Consulenti, ecco come parlare di bitcoin ai clienti

È facile dire, col senno di poi, quanto sarebbe stato semplice realizzare 14 milioni di dollari in cinque anni investendo 100.000 dollari in bitcoin. Tuttavia, nel valutare potenziali scelte di investimento, vanno sempre considerati rischi, incognite e disponibilità

Da asset di nicchia ad investimento mainstream: un successo, quello del bitcoin, che ha interessato tutti gli operatori di mercato, facendo sorgere tra gli investitori retail domande circa il come, perché e in che modo posizionarsi sulla criptovaluta. Di certo, le fluttuazioni registrate nel mese di maggio, quando la quotazione è calata del 36% (passando dalla soglia dei 57.700 dollari, ai $36.600, con picchi minimi a ridosso dei $30.000), hanno lanciato un chiaro segnale agli investitori sulla volatilità dell’asset e suoi rischi/opportunità latenti.
Cercando di fare il punto sulla situazione bitcoin e su come spiegare questo nuovo trend ai clienti al dettaglio, gli esperti di Capital Group hanno stilato un elenco di punti chiave da tener presente quando, per la prima volta, ci si approccia al mercato delle valute digitali.

Toccare con mano il bitcoin (ma con moderazione)

“Data l’estrema volatilità del bitcoin, si potrebbe dire ai clienti che sono convinti di volerlo possedere di dedicare non più dell’1% del loro portafoglio a qualsiasi criptovaluta”, suggerisce Barbara Burtin, analista investimenti azionari di Capital Group. “Se un cliente insiste, consigliategli d’investire non più di quanto possa permettersi di perdere“, aggiunge poi.
Inoltre, “possedere una piccola quantità di criptovaluta potrebbe essere utile come esercizio formativo: avere un interesse diretto è un modo per incoraggiare i clienti ad approfondire le criptovalute. È anche un modo per valutare la loro reale tolleranza al rischio e osservare le reazioni ad alti livelli di volatilità del mercato”.

Bitcoin, come tenere presenti i rischi

Come per ogni investimento, anche quello in bitcoin implica una serie di rischi, alcuni dei quali più rilevanti. Douglas Upton, analista investimento azionario di Capital Group, ne ha individuati cinque nel dettaglio, tenendo presente un presupposto comune: il taglio del bitcoin è elevato, poco pratico da utilizzare come mezzo di scambio ed ha una disponibilità limitata (21 milioni in tutto).

Estrarre (oggi) significa inquinare

Nuovi bitcoin possono essere estratti (in gergo, “minati”) solo utilizzando sistemi informatici ad alta potenza che macinano algoritmi. Il processo richiede così tanta potenza di calcolo che le attività di estrazione di criptovaluta consumano circa lo 0,6% dell’elettricità mondiale, più di quella utilizzata da tutta l’Argentina, secondo il Bitcoin Electricity Consumption Index gestito dal Center for Alternative Finance dell’Università di Cambridge. Motivo che, tra le altre cose, ha spinto il patron di Tesla, Elon Musk a fare un passo indietro dall’offrire la possibilità di comprare auto elettriche in bitcoin.

Notorietà, ovvero maggiore regolamentazione

Considerato il successo registrato di recente, specie tra gli investitori retail, è improbabile che le autorità permettano il diffondersi dell’investimento in senza controlli. “Il bitcoin mira a sostituire le valute sovrane: se lo si lasciasse proliferare, potrebbe ridurre la capacità dei governi e delle banche centrali di controllare la politica monetaria e tassare gli utili e la ricchezza”. Di conseguenza, prosegue Upton, “i legislatori di tutto il mondo potrebbero decidere di rendere più difficile l’uso del Bitcoin”. La Corea del Sud ha introdotto una legge per regolamentare le criptovalute al fine di limitare il potenziale riciclaggio di denaro e altre attività illegali. El Salvador è stato il primo stato ad adottare la cripto come divisa a corso legale. La Cina, che ha vietato le transazioni e bandito l’attività in bitcoin alle banche , è in fase di test per introdurre il proprio yuan digitale. Su questa stessa strada si stanno muovendo anche Banca centrale europea e Federal Reserve americana, per testare gli effetti di un possibile euro/dollaro digitale.

No autorità centrale, no assistenza

Il bitcoin non è un “portatore” di valore stabile: “alcuni investitori potrebbero essere attratti dalle criptovalute come mezzo per immagazzinare valore”. Fatta da parte la volatilità, permane però il rischio di furti e attacchi hacker al portafoglio digitale. Alcuni investitori meno accorti hanno perso l’accesso ai loro fondi per aver smarrito o dimenticato le chiavi digitali personali del wallet. Dal momento che il bitcoin non è controllato da alcuna autorità centrale, “non c’è nessuno da contattare per assistenza”.

La questione del carry negativo

C’è poi la questione del carry negativo. Gli investitori , prosegue l’esperto di Capital Group, in condizioni di normalità di mercato, sono remunerati sotto forma di interessi per detenere una certa quantità di valuta (in base anche alla fase di ciclo economico vissuta dall’economia in analisi). Lo stesso vale per l’oro, materia prima con un valore intrinseco reale. Ciò non vale per i bitcoin, che, per i suoi investitori, “potrebbe rappresentare un mancato guadagno in termini di interessi. Tale condizione è chiamato carry negativo, a significare che gli investitori possono perdere denaro semplicemente detenendo l’asset”.

Ruolo di copertura non verificato

Infine, il ruolo di copertura di portafoglio. “Il bitcoin non è sempre una copertura contro il rischio azionario americano. Un’idea diffusa tra i sostenitori della cripto è ch’essa fornirebbe una protezione nei periodi di ribasso dei mercati azionari”. Anche se ciò a volte si è verificato, nel periodo di crollo del marzo 2020 (con l’inizio della pandemia) esso non ha agito come copertura efficace. “Il prezzo è sceso drasticamente, seguito da un rimbalzo e poi da un forte movimento al rialzo. Non è ancora chiaro se e come il bitcoin possa agire come copertura e gli investitori dovrebbero stare attenti a non fare troppe ipotesi sul suo comportamento in contesti di mercato diversi”.

Riconoscere il potenziale della tecnologia sottostante

Sebbene ci siano certamente grandi rischi, le criptovalute hanno di certo portato a innovazioni rivoluzionarie. Secondo Ninou Sarwono, specialista di tecnologie emergenti di Capital Group vi sono tre innovazioni chiave che si legano al bitcoin.

Il valore della blockchain

Il bitcoin è stata la prima vera occupazione della blockchain nell’ambito dei pagamenti digitali, tecnologia sottostante alla criptovaluta che alimenta i ledger digitali che possono essere condivisi su reti pubbliche o private e tiene traccia delle transazioni. “Questi ledger” spiega l’esperto” sono creati a partire dalle transazioni, approvati dai partecipanti alla rete e registrati come blocchi di informazioni. Man mano che si accumulano più blocchi di transazioni, queste vengono concatenate in modo sicuro alle transazioni meno recenti. Queste catene di dati possono essere condivise ed espanse da partner commerciali, fornendo un modo più semplice ed efficiente di gestire le transazioni finanziarie”.

Le Ico e il loro funzionamento

In secondo luogo, il successo di bitcoin ha dato vita ad un nuovo trend di mercato, quello delle Ico, Initial coin offering, le offerte iniziali di moneta, un modo per le aziende di raccogliere denaro per la loro attività utilizzando criptovaluta. “I proventi finanziano nuovi progetti, mentre gli acquirenti ricevono dei gettoni (token) che in molti casi possono essere scambiati o utilizzati per acquistare beni e servizi dalla società emittente. I gettoni assomigliano alla raccolta punti dei programmi fedeltà”, spiega Sarwono. Tali innovazioni “potrebbero cambiare il modo in cui le imprese raccolgono denaro e ampliare l’universo di società in cui investire”. Il tutto, a fronte dei rischi già illustrati.

Mercati ancora da esplorare

Infine, le nuove possibilità che apre il bitcoin sono in taluni casi ancora inesplorate, specie in alcune parti del mondo. “L’attrattiva della criptovaluta tende ad essere maggiore nei paesi con valute meno stabili” spiegano gli esperti. Un esempio, già citato, è quello di El Salvador.

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