Il 2023 stava assumendo le sembianze di un’oasi paradisiaca rispetto al 2022, con il profilarsi di una ritrovata stabilità e l’inflazione di nuovo sotto controllo. L’ottimismo non è durato molto a lungo, lasciando posto a nuove incertezze dovute a un’inflazione più persistente del previsto. Inoltre, la veloce salita dei tassi ha causato lo scricchiolio di alcune banche. Nel giro di pochi giorni la Silicon Valley Bank e la Signature Bank sono fallite, mentre per Credit Suisse è stato necessario il salvataggio di emergenza da parte di UBS.
Gli esperti di Jupiter sottolineano come una crisi bancaria non contenuta può far precipitare il mondo in una spirale e non è ancora chiaro se la turbolenza nel settore a cui stiamo assistendo sia isolata o abbia il potenziale di diffondersi, sebbene i regolatori abbiano agito in modo tempestivo per stroncare i problemi sul nascere.
La palla è nelle mani delle banche centrali, che si trovano davanti a un bivio: continuare ad aumentare i tassi per rallentare l’inflazione o frenare di colpo per mitigare l’ansia che sta attraversando il mercato? Sia la Federal Reserve che la Bce durante le riunioni di marzo hanno optato per continuare con la scalata dei tassi anche se con un ritmo meno aggressivo, alzandoli, rispettivamente, di 25 e 50 punti base.
Si tratta della scelta giusta? Gli esperti di Jupiter sostengono che “i tassi fanno poco per spostare il ciclo in un senso o nell’altro ed è solo quando qualcosa si rompe che il prestito si ferma letteralmente”. Le difficoltà emerse nel sistema bancario sono una chiara prova del fatto che stiamo assistendo proprio a quel momento e, in un simile contesto, possiamo aspettarci maggiore volatilità, poca crescita, ma anche un’inflazione attenuata. Scenario che dovrebbe portare a una avversione al rischio dominante sui mercati fino a quando le banche centrali non decideranno di tagliare il costo del denaro.
Caso Credit Suisse e bond AT1
Analizzando la crisi che ha coinvolto Credit Suisse, non è stata certamente un fulmine a ciel sereno. La debolezza della seconda banca elvetica si trascinava ormai da mesi, con un prolungato periodo di scarsa performance e i deflussi di depositi si sono intensificati dopo la notizia della mancanza di un ulteriore sostegno da parte del suo principale azionista, la Saudi National Bank. Le autorità svizzere, con l’intenzione di evitare la caduta della banca, hanno deciso di metterla nelle mani di una reticente UBS. Per convincere UBS a effettuare la transizione, l’autorità di vigilanza non solo ha garantito perdite potenziali (9 miliardi di franchi svizzeri) sulla valutazione degli asset, ma ha anche permesso la svalutazione completa dei bond additional tier 1 (AT1).
Senza dubbio questo ha rappresentato una disgrazia per gli investitori che avevano puntato su questi strumenti, ma rimane una decisione legittima. Infatti, gli investitori erano a conoscenza del rischio, dal momento che è prevista una svalutazione nel caso in cui si fosse raggiunto un punto di insostenibilità economica. Ciò che, invece, ha scioccato molti operatori, è stato il fatto che gli investitori in azioni siano stati pagati 0,76 franchi svizzeri per azione in azioni Ubs, pur avendo una posizione più debole nella struttura di capitale. In ogni caso, secondo gli esperti di Jupiter, si tratta solo di un caso isolato in Europa: “se una banca dovesse trovarsi in una situazione simile, la prassi sarebbe quella di svalutare il patrimonio netto prima degli AT1”.
Banche europee, cresce il rischio di incidenti?
Nonostante il sistema bancario europeo goda di buona salute e rispetto al 2008 presenti uno scudo protettivo decisamente superiore, la pressione dei tassi elevati ha comunque il potere di far emergere alcune debolezze e, soprattutto, quando la fiducia si erode, possono sorgere rapidamente dei problemi di liquidità.
Gli esperti sottolineano come quello che sta succedendo nel settore bancario è un segnale di avvertimento. “La storia suggerisce che le banche centrali tendono a correre troppo velocemente, e il rischio di ulteriori ‘incidenti’, sia nel settore bancario che altrove, è alto”, ammonisce Jupiter ricordando come l’economia globale poggi sopra un debito di 300 mila miliardi di dollari che è incredibilmente sensibile a tassi più elevati nel lungo periodo.
Consigli per gli investitori
Ma nel frattempo, in che situazione si trovano gli investitori? Il mercato sta iniziando a trovare un nuovo equilibrio, con il ripristino di una forte correlazione negativa tra i rendimenti dei titoli di Stato dei mercati sviluppati e gli spread creditizi. Ci possiamo aspettare che, se il contesto macro continuerà a indebolirsi, i titoli di Stato potrebbero fornire diversificazione rispetto al credito. E, a questi livelli, il rendimento complessivo disponibile nel reddito fisso rimane estremamente interessante. Ci si può anche aspettare che, con il tempo, il mercato degli AT1 si stabilizzi di nuovo.
“Nel complesso, riteniamo che per navigare in queste acque incerte, un’allocazione obbligazionaria diversificata con esposizione ai titoli di Stato di alta qualità e ai crediti societari accuratamente selezionati sia uno strumento potente per gli investitori, poiché fornisce un livello di volatilità controllato e il potenziale di rendimenti robusti”, concludono gli esperti di Jupiter.
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