Investire in Africa: dove guardare e a quali segnali prestare attenzione

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L’Africa non è sopravvissuta incolume agli shock degli ultimi anni, dal Covid alla guerra in Ucraina. Ma questo non significa che non offra opportunità interessanti per chi sa dove trovarle

Molto spesso quando si parla di investimenti ci si focalizza solo sul mondo occidentale, lanciando qualche sguardo verso Cina e Giappone, ignorando il più delle volte il continente africano. In questi anni, complice il duplice shock dato dal Covid prima e dalla guerra in Ucraina poi, ha comportato non pochi strascichi. In particolare le finanze pubbliche dei vari Paesi africani sono state messe a dura prova e il sostegno della comunità internazionale non è bastato a riportare tutto in un equilibrio che, già in partenza, era abbastanza precario.

Giancarlo Perasso, Lead Economist, Ceemea di PGIM Fixed Income, ha sottolineato che “i fondamentali del credito dei Paesi africani sono stati particolarmente colpiti: le finanze pubbliche sono state messe a dura prova a causa della riduzione delle entrate fiscali e dell’aumento delle spese durante l’apice della pandemia Covid. Poi l’invasione dell’Ucraina ha provocato un’impennata dei prezzi dei generi alimentari, pesando in modo significativo sul potere d’acquisto delle famiglie”. A questi due shock si è anche aggiunto l’inasprimento della politica monetaria nella maggior parte dei mercati sviluppati che ha reso molto complicato per i mercati di frontiera l’accesso ai mercati internazionali, causando così una forte svalutazione delle valute africane. Gli unici che sono usciti incolumi da tutte queste problematiche, sono stati gli esportatori di petrolio.

A incidere sull’equilibrio economico del continente africano c’è anche il fattore Cina, ormai da qualche anno emersa come uno dei principali partner di paesi quali Angola, Gabon e Zambia. L’Africa risulta così esposta alla lenta ripartenza dell’economia del Dragone e alla sua posizione più cauta sulla ristrutturazione del debito. Pechino ha agito da importante finanziatore della regione, ma i flussi sono rallentati negli ultimi anni complice sia un approccio più prudente cinese, sia le preoccupazioni dei Paesi mutuatari per l’eccessivo onere del debito, con una manciata di Paesi africani (ad esempio Zambia ed Etiopia) che hanno ricevuto o richiesto una riduzione del debito.

Ma non solo la Cina, l’assenza degli investitori stranieri e i pochi investitori locali interessati ad assorbire le obbligazioni nazionali, comportano maggiori difficoltà di finanziamento del debito crescente.

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Come ritrovare l’equilibrio

L’adozione di politiche fiscali prudenti sarà fondamentale per i Paesi africani. Il percorso di aggiustamento è impegnativo, poiché i saldi primari della maggior parte dei Paesi si sono deteriorati in modo significativo negli ultimi anni. In teoria, adottare una politica fiscale più restrittiva non è difficile, soprattutto per i Paesi che si trovano nell’area subsahariana che hanno un gettito fiscale, rispetto al Pil, inferiore rispetto ad altri Paesi emergenti.

Le difficoltà più grandi da affrontare non sono di natura economica o fiscale, bensì politica: i Paesi africani soffrono, in gran parte, di una instabilità di base, quindi i governi temono che una loro azione potrebbe causare gravi disordini politici e danneggiare il sentimento pubblico, fattore molto rischioso nel caso in cui le elezioni siano alle porte. Tuttavia, nonostante le difficoltà e i rischi che derivano dall’aumentare le imposte, la maggior parte dei Paesi ha deciso di allinearsi con il piano di aggiustamento del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), che prevede un forte aggiustamento fiscale, ottenuto con il taglio dei sussidi.

Se la situazione fiscale è sistemabile internamente, lo stesso non si può dire del deficit delle partite correnti. “I disavanzi delle partite correnti dovrebbero persistere fino al 2024 per tutti i Paesi della regione, a eccezione dell’Angola e dello Zambia e il fabbisogno di finanziamento nominale è significativo”, spiega Perasso. È quindi necessario guadagnare valuta estera e, per farlo, sarà fondamentale aumentare le esportazioni di beni e servizi, come le materie prime, riducendo invece la spesa in valuta estera per le importazioni.

Non in tutti i Paesi africani però il deficit delle partite correnti si sta deteriorando allo stesso ritmo, Kenya e Egitto stanno sfruttando la ripresa del turismo per ritrovare un equilibrio.

Investire in Africa: è un buon momento?

L’allineamento con il piano di aggiustamento del Fmi si tradurrà, per molti Paesi, in un miglioramento della governance, ma anche di nuovi flussi di investimento, spingendo verso una crescita più solida, che li renderà subito più interessanti per gli investitori internazionali. Per ora, “finanziamenti agevolati, riserve e emissione di obbligazioni nazionali utilizzati per sostenere la crescita hanno permesso ai Paesi di evitare aggiustamenti dolorosi”, spiega l’esperto di PGIM.

Ma per molti Paesi, questo non basta: ad esempio sia in Kenya che in Nigeria le recenti decisioni politiche sono state positive, ma un’inversione delle politiche non è ancora da escludere. Proprio per questo, almeno per ora, è meglio essere cauti guardando verso di loro.

Per trovare le opportunità, il consiglio di Perasso è quello di focalizzarsi su Paesi con un track record solido, migliori punti di partenza ed eccedenze commerciali, come Angola, Costa d’Avorio e Senegal. La prima si trova ancora ad affrontare problemi di crescita, ma sembra sulla buona strada per raggiungere un forte miglioramento economico man mano che la sue economia non petrolifera diventerà il potere di crescita. La Costa d’Avorio, invece, beneficia già di una economia dinamica e ben diversificata. Il Senegal, dal canto suo, parte da una posizione più impegnativa, ma l’imminente inizio della produzione del petrolio nei suoi confini, potrebbe cambiare le carte in tavola rapidamente.

Se invece gli investitori sono già disposti a guardare verso il futuro, anche il Ghana potrebbe offrire interessanti opportunità, offrendo un’economia diversificata e stabilità politica.

In ogni caso, conclude l’esperto, “siamo consapevoli che questi Paesi a basso rating sono suscettibili al rischio di eventi e di imprevisti, per cui preferiamo obbligazioni di durata più breve, dove i rischi di rimborso sono più quantificabili, e selezioniamo le opportunità di distressed dove i premi per il rischio sono asimmetricamente positivi”.

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