Geopolitica e investimenti: cos’hanno in comune sicurezza, clima e demografia?

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In un mondo sempre più caratterizzato da tensioni e incertezze, la geopolitica riprende una posizione da protagonista. Ma perché studiarla potrebbe aiutare a capire meglio i trend di mercato?

Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo, quindi basta l’immaginazione per capire cosa lo scoppio di una guerra in Medio Oriente potrebbe causare nel resto del mondo. La geopolitica è da sempre una parte fondamentale della storia dell’umanità e, visto il panorama sempre più fratturato e teso che ci troviamo ad affrontare, è importante analizzare l’impatto che lo sviluppo di nuove tensioni ha sulla vita di tutti i giorni. È interessante analizzare da vicino come la geopolitica possa guidare il cambiamento, dalla tecnologia alla demografia, passando anche per l’energia.

Ad esempio, secondo Aanand Venkatramana, head of ETFs di Legal & General Investment Management (LGIM), con l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo l’attenzione alla sicurezza informatica è cresciuta rapidamente, anche al di fuori dei confini di questi stati. “Oltre alla minaccia incombente di una vera e propria guerra informatica, gli attacchi informatici sponsorizzati dagli Stati possono aumentare il pericolo rappresentato dagli attori non statali, creando un ambiente in cui identificare gli aggressori informatici è più difficile che mai”.

Tra clima e demografica, l’impatto della geopolitica

Non è un caso che la Terra venga chiamata il pianeta blu, infatti è coperta per circa il 70% di acqua, tuttavia solo il 3% è acqua dolce che può essere trasformata in potabile. A questo, però, bisogna anche aggiungere altri due fattori: per prima cosa il cambiamento climatico sta aggravando ulteriormente la situazione, causando grave siccità in alcune zone e inondazioni in altre e, in secondo luogo, la crescita della popolazione che secondo le stime delle Nazioni Unite arriverà a toccare i 9,7 miliardi entro il 2050, le scorte di acqua dolce continuano a diminuire.

Nonostante si tratti di una sfida globale, alcune zone ne soffrono più di altre, come i paesi aridi con una rapida crescita demografica, ad esempio Sudan e Egitto. Entrambi sfruttano il Nilo per le sue acque e, proprio per questo, il fiume gioca un ruolo strategico molto importante e il possibile scoppio di un conflitto in questo territorio avrebbe un effetto deleterio, così come l’imposizione di un uso univoco. È quindi necessario che i Paesi che si affidano alle sue acque trovino anche dei metodi alternativi, prima di rischiare di rimanere senz’acqua a causa di nuove tensioni geopolitiche. L’Egitto, ad esempio ha sviluppato un piano a lungo termine da oltre 8 miliardi di dollari per colmare il suo deficit idrico annuale, che corrisponde circa a sette miliardi di metri cubi. Sono molte le soluzioni che vengono testate e, al momento, quella che sembra offrire risultati più interessanti anche nel lungo termine è il processo di desalinizzazione: in tutto il Medio Oriente, l’Africa e alcune parti dell’Asia, questa tecnica promette di risolvere il problema della scarsità d’acqua, con una previsione di crescita annuale composta dell’8,8% tra il 2011 e il 2027, con un costo che continua ad abbassarsi.

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