La risposta a interpello n. 81/2025 resa dall’Agenzia delle Entrate in un caso relativo a bonus monetari (Long term cash bonus plan) maturati in relazione a lavoro prestato all’estero in anni precedenti al trasferimento della residenza fiscale del dipendente in Italia, offre lo spunto per affrontare la tematica delle stock option maturate nei casi di mobilità internazionale e in particolare nel contesto della disciplina agevolativa dei cosiddetti lavoratori impatriati.
La posizione dell’amministrazione finanziaria appare criticabile, tuttavia apre a possibili richieste di rimborso
Cosa sono le stock option?
Le stock option sono strumenti incentivanti che danno al dipendente il diritto di acquistare, a un prezzo prefissato (strike price), generalmente inferiore a quello di mercato, un numero determinato di azioni della società datrice di lavoro, dopo un periodo di maturazione (vesting period).
Vi sono numerose varianti, dall’assegnazione diretta di azioni (stock grant) alla mera dazione del differenziale monetario tra strike price e valore di mercato al termine del vesting period (phantom stock option).
Come sono tassate in Italia le stock option?
Tali strumenti sono assimilati ai fringe benefit e i relativi redditi tassati ordinariamente ai fini Irpef secondo il “principio di cassa” come retribuzioni in natura.
La concessione dell’opzione non costituisce il presupposto impositivo (purché il diritto non sia autonomamente cedibile), che si verifica soltanto al momento di effettiva assegnazione delle azioni diretta (stock grant) o per effetto dell’esercizio dell’opzione (stock option) al termine del periodo di vesting. A tale data, infatti si determina il trasferimento di un valore in natura pari alla differenza tra il “valore normale” delle azioni ricevute e l’eventuale prezzo pagato dal dipendente, soggetto a tassazione ordinaria Irpef.
Per determinare il “valore normale” per i titoli quotati, si prende come riferimento la media aritmetica dei prezzi del mese precedente. Per i titoli non quotati, invece, il valore è calcolato in proporzione al patrimonio netto effettivo (perizia) della società o, nel caso di newco, all’ammontare dei conferimenti iniziali. Tale valore rappresenta anche il costo fiscalmente riconosciuto per il calcolo della plusvalenza in caso di successiva cessione (tassata al 26%).
Quali criticità emergono nei contesti di mobilità internazionale?
Tassazione delle stock option e doppia imposizione internazionale
In un contesto di crescente mobilità internazionale della forza lavoro, è frequente che i beneficiari di piani di stock option abbiano svolto nel corso del vesting period la propria attività lavorativa in stati diversi (work state) da quello di residenza all’atto di ottenimento delle azioni, potendosi determinare una potenziale doppia imposizione per il lavoratore.
In linea generale sono tassati in Italia i redditi di lavoro ovunque prodotti percepiti da soggetti residenti (worlwide principle), mentre i soggetti non residenti sono tassati in Italia soltanto in relazione al lavoro ivi prestato. Tale principio deve coordinarsi con le Convenzioni contro le doppie imposizioni sottoscritte dall’Italia che prevalgono rispetto al diritto interno.
Cosa prevede il modello Ocse su salari e stipendi
Il Modello Ocse, alla base di molte Convenzioni sottoscritte dall’Italia, prevede: “I salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto stato, a meno che tale attività non venga esercitata nell’altro stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato” (cfr. Art. 15).
Qui, è espresso il principio della tassazione esclusiva nello stato della residenza del lavoratore. Questo principio viene derogato nel caso in cui il lavoro è stato prestato all’estero, attribuendo potestà impositiva concorrente anche al work state e relativa eliminazione della doppia imposizione da parte dello stato di residenza (comunemente, come nel caso dell’Italia, tramite concessione di credito per le imposte estere).
In via esemplificativa:
- un soggetto residente dello stato A percepisce reddito derivante da un’attività dipendente svolta nello stato A; tale reddito è imponibile esclusivamente nello stato A);
- un soggetto residente dello stato A percepisce reddito derivante da un’attività dipendente svolta nello stato B; tale reddito è imponibile sia nello stato A che nello stato B come previsto dal secondo periodo del primo comma (ma lo stato A concederà un credito per le imposte assolte nello Stato B).
Le regole Ocse sulle stock option: cosa prevede il Commentario
Con specifico riferimento alle stock option, l’effetto è quello di attribuire anche al work state la potestà impositiva sulla parte del relativo valore ivi maturato nel periodo di vesting indipendentemente da quando le azioni sono attribuite al dipendente, senza derogare al principio della tassazione nello Sstato di residenza nell’anno di percezione (principio di cassa).
Sul punto, il Commentario all’art. 15 del Modello Ocse chiarisce che lo stato di residenza può esercitare potestà impositiva sull’intero importo del reddito percepito (cfr. par. 12.1 secondo cui si “consente allo stato della fonte di tassare la parte delle stock option che costituisce remunerazione derivante dall’impiego svolto in tale stato anche se l’imposta viene riscossa in un secondo momento quando il dipendente non è più impiegato in tale stato”), fatta salva l’attribuzione di un eventuale credito per le imposte assolte nel work state (cfr. successivo par. 12.14).
Quali sono le novità contenute nella Risposta 81/2025?
L’Agenzia delle Entrate ha analizzato il caso di un lavoratore che, avendo svolto parte dell’attività lavorativa prima nel Regno Unito (stato in cui risultava residente) e successivamente in Italia, ha incassato un premio da Long term cash bonus plan solo nel 2025, anno in cui era fiscalmente residente in Italia.
In contraddizione con l’approccio Ocse, con propri precedenti interpretativi (Ris. 92/2009; Circ. 17/2017, Risp. 78/2020, 316/2020 e 707/2021) e con la giurisprudenza (recenti Cass. 5524/2024, 10606/2025), l’Agenzia esprime il principio secondo cui “se durante il vesting period, il dipendente ha svolto l’attività di lavoro in un Paese estero, risultando fiscalmente residente in tale Stato, il relativo reddito deve essere tassato solo in detto Paese, indipendentemente dal successivo trasferimento della residenza in Italia”, riconoscendo altresì il diritto al rimborso per le maggiori imposte versate in Italia (ritenute) dal datore di lavoro in relazione a periodi d’imposta in cui il lavoratore non era residente e aveva prestato lavoro all’estero.
Una posizione controversa: i rischi di disallineamento interpretativo
Tale interpretazione, altamente criticabile in quanto appare contravvenire ai principi base che regolano le modalità di tassazione dei redditi di lavoro dipendente (cioè il principio di cassa e quello della residenza), sembrerebbe rifarsi a quella espressa con riferimento al Tfr in fattispecie speculari (Tfr maturato in Italia da non residente, cfr. risposta 341/2008 e 343/2020) e riscontrabile in alcune convenzioni specifiche (Us, Cile, sempre per Tfr e similari).
Se questa interpretazione venisse confermata potrebbe comportare un vantaggio concreto per il contribuente soltanto nei casi in cui la tassazione italiana fosse più elevata di quella estera. Nei casi opposti o di equivalenza dei livelli impositivi, infatti, nella sostanza non si genererebbero maggiori entrate.
Quali sono le implicazioni per i lavoratori impatriati e per i neo-residenti?
I lavoratori che hanno trasferito la propria residenza fiscale in Italia applicando il regime di parziale detassazione (fino al 90% per trasferimenti avvenuti fino al 2023, del 50% e con il limite annuo agevolabile di € 600.000) dei redditi di lavoro prodotti in Italia (regime degli impatriati), non dovrebbero avere implicazioni diverse dagli altri lavoratori.
Infatti tenuto conto che l’agevolazione fiscale per gli impatriati è applicabile anche ai redditi derivanti dall’esercizio di stock option (purché sussistano le condizioni), essa è applicabile esclusivamente alle attività lavorative esercitate sul territorio dello Stato.
Conseguentemente, non fruiscono del beneficio fiscale in esame i redditi derivanti dalle attività prestate all’estero, anche se percepiti nel periodo d’imposta in cui il soggetto è fiscalmente residente in Italia. Quindi, qualora il lavoratore impatriato sia stato residente all’estero per una parte del vesting period, ricevendo poi le azioni derivanti dal piano di stock option dopo il trasferimento della residenza in Italia, il beneficio fiscale per i lavoratori impatriati si applicherà solo sulla la parte riferibile all’attività lavorativa prestata in Italia.
Regime forfettario e flat tax: come si coordinano con le stock option?
Diversamente, i neo-residenti che hanno optato per la tassazione sostitutiva forfettaria (cosiddetta flat tax attualmente € 200.000 annui), applicabile esclusivamente sui redditi prodotti all’estero, se percepiscono un reddito da stock option (qualificandosi, appunto, come residenti al momento di esercizio dell’opzione), saranno assoggettati a imposizione in Italia (Irpef ordinaria) su tale reddito solo per la parte riferibile all’attività lavorativa svolta in Italia mentre per la parte relativa alla prestazione svolta all’estero rientrerà nella flat tax (cfr. Circolare 17/2017e risposta 78/2020).
Considerazioni conclusive: quali azioni porre in essere?
La criticabile posizione interpretativa dell’Agenzia delle Entrate con la risposta 81/2025 pone sicuramente incertezze sulle modalità di tassazione dei bonus in qualsiasi forma pagati (sia in denaro che in natura tramite assegnazioni di azioni) a lavoratori che hanno maturato il diritto a percepirli in periodi d’imposta precedenti in cui non erano residenti e prestavano il lavoro all’estero.
Per tali contribuenti (compresi gli impatriati che beneficiano del regime di detassazione agevolato) si potrebbe addirittura aprire la possibilità di ottenere il rimborso delle maggiori imposte italiane se hanno lavorato all’estero in alcuni dei periodi di vesting e hanno esercitato l’opzione di acquisto in un periodo d’imposta successivo al trasferimento della residenza fiscale in Italia. L’eventuale ammontare spettante dovrà comunque tenere conto dell’eventuale credito per le imposte estere utilizzato tramite dichiarazione dei redditi.
(Articolo scritto in collaborazione con Michela Filippini, Di Tanno Associati)
Domande frequenti su Stock option e bonus esteri: novità fiscali per i lavoratori impatriati
L'articolo analizza la tassazione delle stock option e dei bonus maturati all'estero, con un focus particolare sulla disciplina fiscale applicabile ai lavoratori impatriati che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia.
La risposta a interpello n. 81/2025 dell'Agenzia delle Entrate, relativa a bonus monetari maturati all'estero prima del trasferimento della residenza fiscale in Italia, ha fornito lo spunto per affrontare la tematica.
L'articolo esamina come le stock option maturate durante periodi di lavoro all'estero vengono tassate quando il lavoratore diventa fiscalmente residente in Italia, beneficiando potenzialmente di regimi agevolativi per impatriati.
L'articolo fa riferimento al modello OCSE su salari e stipendi e al Commentario OCSE, per analizzare le regole internazionali applicabili alla tassazione delle stock option, specialmente in contesti di doppia imposizione.
L'articolo menziona il regime forfettario e la flat tax, esaminando come questi regimi si coordinano con la tassazione delle stock option per i lavoratori che rientrano in Italia.