La “g” di governance guida le decisioni di investimento dell’82% degli asset manager a livello globale, una percentuale in calo rispetto al passato (era l’86% nel 2019 e il 91% nel 2018)
Il 65% dei gestori con un patrimonio superiore ai 300 miliardi di dollari dispone di un team dedicato alle tematiche ambientali. Si parla del 51% per patrimoni tra i 100 e i 300 miliardi, del 27% tra i 50 e i 100 miliardi e del 9% sotto i cinque miliardi
In termini geografici domina l’Europa continentale, con il 90% dei gestori che vanta risorse dedicate, seguita dal Giappone con il 67% e dalla Gran Bretagna con il 55%
Per rispondere alle esigenze di una clientela sempre più attenta alle tematiche green, ma non solo, un numero crescente di gestori patrimoniali a livello globale include i criteri ambientali, sociali e di governance nelle proprie decisioni di investimento. Decisioni che, secondo l’analisi annuale condotta da Russell Investments su un campione di 400 asset manager internazionali, continuano a essere guidate ancor oggi dalla “g” dell’acronimo esg. Ma la burrasca generata dalla crisi pandemica potrebbe portare la “s” alla ribalta.
Stando all’analisi, infatti, il 75% degli intervistati risulta essere firmatario dei
Principles for responsible investment (Pri) delle Nazioni Unite, in crescita di tre punti percentuali rispetto al 2019 e di 12 punti percentuali sul 2018. In questo contesto, la “g” di
governance guiderebbe le decisioni di investimento dell’82% del campione, anche se in calo rispetto al passato (era l’86% nel 2019 e il 91% nel 2018). A crescere, invece, la “e” di
environment che dal 5% di due anni fa balza al 13%, mentre la “s” di
social sembrerebbe raccogliere gli interessi di appena il 5% dei gestori, in linea con lo scorso anno, anche se per i ricercatori il
covid-19 potrebbe finire per mescolare le carte in tavola.
Fonte: 2020 Annual esg manager survey di Russell Investments
Un numero crescente di case di gestione, inoltre,
vanta un team di investimento esg e sta dedicando sforzi a iniziative sul fronte green o aggiungendo risorse all’interno della propria organizzazione, in particolare quelle che vantano una base di asset under management più ampia. Il 65% dei gestori con un patrimonio superiore ai 300 miliardi di dollari, infatti, dispone di un team dedicato, una percentuale che cala al 51% per patrimoni tra i 100 e i 300 miliardi, al 27% tra i 50 e i 100 miliardi e al 9% sotto i cinque miliardi. Mediamente, inoltre, il 43% degli intervistati dichiara di possedere professionisti che investono più del 90% del proprio tempo nelle tematiche ambientali, sociali e di governance. In termini geografici
domina l’Europa continentale, con il 90% dei gestori che vanta risorse dedicate, seguita dal Giappone con il 67% e dalla Gran Bretagna con il 55%. Restano indietro gli Stati Uniti con il 36% e il Canada con il 26%, anche se rispettivamente in crescita di cinque e 11 punti percentuali rispetto al 2018.
Rischio climatico al centro
I gestori internazionali, infine, risultano essere sempre più interessati a collegare i portafogli al cambiamento climatico, sulla scia anche delle richieste delle autorità di regolamentazione europee sul tema. E i fornitori di dati, dal canto loro, continuerebbero ad approfondire le loro capacità di reporting sulle emissioni di gas a effetto serra, specialmente se in relazione alla contrazione del riscaldamento globale sotto i due gradi Celsius secondo gli Accordi di Parigi. Anche in questo caso guadagnano il podio le aziende con sede in Europa Continentale, accompagnate da Australia e Nuova Zelanda.
La “g” di governance guida le decisioni di investimento dell’82% degli asset manager a livello globale, una percentuale in calo rispetto al passato (era l’86% nel 2019 e il 91% nel 2018)Il 65% dei gestori con un patrimonio superiore ai 300 miliardi di dollari dispone di un team dedicato alle tematic…