Il
patto di famiglia è un contratto plurilaterale che coinvolge
soggetti diversi che possono mutare, a seconda della consistenza
della famiglia, e che assumono ruoli differenti a seconda della
posizione rivestita nella famiglia stessa. Per poter addivenire alla
conclusione del patto, è anzitutto necessaria la partecipazione
dell’imprenditore disponente e del discendente assegnatario e sono
inoltre tenuti a partecipare il coniuge dell’imprenditore e i
soggetti che sarebbero legittimari se in quel dato momento si aprisse
la successione del disponente, così come previsto dall’art.
768-quater, comma 1, codice civile.
Patto di famiglia: in cosa consiste?
Grazie
all’istituto del patto di famiglia, l’imprenditore disponente
trasferisce la proprietà dell’azienda al discendente che ritiene
capace di prendere in mano la leadership
dell’azienda.
Il discendente prescelto, dunque, prende parte alla stipula del patto
in veste di destinatario del trasferimento a titolo gratuito della
proprietà, anche se a suo carico il legislatore pone non pochi
oneri. È bene precisare che assegnatario
dell’azienda
potrà essere solo un discendente dell’imprenditore, ovvero un suo
figlio
o nipote,
mentre sono al contrario esclusi da tale ruolo il coniuge, i
genitori, o i fratelli del disponente.
Chi sono i legittimari non assegnatari del disponente?
Il
coniuge, i genitori, o i fratelli del disponente, tuttavia, assumono
le vesti di
legittimari non assegnatari del disponente
e debbono partecipare alla stipula del contratto, per ragioni di
pubblicità e garanzia. La previsione della necessità di
partecipazione all’atto di tutti i legittimari deriva dalla ragione
che il patto di famiglia è configurato come una sorta di “anticipo”
della distribuzione del patrimonio
dell’imprenditore rispetto al momento dell’apertura della
successione.
L’art.
768-quater
c.c. non prevede una espressa disposizione sanzionatoria nel caso in
cui alla conclusione dell’atto non partecipino il coniuge e gli altri
legittimari. Si ritiene tuttavia che il contratto con il quale viene
a essere stipulato un patto di famiglia in assenza della
partecipazione del coniuge e degli altri legittimari dovrebbe essere
affetto da nullità relativa ex art.
1418 c.c., anche alla luce del disposto ex art. 768-quater,
comma 2, c.c..
Il
coniuge ed i legittimari, indicati dalla norma come “partecipanti”,
sono, in realtà, veri e propri contraenti del patto di famiglia. Ad
essi, come si vedrà a breve, il contratto attribuisce assegnazioni
in natura o in denaro, ovvero essi possono, nel patto, rinunciare a
tali assegnazioni, ma il loro ruolo di contraenti del patto
garantisce che il regolamento contrattuale sia loro opponibile ex
art. 1372 c.c., ovvero, secondo altri autori, che il patto sia
valido.
La liquidazione dei legittimari non assegnatari
La
legge si preoccupa primariamente di garantire, da una parte,
all’imprenditore la possibilità di trasferire l’azienda o le
partecipazioni al discendente prescelto, e dall’altra, come anche
anticipato, agli altri ascendenti, agli altri potenziali legittimari
e ai legittimari sopravvenuti al momento dell’apertura della
successione, una quota dei beni corrispondente a quella che la legge
attribuirebbe loro ai sensi degli artt. 536 e ss. c.c..
Infatti,
con riferimento agli obblighi
di compensazione
nei confronti dei legittimari non assegnatari, l’art. 768-quater,
comma 2, c.c. prevede che gli altri partecipanti al contratto, ove
questi non vi rinunzino in tutto o in parte, debbano essere liquidati
con il pagamento
di una somma corrispondente al valore delle quote
previste dagli artt. 536 e ss. c.c.. e che la liquidazione ai non
assegnatari non potrà avere un valore inferiore a quello delle quote
minime di eredità stabilite per legge (la cosiddetta legittima).
Pertanto,
il valore
stabilito per la liquidazione nei patti di famiglia avrà
una soglia minima,
ma non avrà una soglia massima, nel senso che l’autonomia
contrattuale delle parti ben potrebbe concordare liquidazioni di
valore più elevato rispetto a quello minimo stabilito dalla legge,
sempre nel rispetto della quota di legittima loro riconosciuta ex
lege.
Anche
se la questione non appare del tutto pacifica in dottrina,
l’orientamento interpretativo dominante è quello di restringere
l’ambito della compensazione
soltanto all’azienda o alle partecipazioni societarie trasferite
all’assegnatario, e non all’intero asse ereditario ipotetico.
Peraltro, per quantificare la somma dovuta a titolo di liquidazione,
occorrerà aver precedentemente valutato l’ammontare dell’azienda
ovvero delle partecipazioni trasferite al momento del patto: sulla
base di tale valutazione, saranno, poi, calcolate le quote di
legittima spettanti a ciascun assegnatario.
Inoltre,
l’assegnazione di beni agli altri discendenti o potenziali
legittimari può anche avvenire, ex
art.
768-quater,
comma 3, c.c. mediante un successivo
contratto
che sia collegato al primo e al quale devono necessariamente
partecipare tutti i contraenti del patto originario.
I legittimari che non abbiano partecipato al patto
Un
diverso obbligo di compensazione si pone nel caso previsto dall’art.
768-sexies,
c.c.. Tale disposizione fa riferimento all’eventualità che, al
momento dell’apertura della successione, vi siano legittimari
che sono rimasti esclusi dal patto di famiglia.
La
norma prevede che il coniuge e gli altri legittimari che non abbiano
partecipato al contratto possano chiedere ai beneficiari del patto
(assegnatari e non) il
pagamento di una somma corrispondente alla propria quota di legittima
aumentata degli interessi legali.
La
dottrina si domanda se, nella dizione usata dal legislatore “il
coniuge e gli altri legittimari che non abbiano partecipato al
contratto”
rientrino i soli legittimari eventualmente sopravvenuti al patto di
famiglia o anche i legittimari che, per qualsiasi motivo, pur
esistenti al momento del patto, non siano intervenuti al patto di
famiglia.
La
dottrina prevalente accoglie una interpretazione
restrittiva
della norma recata dall’art. 768-sexies
c.c., in
modo da renderla compatibile con la disposizione recata dall’art.
768-quater
c.c., che
impone la partecipazione al patto di famiglia di “tutti
coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la
successione”.
Secondo questa impostazione, quindi, l’art. 768-sexies
c.c. fa
riferimento ai legittimari sopravvenuti, atteso che, quelli già
esistenti al patto, dovevano obbligatoriamente parteciparvi ex
art.
768-quater
c.c..
(Articolo
scritto in collaborazione con Nicolò Pavan, studio Righini e
Associati)
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