Metà del mondo in sovrappeso al 2035: colpa della dieta (sbagliata)

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Cibi economici, a vasta diffusione e spesso sostenuti dalle industrie, ma ricchi di grassi e zuccheri. Sono tra i colpevoli di una dieta inadeguata, responsabile di diverse malattie insieme a mancanza di attività fisica, fumo e alcool. Le attività di lobbying possono tuttavia promuovere nuove politiche a tutela dei consumatori per evitare che questi diventino futuri pazienti

Metà della popolazione mondiale, secondo alcune stime, nel 2035 potrebbe essere sovrappeso o obesa (con un indice di massa corporea uguale o superiore a 25 kg/m2), una quota quasi doppia rispetto ai 2,6 miliardi del 2020, secondo il World obesity atlas 2023. Ad allarmare è soprattutto il ripido trend di crescita di obesità tra bambini e adolescenti: nel 2035, infatti, i giovani obesi potrebbero arrivare a rappresentare il 20% dei ragazzi e il 18% delle ragazze, raddoppiando rispetto ai livelli di tre anni fa (10% e 8% rispettivamente). 

Obesità e sovrappeso, il ruolo di una dieta inadeguata

Il responsabile di tali numeri è da individuare nelle cattive abitudini alimentari della popolazione mondiale con conseguenze di certo non trascurabili: una dieta inadeguata è ad esempio capace di generare più malattie su scala globale così come la mancanza di esercizio fisico, il fumo di sigaretta e l’assunzione di alcool, stando a quanto emerso da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet nel 2017. In particolare, le patologie legate alla dieta riguarderebbero quelle croniche a lungo decorso che derivano da una combinazione di fattori genetici, fisiologici, ambientali e comportamentali, come alcune tipologie di cancro, il diabete di tipo 2, le malattie cardiovascolari e quelle che affliggono i polmoni. Ecco che un’alimentazione inadeguata diventa non soltanto un problema individuale, ma anche collettivo. “Livelli elevati di morbidità legate alla dieta pregiudicano la crescita economica dei paesi, dato che una parte sostanziosa del budget sanitario è destinato a esse. Inoltre, a prescindere dai settori, riducono la produttività dei lavoratori e impongono oneri considerevoli sui pazienti e le loro famiglie, soprattutto per quelle a basso reddito” spiega Rachel Crossley, Head of stewardship Europe di BNP Paribas Asset Management.

Una responsabilità collettiva 

Tuttavia, “la narrazione secondo cui sono le singole persone a doversi assumere maggiori responsabilità e a essere più disciplinate nel mangiare meglio sta gradualmente venendo meno, a favore di coloro che riconoscono una responsabilità collettiva in tale problema” prosegue l’esperta. “Come per il cambiamento climatico, la soluzione alla crisi sanitaria globale dovuta alla dieta non risiede nell’azione individuale, ma nel cambiamento sistematico”. Una delle ragioni principali dietro una dieta inadeguata è infatti l’accesso al mercato di cibi sani e non processati, reso difficile anche dal costo elevato che spesso presentano questi alimenti. Al contrario, i prodotti altamente raffinati sono diffusi in maniera più capillare nei punti della grande distribuzione organizzata e, oltre ad avere un prezzo più conveniente, sono spesso supportati da sussidi pubblici.

Le attività di lobbying nell’industria alimentare: la sugar tax

“L’Organizzazione mondiale della sanità e i sostenitori della sanità pubblica sostengono da tempo politiche a tutela dei consumatori riguardo una sana alimentazione” continua l’esperta di BNP Paribas Asset Management. “Tra queste, ad esempio, vi sono le norme relative ai requisiti più stringenti per le etichette esposte sui prodotti”, utili affinché le informazioni nutrizionali tradizionalmente presenti sul retro vengano ripetute o riassunte anche sul fronte, così da essere più accessibili e immediate. “Altre misure riguardano le comunicazioni di marketing rivolte ai bambini da parte di brand di cibo non salutare, così come politiche fiscali, tra cui la tassa sullo zucchero”. In alcuni Stati che hanno già introdotto la sugar tax si è già notato la progressiva diminuzione del consumo di queste bevande (come nel caso del Messico, in cui la tassa del 10% sulle bibite zuccherate introdotta nel 2014 ne ha diminuito il consumo del 5,5% in un anno e di un ulteriore 9,7% in quello successivo). La buona notizia è che sono sempre più numerose le iniziative a favore di abitudini alimentari più sane: solo in Europa a inizio 2023 si è raggiunta quota 1000, stando al database Nourish, promosso dal World Cancer Research Fund International. 

L’importanza dell’engagement

Tuttavia, i fatti dimostrano che l’industria del food and beverage sta facendo ostruzionismo, sia direttamente che attraverso le associazioni di categoria, impedendo o indebolendo tali nuove proposte di legge” aggiunge Crossley. “Questo nonostante sempre più aziende si stiano impegnando a supportare la sanità pubblica, sostenendo l’urgenza di un progresso nel settore. Come gestore responsabile, abbiamo iniziato un’attività di engagement con alcune delle società all’interno del nostro portafoglio che sono state valutate secondo i principi promossi dall’Access to nutrition initiative (Atni), che a dicembre 2022 ha pubblicato un benchmark delle attività di lobbying delle 25 maggiori aziende dell’industria del food and beverage. Chiediamo agli altri investitori di unirsi a noi per amplificare la nostra voce e per convincere le società del settore a promuovere attività di lobbying a favore di politiche pubbliche che mirino a migliorare l’alimentazione e la sanità pubblica, e di dichiarare in maniera trasparente le proprie attività in tal senso”. 

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