Mercati ribassisti, lezione 3: tornare alle origini con le materie prime
In situazioni dove regna sovrano il nervosismo, fermarsi e guardare alle origini delle cose potrebbe essere una strada per ritrovare quello che è importante veramente, anche negli investimenti. Se si osserva più da vicino ciò che sta accadendo intorno a sé, tra cui anche l’esplosione di alcune tendenze, come quella delle auto elettriche o dei pannelli solari, diventa evidente cosa è essenziale, ovvero la quantità di materie prime necessarie per creare le singole componenti, dal nichel, al litio fino al cobalto. Da qui, nasce una nuova lezione per affrontare i mercati ribassisti: scambiare l’immateriale per il materiale. A dare questo consiglio è Carl Kawaja, gestore di portafoglio di Capital Group dall’esperienza decennale.
“Negli ultimi dieci anni il mercato azionario ha attribuito molto valore alle società che offrono beni immateriali come i software. – afferma - Di recente, però, ha dimostrato di apprezzare maggiormente le società che producono beni materiali”.
Materie prime, materie essenziali
Non è certo un segreto che l’accelerazione del processo di transizione energetica in atto a livello globale comporterà un incremento notevole della domanda di alcuni minerali e materie prime. Litio, nichel, cobalto, manganese e grafite sono componenti fondamentali per le batterie che vengono installate sulle auto elettriche, ad esempio. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nell’Accordo di Parigi al 2040, comporterebbe un aumento della domanda di minerali e materie prime di almeno quattro volte il consumo registrato nel 2020.
“Naturalmente, affinché un investimento in materie prime abbia successo, - aggiunge l’esperto - è necessario individuare una società che disponga di una risorsa durevole o mezzi economicamente vantaggiosi per trovarne e produrne di più”.
Una convinzione di ferro
Tra le materie prime, una menzione particolare va al minerale di ferro, componente chiave per l’acciaio e alla base di gran parte dei progressi del mondo, come i grattacieli e i computer. Non a caso, uno dei motivi per cui è stato importante fin dall'età del ferro, appunto, è che non si è trovato finora un altro materiale che lo sostituisca in termini di resistenza, costo, peso, flessibilità e capacità di essere modellato e trasportato.
Una materia prima essenziale quindi e, per fortuna, piuttosto diffusa. “Ma in realtà, - precisa Kawaja - ci sono solo due luoghi in cui è possibile estrarre il minerale in modo economico, Brasile e Australia, perché deve essere estratto in quantità pure”.
Insomma, non si può inventare da qualche altra parte. “Non mi preoccupa che (…) qualche brillante scienziato in Svizzera scopra un modo diverso di produrlo – conclude l’esperto di Capital Group - Il mercato si muove ciclicamente, quindi il minerale entrerà e uscirà di scena, ma mi sento ragionevolmente sicuro che tra 50 anni la sua produzione continuerà ad essere importante”.
Insomma, il ferro e più in generale i metalli e le materie prime potrebbero rappresentare un appiglio solido per affrontare la tempesta dei mercati. Ma che fare se anziché di un temporale passeggero si trattasse di un “vero cambiamento climatico” dei mercati? Alla prossima lezione.