Inflazione green: gli effetti collaterali (macroeconomici) della transizione energetica

La transizione verso energie green è positiva per il futuro del pianeta, ma implica dei rischi a livello macroeconomico, tra cui un ulteriore rialzo dell’inflazione

La transizione verso le zero emissioni nette ha degli effetti collaterali, specie per quelle imprese che non riusciranno a stare al passo con la decarbonizzazione dei processi. Il Network for Greening the Financial System (Ngfs) stima che per raggiungere le emissioni zero entro la metà del secolo, il prezzo del carbonio (calcolato come medie globali ponderate) dovrebbe salire da 3 fino a 150-200 dollari a tonnellata entro il 2025 e fino a 700-800 dollari entro il 2050. Secondo gli esperti di Fidelity International, questa ripida salita di prezzi porterebbe a ingenti conseguenze sull’inflazione.

Una transizione globale richiede un coordinamento globale

Secondo gli esperti di Fidelity International, i cambiamenti climatici e le misure per mitigarli definiranno la forma della crescita economica nel ventunesimo secolo. Data la complessità dell’obiettivo, è richiesto un coordinamento politico tra paesi, chiamati a trovare un compromesso tra l’alto costo iniziale per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni e il danno a lungo termine che un ritardo nell’adattamento potrebbe causare alla crescita economica e alla coesione sociale. La conferenza COP26 di Glasgow conclusasi il 13 novembre ha fatto registrare in questo senso dei passi avanti, ma permangono spazi per nuovi accordi tra paesi, differenti per tassi di emissione, incentivi economici e obiettivi politici. In questo contesto, anche i rischi climatici e quelli di transizione politica dovranno dunque essere incorporati nelle proiezioni macroeconomiche.

Inflazione green

Una risposta efficace ai cambiamenti climatici richiederà, secondo gli esperti di Fidelity International, la definizione di un prezzo per le emissioni di carbonio e l’impatto sull’inflazione sarà inevitabile. Prezzi del carbonio più elevati potrebbero essere raggiunti attraverso una serie di politiche e regolamenti fiscali, che possono variare e modellare la probabilità di vari scenari possibili. “Se i leader mondiali si coordineranno nel tentativo di favorire una rapida transizione alla neutralità climatica, la spinta all’inflazione potrebbe essere superiore e potrebbe arrivare presto; viceversa, l’impatto potrebbe essere ritardato e leggermente inferiore” affermano gli esperti.
In uno studio condotto da Fidelity nel luglio 2021, si evidenzia come, in uno scenario in cui le emissioni di carbonio calano in modo significativo, è necessario che la traiettoria dei prezzi del carbonio si irripidisca, per spingere verso una transizione del mix energetico primario globale, passando da una quota di energie rinnovabili e biomassa pari al 20% circa (attuali) al 68% entro il 2050. Ciò richiederebbe investimenti significativi e nuovi sviluppi tecnologici, in aggiunta a prezzi più alti del carbonio. Tali aumenti “contribuiranno all’aumento significativo dell’inflazione rispetto ai livelli di base”.

In aggiunta a ciò, la velocità e la tempistica della transizione dipendono anche dalla disponibilità e dall’impiego di tecnologie per la rimozione dell’anidride carbonica. Nel tempo, le tecnologie Cdr (combustibile derivato da rifiuti) potrebbero diventare più scalabili e convenienti, e la loro effettiva implementazione potrebbe accelerare la transizione al net-zero a prezzi inferiori a quelli attualmente previsti.
È infine probabile, concludono da Fidelity “che i costi associati al ritardo nell’affrontare il cambiamento climatico saranno ancora maggiori”, andando a gravare ulteriormente sulla spesa che dovrà essere sostenuta per porre fine alla scarsa accortezza ambientale dell’ultimo secolo.

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