Dall’industria pesante a Jeff Bezos: la febbre dell’idrogeno

L’idrogeno costa caro, sia in termini di portafoglio, che di ambiente. Con Elisa Piscopiello e Giancarlo Sandrin, CFA, di LGIM, riprendiamo il tema dell’economia ad idrogeno, partendo dai numeri e dall’ambito di applicazione

Tra le innovazioni riconducibili alla transizione green, l’idrogeno è uno dei pilastri portanti, sebbene non sia il solo. Di certo, la ‘scoperta’ dell’idrogeno non è una novità: l’elemento contraddistinto con il simbolo H è il più abbondante in natura, pari a oltre il 75% della materia. Una presenza abbondante, che porta però con sé un problema: l’idrogeno non è presente sulla terra nella sua forma pura. Al contrario del metano, infatti, esso non rappresenta una fonte di energia in sé: si tratta di un vettore energetico assente in forma molecolare che non ne permetta la produzione in continuo. E la sua estrazione costa caro, sia per il portafoglio, che per l’ambiente.

Più emissioni dell’industria aerea

Al momento, secondo i dati pubblicati dall’agenzia internazionale dell’energia (Iea), il 99% dell’idrogeno in uso è prodotto per mezzo di combustibili fossili, “generando emissioni di CO2 e gas serra addirittura superiori a quelli dell’industria aerea” commenta Elisa Piscopiello, Etf Analyst di Legal & General Investment Management (LGIM). L’energia prodotta sotto forma di idrogeno conta oggi il 4% della domanda globale di energia, per un valore complessivo di 142 miliardi di dollari nel 2019 secondo i dati Bank of America Research del settembre 2020. Cifra destinata a crescere, che sconta però il costo elevato delle implementazioni tecnologiche.

Idrogeno: dall’industria a Jeff Bezos

Il motivo per investire nell’idrogeno verde si lega, anzitutto, ai numeri e ai diversi ambiti di applicazione: l’Iea stima che il 20% delle emissioni carboniche globali potrebbero essere abbattute integrano l’idrogeno verde come fonte di energia. L’ambito di applicazione dell’idrogeno è ampio e variegato: dai processi industriali, al mercato della mobilità (sia via auto, che marittima e aerea), all’industria pesante, all’uso domestico (riscaldamento). Non solo: l’idrogeno inizia ad essere impiegato anche al di fuori della terra: tra le tecnologie attualmente utilizzate per mandare in orbita i razzi, il New Shepard di Blue Origin, azienda aerospaziale in capo a Jeff Bezos, utilizza una combinazione di due propellenti liquidi, idrogeno e ossigeno, che, combinandosi per generare la spinta, emettono vapore acqueo, evitando emissioni di CO2. Di per sé una buona notizia in termini di sviluppo tecnologico, che va tuttavia affinato. Il vapore acqueo fa parte dei gas serra: emesso in quantità elevate nell’atmosfera, esso porta a trattenere più calore, aumentando l’effetto serra.

A cosa servono gli elettrolizzatori

Un fattore chiave per l’utilizzo su ampia scala dell’idrogeno verde è l’accessibilità agli elettrolizzatori, che estraggono idrogeno a partire dall’acqua, il cui costo, secondo la Bank of America Research, è sceso del 50% negli ultimi 5 anni. Si stima che tale costo scenderà ulteriormente di un altro 40-60% entro il 2030, agevolandone lo sviluppo. In base ai dati forniti dal data provider Aurora Energy Research nel 2021, inoltre, il mercato globale degli elettrolizzatori a idrogeno si moltiplicherà di “mille volte” entro il 2040, con circa 213,5 GW di progetti in programma di sviluppo guidati dai mercati europei in rapida crescita.

Idrogeno e nuance: grigio, blu e verde

Da qualsiasi parte lo si guardi, l’applicazione sostenibile dell’idrogeno necessita di nuovi investimenti. In particolare, sottolineano da LGIM, l’adozione di idrogeno blu, ottenuto attraverso combustibili fossili che accoppiano l’impianto di produzione a un sistema di cattura e di stoccaggio permanente di CO2, sarà favorito negli anni dalla geologia, dalle infrastrutture (gasdotti) e dall’alto costo di percorsi alternativi. L’adozione di idrogeno verde, ottenuto tramite elettrolisi, sarà invece sospinto dalla geografia, dal calo dei costi delle energie rinnovabili, dagli incentivi e da prezzi più accessibili degli elettrolizzatori. Attualmente, “l’idrogeno verde risulta essere non ancora competitivo in termini di costi, pari a 3 -7,5 dollari al kg rispetto all’idrogeno grigio che costa circa $1/kg”. L’idrogeno si blu, aggiunge Piscopiello, si colloca circa a metà strada in termini di costo. Importante è stato l’annuncio fatto dalla presidente alla Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel novembre 2021, di un idrogeno verde che in Europa arriverà a costare (da progetti) meno di 2 euro al kg entro il 2030.

Investire nell’economia dell’idrogeno

La strategia di investimento in ETF tematici di LGIM, all’interno della quale si inquadra il fondo Hydrogen Economy, si basa su due capisaldi, spiega Giancarlo Sandrin, CFA, Country Head Italia: ricercare e selezionare i professionisti delle singole industrie per avere un’analisi di tipo consulenziale più approfondita di settore; costruire i temi di investimento rispettando il principio della purezza, scegliendo player che trattino in maniera centrata e verticale il tema in analisi.
“Il nostro ETF sull’idrogeno investe in aziende che lavorano lungo tutta la catena del valore” selezionando società con una capitalizzazione minima di 200 milioni di dollari, quotate sui mercati sviluppati, con un’ampia liquidità intraday.

 

 

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