Secondo l’ultimo Social innovation monitor del Politecnico di Torino, in Italia si contano più di 200 incubatori e acceleratori. La maggior parte hanno sede nel Nord Italia, in aree a forte trazione industriale
Gli acceleratori accompagnano le startup per un periodo limitato di tempo, generalmente tra i tre e i sei mesi (in alcuni casi si arriva anche a 12); gli incubatori per un periodo più lungo, tra uno e cinque anni
Cos’è un acceleratore?
Un acceleratore è una rete sociale di supporto agli imprenditori che si attiva per un periodo determinato di tempo, con un meccanismo di selezione estremamente competitivo e con interventi molto personalizzati. Si rivolge solitamente a startup che hanno già avuto successo nella iniziale raccolta fondi e che, attraverso l’esposizione a un insieme di mentor, coach, docenti, grandi imprese e altre startup, intendono accelerare il proprio processo di crescita. Un meccanismo, spiega Conicella, per rendere dunque “più veloce la loro maturità”. Con una forte attenzione, al momento della selezione, alla traction sul mercato, vale a dire alla capacità di dimostrare “non solo di possedere un potenziale mercato ma anche di aver iniziato a vendere il prodotto o servizio o di essere in grado di comprovare l’appealing di quel prodotto o servizio”.
Cos’è un incubatore?
Gli incubatori invece sono “dei luoghi al cui interno vengono fuse competenze sull’avvio delle startup e spazi in cui esse possano insediarsi”, racconta l’esperto. “Ci sono pochissimi incubatori settoriali, la maggior parte sono generalisti e offrono un tipo di supporto generalistico”, aggiunge. Al centro di reti di relazioni con investitori, università o centri di ricerca, hanno solitamente strutture giuridiche che vedono la compartecipazione proprio del centro di ricerca o dell’università che li ospita. Inoltre, non operano solitamente per “cicli di startup ma come una sorta di sportello sempre aperto”. Una condizione che giustifica un processo di selezione meno stringente, rispetto a quello di un acceleratore.
In cosa si differenziano?
Uno degli elementi che distingue gli acceleratori dagli incubatori è che spesso i primi vantano il coinvolgimento di grandi imprese. “Questo perché si tratta di fantastici strumenti per entrare in contatto con tecnologie e startup di potenziale interesse da acquistare o a cui attingere per complementare le proprie linee di prodotti e servizi”, osserva Conicella. Inoltre, mentre gli acceleratori accompagnano le startup per un periodo limitato di tempo, generalmente tra i tre e i sei mesi (in alcuni casi si arriva anche a 12 mesi), gli incubatori le supportano per un periodo più lungo, tra uno e cinque anni. Nel primo caso, si parla poi solitamente di un modello di business focalizzato sull’investimento nella startup, mentre nel secondo la dimensione fisica (quella della messa a disposizione dei locali) diventa spesso il nucleo del contratto stipulato con la neo azienda.
Alternativi o complementari?
In definitiva, secondo l’esperto, si tratta di due soggetti complementari che rispondono a esigenze differenti. La prima, quella degli incubatori, è avere un luogo in cui strutturare il soggetto giuridico, creare il team e iniziare a scontrarsi e risolvere “quei problemi tipici della quotidianità delle imprese”. La seconda, per gli acceleratori, è identificare le startup con le maggiori probabilità di crescita, esporle a una rete sociale estremamente specializzata di mentor-coach, partner, investitori e, in alcuni casi, investire direttamente al loro interno.
Quanti sono in Italia?
Secondo l’ultimo Social innovation monitor del Politecnico di Torino, in Italia si contano oggi più di 200 incubatori e acceleratori. In forte crescita negli ultimi anni. Un trend da un lato positivo, conclude Conicella, perché “dimostra la crescente importanza del settore”, dall’altro negativo, perché “aumenta la frammentazione e rende più difficile identificare soggetti trainanti”. La maggior parte ha sede nel Nord Italia (nelle aree ad alta trazione industriale), ma non mancano nelle aree universitarie del Sud Italia, come Catania, Napoli e Bari. Tra gli incubatori, si ricordano I3P del Politecnico di Torino, Almacube dell’Università di Bologna, Bio4Dreams nel campo delle scienze della vita e ComoNExT. Tra gli acceleratori, invece, Open Accelerator del Gruppo Zambon, Sellalab del Gruppo Sella e Nana Bianca.