La caduta del governo Uk trova origine a partire dal momento in cui il Ministro dell’Economia ha dichiarato la volontà di procedere al più grande taglio delle tasse in Gran Bretagna
Questa proposta, votata ad un rilancio dell’economia britannica, si è dimostrata idonea a scatenare un effetto avverso, determinando l’aumento improvviso dei tassi sui Titoli di Stato
“Mettere mano” al sistema fiscale, magari riformandolo in modo deciso, è sempre faccenda delicata. Ce lo confermano i vari tentativi di riforma che spesso, o molto più che spesso, nel nostro Paese rimangono un progetto incompiuto, da rimandare di legislatura in legislatura.
Del resto, incidere sul sistema fiscale significa entrare nell’intimo del rapporto che lega lo Stato ai suoi contribuenti (individui e imprese) e, conseguentemente, vuol dire sparigliare (o modificare) equilibri e posizioni consolidate.
L’importanza del rapporto tra fisco e contribuente
Il sistema fiscale sta al Paese come il sistema nervoso sta ad un corpo: la leva fiscale – mantenendo in piedi l’analogia anatomica – coordina le diverse parti del corpo (della società) influendo, attraverso il prelievo coattivo e la diversa pressione fiscale, sulle funzioni (dirette e indirette, interne ed esterne) dei mercati, sulla redistribuzione della ricchezza, sulle condotte sociali (di evasione o tax compliance).
Ebbene, se la difficoltà di modificare il sistema fiscale è ben nota in ambito domestico (ove è evidente che la disciplina tributaria riflette in maniera palmare e autentica la complessità della società in cui essa opera, svelandone, più o meno direttamente, tutti i paradossi che le appartengono) non è cosa meno nota anche oltre confine. Come dimostrano, del resto, le più recenti vicende registrate nel Regno Unito, che hanno visto la neo-premier Liz Truss, a pochi giorni dal suo insediamento, rassegnare le proprie dimissioni.
In questo senso, la vicenda del governo britannico è paradigmatica e al tempo stesso istruttiva per l’Italia, come riporta l’Osservatorio sui conti pubblici (Ocpi) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Nel merito, l’Ocpi, nel report “Cos’è veramente successo nel Regno Unito”, mette in evidenza come per tutti i paesi ad alto debito, Italia inclusa, la questione fiscale e tributaria, in particolare relativa al taglio o all’introduzione di nuove tasse, è delicata al punto da far cadere i governi.
La vicenda Uk
La caduta del governo Uk trova origine a partire dal momento in cui il Ministro dell’Economia Kwasi Kwarteng (durante i giorni segnati dalla morte della Regina Elisabetta), pubblicando i punti nevralgici del c.d. Growth Plan 2022, dichiarava la volontà di procedere al più grande taglio delle tasse in Gran Bretagna degli ultimi 50 anni, con l’asserito obiettivo di dare uno “shock positivo all’economia”.
Questo taglio così deciso, avrebbe in effetti, a dire di Kwarteng, (come riportato da Ocpi):
- determinato un aumento del Pil e dunque del gettito fiscale nel medio termine in misura tale da riportare in equilibrio il bilancio
- dimostrato che il Regno Unito, dopo la Brexit e quindi senza l’Ue, era in grado di migliorare la propria economia e il benessere dei suoi cittadini.
Tuttavia, questa proposta, apparentemente votata ad un rilancio dell’economia britannica si è dimostrata idonea a scatenare un effetto avverso. Nel giro di pochi giorni, infatti, la proposta di riformare il fisco ha determinato:
- l’aumento improvviso dei tassi sui Titoli di Stato
- ricadute negative sul valore della sterlina
- il crollo delle quotazioni della borsa di Londra
- l’intervento della Banca d’Inghilterra, chiamata ad effettuare acquisti di emergenza con l’intento di stabilizzare i mercati.
Siffatta circostanza, particolarmente preoccupante, quanto a rapidità e a diffusione, profilando il rischio di un “avvitamento verso il basso dei mercati”, ha portato ad una normalizzazione finanziaria solo a seguito delle dimissioni di Kwasi Kwarteng, e alla successiva nomina del nuovo ministro Jeremy Hunt, il quale ha presto annunciato la cancellazione di quasi tutte le misure del suo predecessore.
Tuttavia, le conseguenze determinate dalla proposta di riforma fiscale, risolte solo attraverso un passo indietro della premier, hanno, come sottolinea Ocpi, di fatto commissariato il governo provocando, nel partito conservatore, una corale richiesta di dimissioni della Truss. Che in effetti è avvenuto il 20 ottobre 2022.
Una conclusione
Come messo in evidenza da Ocpi, le proposte che hanno innescato la crisi e la caduta di Liz Truss possono così essere riassunte:
- riduzione delle imposte per famiglie con il blocco dell’aumento del costo dell’assicurazione sanitaria nazionale e l’abolizione dell’aliquota marginale del 45 per cento sui redditi superiori alle 150mila sterline annue
- riduzione delle tasse per imprese (68,8 miliardi), quasi totalmente imputabili alla riduzione dell’aliquota per le imposte sui profitti societari dal 25 al 19 per cento, che avrebbe comportato oneri per 63,2 miliardi nel quinquennio successivo.
- semplificazione del sistema tributario con l’abolizione della legge IR35 contro l’elusione fiscale che impone alle aziende di pagare le stesse tasse sia per i “lavoratori esterni”, sia per i propri impiegati.
Queste proposte avrebbero avuto un forte significato simbolico dando l’impressione che il governo non vedesse che la priorità era quella di difendere le famiglie più vulnerabili dall’inflazione. Osserva l’Ocpi.
Ebbene, l’esperienza di recente vissuta dal governo Uk mette in evidenza, da un lato, l’importanza primaria che riveste il sistema fiscale per uno Stato, dall’altro, il fatto che la pretesa di incidere sul piano fiscale è spesso pericolosa in quanto esiste un livello irriducibile di antagonismo o di non collaborazione tra fisco e contribuente, tanto che nemmeno politiche fiscali apparentemente favorevoli (come quelle proposte dal governo Truss) sono esenti da critiche e dal pericolo di destabilizzare politicamente un paese.