In tal modo, il legislatore ha frapposto un impedimento ex lege a pagare: si tratta del divieto di esecuzione della prestazione, fino a che l’evento richiesto dalla legge — la presentazione della denuncia di successione — non sia sopraggiunto. Tra l’altro la violazione del divieto è punita con la sanzione amministrativa, a carico della banca, dal 100 al 200% dell’imposta dovuta (art. 53 D.Lgs. n. 346 del 1990). Quindi le banche, in assenza di altri contitolari, chiudono il conto. Trasferiscono il saldo su un conto corrente transitorio e infruttifero fino a che gli eredi non producano la dichiarazione di successione dalla quale risulti la titolarità delle somme e risultino adempiuti gli obblighi fiscali. A causa di tale vincolo, la prestazione dovuta dalla banca di pagare le somme è resa inesigibile sino alla verificazione dell’evento contemplato dalla legge. In sostanza l’intermediario, adempiendo ad una norma fiscale, adegua il suo comportamento alla legge. La questione sollevata davanti i giudici della Cassazione attiene alla circostanza se, nel periodo intercorrente tra la morte del titolare del conto e la presentazione della dichiarazione di successione da parte degli eredi maturino interessi attivi a favore degli eredi stessi. Il tema non è di poco conto. Soprattutto se le somme cadute in successione sono di rilevante ammontare, come nel caso esaminato dai giudici (oltre 965 mila euro) e soprattutto se si considera che in molti casi i tempi per la presentazione della dichiarazione di successione possono superare l’anno (10 anni nel caso oggetto della sentenza).
In un rapporto ordinario di conto corrente durante tale intervallo di tempo sulle somme maturerebbero gli interessi attivi. Tuttavia, i giudici, chiamati a pronunciarsi sulla questione, hanno concluso che l’ordinamento sarebbe in contraddizione con sé medesimo ove, da un lato, imponesse alla banca di non pagare, e, dall’altro lato, sancisse il carico degli interessi. In particolare i giudici hanno reputato non provato tale obbligo in capo alla banca di corrispondere gli interessi, non essendo questi dovuti né in forza del contratto di deposito titoli in custodia e amministrazione, peraltro estinto con il venir meno della titolare; né in base al cosiddetto “conto di transito”, su cui la banca dopo l’apertura della successione ha accreditato il corrispettivo dei titoli inoptati e i dividendi maturati; né, infine, ha ritenuto raggiunta la prova di un distinto contratto di deposito delle somme ricavate dalla liquidazione dei titoli inoptati, che autorizzasse la banca ad utilizzarle nelle more.
Pertanto, nel periodo intercorrente tra la morte del titolare del conto e la presentazione della dichiarazione di successione non maturano automaticamente interessi attivi a favore degli eredi, salvo che tali interessi siano dovuti ad altro titolo. Un motivo in più per presentare quanto prima la dichiarazione di successione.