Stati Uniti: economia resiliente? Si, grazie agli immigrati

L’economia statunitense si è dimostrata ben più resiliente del previsto. Alti risparmi e forti consumi però non sono gli unici motori, anche l’alto numero di immigrati è stato di grande aiuto. Vediamo perché

I confini sono tornati ufficialmente aperti, forse più dal punto di vista umano che economico. Infatti, mente le crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina hanno imposto un rallentamento dello scambio di mercato tra le due super potenze, imponendo sempre più dazi sugli scambi, lo stesso concetto non è stato applicato ai migranti.

Il 2023 è stato segnato da un aumento improvviso degli immigrati negli Stati Uniti, una crescita che non si vedeva da anni, non solo spinta dalla riapertura dei confini post lockdown, ma anche da politiche molto accomodanti promosse dal governo in carica. Infatti, mentre Trump ha passato il suo mandato incitando la costruzione di un muro di divisione tra gli Stati Uniti e il Messico, le nuove norme promosse da Biden permettono di circolare sul territorio americano anche che si presenta senza permesso, in attesa che un tribunale si esprima sulla legittimità del soggiorno.

Si tratta di un cambiamento enorme, proprio per questo l’ammontare di casi nelle corti è salito rapidamente, al punto che si stima che il tempo di giudizio si aggiri attorno ai quattro anni. Uno scenario che non ha fatto altro che incentivare ancora di più le partenze verso gli States. Basti pensare che secondo le statistiche governative, nel dicembre 2023 la pattuglia di frontiera degli Stati Uniti ha incontrato più di 250mila migranti che attraversano il confine dal Messico. Si tratta del totale mensile più alto mai registrato.

Immigrazione e resilienza economica: due mondi molto vicini

Se è vero che la resilienza dell’economia statunitense ha preso contropiede, sorprendendo molti economisti, è anche vero che il merito non è solo nelle mani (e nelle tasche) degli americani.
Il numero di migranti infatti che possono circolare e lavorare nel Paese gioca un ruolo fondamentale nel mercato. Secondo Tim Drayson, Head of Economics di Legal & General Investment Management (LGIM), “l’impennata dell’immigrazione, che l’Ufficio di bilancio del Congresso stima intorno alle 3,3milioni di persone, ha contribuito a riportare in equilibrio il mercato del lavoro locale, con i migranti che sono andati ad occupare le posizioni rimaste scoperte, scongiurando la recessione che solitamente è necessaria per ridurre la pressione salariale”.

Le nuove politiche implementate da Biden infatti non solo permettono ai richiedenti asilo di cercare lavoro mentre attendono la sentenza, ma il processo per il rilascio dei permessi di lavoro si sta velocizzando, per permettere l’uscita dei migranti dai centri di accoglienza il prima possibile. Un esempio? Lo scorso settembre le autorità americane hanno garantito protezione e autorizzazione al lavoro a mezzo milione di venezuelani, scappati dal loro paese a causa delle profonde problematiche politiche ed economiche.

L’aumento dei migranti ha un impatto diretto sulla crescita dei salari che, secondo le stime di LGIM potrebbero crescere di circa 200mila dollari al mese, ovvero il doppio di quanto stimato dagli economisti, ma non solo. Per forza di cosa con l’aumento della popolazione crescono anche i consumi.

Immigrazione si o no: cosa cambia con le elezioni

L’immigrazione è da sempre un tema di profondo scontro e frazione durante le elezioni e le imminenti presidenziali non saranno diverse. Da un lato, la crescente presenza di immigrati potrebbe spingere gli indecisi a votare Trump che, da sempre, ha portato avanti una posizione molto rigida in tal senso, grazie alla sua idea di America First. Dall’altro però sembra che gli americani non si rendano ancora conto appieno della potenziale crescita economica che i richiedenti asilo portano con sè. Infatti, se il Paese gode di una economia solida, parte del merito sta proprio nei migranti lavoratori, la loro si potrebbe tradurre rapidamente in una rinnovata pressione inflazionistica.

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