Fino a diversi anni fa, l’elevator pitch era uno strumento fondamentale per l’autopromozione degli imprenditori e dei professionisti finanziari. Si tratta, nello specifico, di uno script di soli 30 secondi da elaborare in modo funzionale, per trasmettere le proprie capacità e competenze nella stessa durata di una normale corsa in ascensore. Ma un discorso così breve può essere allo stesso tempo autentico e raccontare la storia professionale di un individuo? La risposta a questa domanda negli ultimi anni è stata sempre più spesso “no”. Questo perché il modo di comunicare e presentarsi al mercato è decisamente cambiato. Vediamo come insieme a Bryan Powell, senior director, practice management di Janus Henderson Investors.
Perché l’Elevator pitch è “morto”
Il modo di comunicare e “comunicarsi” è in continua evoluzione. Per risalire all’origine di questo cambiamento bisogna fare un salto indietro nel tempo, all’ormai lontano 2009 e al discorso TED di Simon Sinek: “How Great Leaders Inspire Action”. Sembra che il suo speech abbia messo in luce aspetti importanti legati al modo in cui si dovrebbe comunicare per spronare chi ascolta ad agire. Da questo momento in poi c’è stato un vero e proprio cambiamento generazionale nella comunicazione e nelle interazioni umane.
“Il modo in cui i professionisti comunicano il loro valore sta cambiando – spiega Powell – proprio per questo penso che l’elevator pitch sia morto. Nella maggior parte dei casi risulta scritto, non autentico e non fa praticamente nulla per differenziarti dagli altri nello stesso settore o ruolo. Collegare e raccontare nel modo giusto cosa fai e come lo fai è qualcosa di più importante dell’elenco delle tue competenze o dei tuoi titoli di studio”.
Questo significa imparare a comunicare il proprio “scopo” professionale che è esattamente l’antitesi di un elevator pitch. Perché per farlo ci vuole tempo, concentrazione, pazienza, ma soprattutto è necessario adattarlo a ogni individuo e situazione. Non può essere un discorso “universale”.
Tre passaggi per comunicare in modo autentico
Secondo l’esperto di Janus Henderson Investors coinvolgere la propria audience con un racconto più autentico e creare una connessione emotiva con i propri clienti è assolutamente possibile. Bisogna solo fare attenzione a tre semplici passaggi.
Il primo è comprendere il proprio perché. Comunicare il proprio scopo è impossibile se prima non si ha ben chiaro in mente il perché delle proprie scelte professionali. In questo caso abbandonare l’elevator pitch è d’obbligo perché il suo impatto su chi ascolta sarebbe minimo.
“Potrebbe inevitabilmente suonare come i pitch di migliaia di altre persone con lo stesso ruolo o con ruoli simili – spiega Powell. La chiave per mettere da parte l’elevator pitch è comprendere e comunicare il proprio scopo. Rispondere a domande come ‘perché faccio quello che faccio?’ e ‘cosa è successo nella mia esperienza personale che mi ha portato a scoprire la mia passione?’ può aiutare a creare una narrativa molto più significativa”.
Il secondo step è impegnarsi con autenticità. “Il concetto di autenticità e credibilità – continua Powell – si basa su tre componenti essenziali, ovvero dare priorità alle esigenze degli altri, conoscere il proprio pubblico e vivere un’esperienza pertinente. Solo un approccio simile permette di fare la differenza e distinguersi dalla massa.”
Il motivo per cui un cliente sceglie il proprio consulente finanziario, in un parterre di professionisti molto ampio, è legato al fatto che quell’unico consulente è stato capace di legarsi al cliente, di affrontare le sfide con cura e di sviluppare un tipo di intimità professionale che fa bene alla loro relazione.
Il terzo e ultimo passaggio consiste nel creare una connessione emotiva, che è anche il punto in cui convergono i due passaggi precedenti. La connessione emotiva con i propri clienti ha origine dalla capacità di comprendere le loro menti. “La chiave per crearla – spiega Powell – è guadagnarsi il diritto di accedere alla corteccia prefrontale del cervello, ovvero la parte esecutiva, quella in cui vengono prese ed elaborate tutte le decisioni”.
Un elevator pitch, al contrario, non sarebbe funzionale al raggiungimento di questo obiettivo perché i clienti o i potenziali clienti potrebbero aver già ascoltato lo stesso copione in passato, magari da altri consulenti. È importante fare la differenza ed è necessario andare oltre la semplice recitazione del proprio curriculum vitae.
In conclusione
Il completamento di questi tre step è cruciale per fare quel salto di qualità nella carriera di un consulente e, in generale, di qualsiasi professionista. Solo condividendo storie autentiche e garantendo una presenza reale ai propri clienti è possibile creare relazioni profonde e significative.
“L’elevator pitch appartiene ormai al passato – conclude Powell. È necessario riformulare la propria mentalità e il modo di comunicare sulla base delle esigenze del pubblico o dei propri clienti. Credo che un’evoluzione sia possibile, ma solo se si abbandonano i copioni standardizzati in favore di racconti più autentici ed emotivi”.