist di Legal & General Investment Management (LGIM), è che non importa chi vincerà le elezioni, la mattina successiva, il governo, qualunque esso sia, dovrà affrontare gli effetti che la politica imposta da Erdoğan negli ultimi mesi ha causato: ovvero avrà a che fare con una situazione difficilmente sostenibile. “I fondi che hanno sostenuto il saldo estero potrebbero prosciugarsi a breve e la lira turca, che è rimasta sostanzialmente stabile da ottobre, potrebbe riprendere la sua tendenza al ribasso”.

Il deprezzamento della valuta turca avrebbe un impatto diretto sulle imprese e sul bilancio pubblico, a causa di un nuovo sistema di assicurazione dei depositi presentato lo scorso anno, e se questi due fattori dovrebbero presentarsi insieme, le conseguenze per l’economia turca sarebbero disastrose.

Crisi della lira turca?

Prevedere con esattezza le tempistiche della possibile crisi della lira turca non è semplice, sicuro è che, considerati i limiti dell’utilizzo di questa valuta offshore, gli investitori interessati alla moneta turca dovranno pagare un rincaro esorbitante.

Guardando al bicchiere mezzo pieno, tuttavia, non tutti i mali vengono per nuocere: i fondi che arrivano dai Paesi del Golfo e dalla Russia non verranno bloccati immediatamente dopo le elezioni e potrebbero continuare a sostenere l’economia interna, inoltre la ripresa a pieno regime del turismo, potrebbe aiutare a posticipare la temuta crisi.
Rodger sostiene, inoltre, che “i responsabili politici potrebbero provare a giocare d’anticipo, dando il via a un modesto deprezzamento prima che lo faccia il mercato stesso, così da evitare un dolore maggiore più avanti”.

È indubbio che guardando al presente della Turchia non sia semplice rimanere positivi, trovandosi su un percorso insostenibile. Tuttavia è un paese dotato di vari punti di forza: si tratta di una popolazione giovane e molto vicina al più grande blocco commerciale nel mondo.

La crisi della lira turca che, presto o tardi, colpirà la Turchia sicuramente sarà molto sfidante, ma potrebbe trattarsi solo di dolori di crescita?

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