Come si salva l’Europa dalle minacce globali

Nell’eterna diatriba Stati Uniti Vs resto del mondo, l’Europa potrebbe avere le giuste carte per performare meglio del mercato americano nel 2022. Qual è l’asso nella manica di Francoforte?

I maggiori premi al rischio delle azioni europee dovrebbero preservare l’equity del Vecchio Continente dalle minacce globali. Ad affermarlo è Robert Lind, portfolio manager in Capital Group. “Abbiamo assistito a una forte crescita economica in Europa negli ultimi due trimestri con la riapertura delle economie”, spiega. Una crescita che potrebbe proseguire anche nel 2022: secondo le proiezioni fornite dal Fondo monetario internazionale (Fmi) nel World Economic Outlook di ottobre 2021, infatti, i paesi dell’area euro potrebbero registrare un Prodotto interno lordo (Pil) pari al 4,3%. “Con la ripresa degli utili, i mercati azionari europei hanno il potenziale per superare in modo significativo altri mercati regionali”, aggiunge l’esperto.

La questione dei premi al rischio

Il premio per il rischio azionario si configura come l’extra-rendimento (o rendimento aggiuntivo) generato da un asset rispetto al tasso di un’attività priva di rischio (il parametro di solito utilizzato per la valutazione del risk free nel mercato europeo è il rendimento del bund tedesco). Il premio al rischio è quanto viene richiesto da un investitore per essere incentivato ad acquistare un titolo più rischioso. Secondo quanto riportato nel report Euro area equity risk premia and monetary policy: a longer-term perspective (pubblicato nell’aprile 2021 dalla Banca Centrale Europea), a partire dal 2014, l’equity risk premium (erp) dell’area euro è rimasto relativamente stabile, poco sopra l’8%.
“Negli ultimi anni, i premi per il rischio azionario sono rimasti molto più elevati nei principali mercati europei che negli Stati Uniti”, commenta Lind. I dati forniti da Statista confermano che il premio, negli Stati Uniti (Usa), è oscillato tra il 5,3% e il 5,7% dal 2011 al 2021.
Questa differenza è attribuibile al continuo supporto fornito dalle politiche monetarie americane e alla percezione del mito statunitense, come l’economia che meglio riesce ad affrontare le fasi di criticità rispetto ad altri paesi, sia emergenti che europei (come per altro confermato le performance di mercato dell’ultimo decennio).
In particolare, “i premi sono rimasti elevati nei mercati più orientati al valore, come la Germania e il Regno Unito”, continua l’esperto. In Francia, il premio è diminuito, poiché il mercato ha superato i guadagni di altri importanti mercati europei.

Un potenziale in crescita

Tornando ai numeri, i dati MSCI aggiornati a novembre 2021 evidenziano valutazioni delle azioni europee inferiori rispetto alle omologhe globali e statunitensi. I rapporti prezzo/utili (p/e forward, a 12 mesi) sono pari a 14,66x per le azioni europee, a 17,76x per ACWI (all country world index) e a 21,59x per le azioni statunitensi.
“Le società statunitensi hanno guidato la ripresa degli utili riflettendo il forte rimbalzo economico, ma stiamo iniziando a vedere le stime degli utili in forte aumento in Europa, nonché nel Regno Unito, trainate dalle società finanziarie, energetiche e dei materiali”, commenta l’esperto.

L’annosa questione Usa vs Eu

Molto faranno anche le decisioni di politica monetaria prese dai principali istituti centrali.
Partendo dagli Stati Uniti, nel caso in cui la Federal Reserve (Fed) procedesse con una politica monetaria ancora più restrittiva rispetto a quella annunciata (tre rialzi dei tassi nel 2022), i rendimenti dei titoli del Tesoro decennali Usa potrebbero continuare a correre a rialzo (il 10 gennaio il rendimento del Treasury a dieci anni ha superato l’1,79%, massimi da gennaio 2020), privilegiando il comparto equity.
La normalizzazione delle politiche monetarie americane potrebbe indurre anche la Banca centrale Europea (Bce) ad accelerare la strada verso una politica monetaria più stringente, come per altro già effettuato dalla Bank of England (Boe) a dicembre (tramite l’annuncio di un aumento dei tassi di interesse di 150 punti base, da 0,10 a 0,25%).
In tale contesto, spiega Lind, azioni e mercati europei più orientati ai titoli value, e quindi ad asset tradizionali, ciclici o con domanda rigida, possono generare un rendimento relativamente più forte.

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