Decarbonizzazione: non serve astinenza dal consumo, ma innovazione

La svolta green sta avendo l’effetto della rivoluzione industriale e la velocità della rivoluzione tecnologica. A portare avanti il nome dell’innovazione pulita è l’idrogeno. L’approfondimento sul tema della decarbonizzazione con gli esperti di Goldman Sachs

Raggiungere il net zero carbon senza impattare gli standard di vita della popolazione mondiale: più che una possibilità, un vincolo. Una decarbonizzazione da conseguire attraverso l’astinenza dal consumo non è funzionale e non può avere supporto da parte della politica. L’opinione di Michele Della Vigna, responsabile del team azionario Energia e Risorse Naturali di Goldman Sachs Global Investment Research, intervenuto alla tavola “Non solo pulita! Come l’innovazione sta cambiando l’utilizzo dell’energia” organizzata da Goldman Sachs Asset Management a ConsulenTia 2021 è chiara: “Una rivoluzione che si basa sull’innovazione e sui nuovi investimenti può generare crescita economica e nuovi posti di lavoro sostenibili”.

Processo di decarbonizzazione: che cosa lo guida?

Secondo Della Vigna, vi sarebbero tre motori fondamentali da considerare quando si parla di decarbonizzazione. Il primo ha a che fare con la politica internazionale, specie per quel che riguarda le emissioni di CO2: il miglior modo di ridurre le emissioni è prezzarle ed è esattamente quanto fatto dalla Commissione europea. Il secondo motore è il ruolo del consumatore che, al momento, non dispone delle necessarie informazioni per capire quanta anidride carbonica sia stata emessa per la produzione di un determinato bene o alimento, Da ultimo, il mercato dei capitali, ormai largamente focalizzato sulla decarbonizzazione e sulle rinnovabili, come fonte di stabilità aziendale, oltre che minor dispendio di risorse. A titolo d’esempio, precisa Della Vigna, “il costo del capitale di un nuovo pozzo petrolifero è sopra il 20%. Il costo del capitale di un nuovo impianto eolico (wind mill) è sotto il 5%”.

Intrappolare e riutilizzare: il ruolo della CCS

Come evidenzia l’esperto di Goldman Sachs, la Carbon Capture & Sequestration (anche nota con la sigla CCS, espressione che indica una speciale tecnologia per catturare le molecole di CO2 prodotte nelle centrali elettriche che bruciano carbone, iniettandole e stoccandole sotto terra) può essere la chiave di volta per raggiungere le zero emissioni di carbonio.
“Per un’economia net zero, sono fondamentali quattro passaggi”: anzitutto, lo sviluppo di fonti rinnovabili (principalmente eolico onshore, solare fotovoltaico ed eolico offshore), che possono arrivare a decarbonizzare circa il 35% delle emissioni totali di gas serra prodotte dalle attività umane entro il 2030 (il 54% entro il 2050 secondo i dati Greenpeace); poi, l’attività di idrogeno pulito (sia blu che verde), che permetterà di diminuire le emissioni nel trasporto a lungo raggio via camion, rendendo più efficiente la produzione di energia da rinnovabili; quindi, il ruolo delle batterie, che svilupperanno una maggiore capacità di accumulo di energia; infine, il recupero di CO2, grazie a tecnologie CCS in grado di catturare il carbonio, vitali per la produzione dell’idrogeno pulito (blu) a breve termine.
Tra tutti, prosegue l’esperto di GS, “l’drogeno pulito, è l’aggiunta tecnologica più importante e trasformativa per la curva dei costi di decarbonizzazione”. In uno scenario net zero carbon, “vediamo l’idrogeno al 10-20% del sistema energetico globale”, con particolare impiego e sviluppo in alcune aree. “L’idrogeno è importante nel settore industriale, per alcuni processi chimici, come la creazione di ammonio e fertilizzanti, per la lavorazione dell’acciaio senza anidride carbonica, per il riscaldamento. Ma anche nel trasporto pesante: il trasporto elettrico su camion, ad esempio, richiederebbe una batteria così grande da aumentarne il peso del 50%”. Se poi si parla di navi o aerei risulta ancora più difficile. Insomma, l’idrogeno pulito può contribuire a decarbonizzare alcuni settori difficilmente decarbonizzabili con l’energia elettrica.

Qual è oggi il problema nell’utilizzo di idrogeno?

Il problema dell’idrogeno è che non è pronto in natura. Per crearlo, di solito si utilizza una molecola di metano (CH4) che tuttavia, nel processo di estrazione, libera anche anidride carbonica.
“Ci sono due modi per evitare che questo accada. Il primo metodo prevede che l’anidride carbonica liberata venga catturata e stoccata (idrogeno blu); il secondo, prevede l’utilizzo di una molecola di acqua (H2O) che, attraverso l’energia elettrica, si rompe liberando ossigeno. Di per sé” continua Della Vigna “ambedue i metodi possono funzionare bene, dipende però dal costo delle tecnologie nelle diverse aree geografiche. In buona parte del mondo, al momento, l’idrogeno blu è più economico, specie se vicino a luoghi dov’è possibile fare stoccaggio di anidride carbonica sotto terra (ad esempio, il mar Adriatico potrebbe essere pensato come possibile centro di stoccaggio). In altri luoghi, invece, l’energia solare è così economica (es. la penisola Iberica o parti del Medioriente o dell’Africa) che l’idrogeno verde compete con quello blu.

Cambiamento climatico: lotta al leackage

Al momento, circa due terzi dei paesi al mondo dal punto di vista delle emissioni hanno fatto un commitment alle zero emissioni, una corsa alla decarbonizzazione entusiasmante. Dall’altro lato, tuttavia, delude invece il coordinamento internazionale: non c’è alcuna coordinazione rispetto al prezzo dell’anidride carbonica o al come difendere paesi che investono nel ridurre le emissioni prima del tempo. Ciò, apre il mercato al rischio di carbon Leackage, ovvero la possibilità che una accelerazione alla decarbonizzazione ci sarà, ma solo là dove è lo Stato a promuoverla con incentivi.

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