La startup familiare con l’anima da big corp
Un’azienda giovane, che ha solo dieci anni di vita e che però, sin dal principio si è strutturata come fosse una big corp quotata. L’azienda ha pubblicato da sempre il bilancio consolidato su base volontaria e ha scelto di farsi certificare da PwC: “questo ci ha reso trasparenti e più bancabili. E ci ha portato a fine 2019 ad aprire il capitale al fondo di private equity italo-russo MirCapital, che oggi ha il 40% del capitale. Raramente una small cap come la nostra riesce ad avere le competenze, la credibilità e la trasparenza per condurre e chiudere operazioni simili”. Oggi, il restante 60% fa capo alla holding di famiglia, Gesa, di cu fa parte Vincenzo insieme a sua sorella e ai loro genitori. “La gestione è affidata a un Cda a tre dove siamo presenti noi e un rappresentante del fondo. L’azienda è gestita a livello operativo con un Comitato di direzione composto da tre membri della famiglia e tre manager, ovvero il direttore generale, il cfo e direttore delle operation”. E se il tema del passaggio generazionale non è stato ancora affrontato – comprensibilmente, Ferrieri ha 36 anni ed è praticamente all’inizio della sua storia professionale – l’abitudine ad assumere manager esterni da sempre pone di per sé la società in cassaforte sul fronte della continuità.
Da sempre la gestione ha previsto manager esterni
“Abbiamo sempre avuto una prima linea di manager molto solida – dice Ferrieri – oggi il direttore generale è Marco Valle, l’ex ad di Lavazza Coffee Shop, il Cfo viene da una banca d’affari, il direttore delle operation ha un trascorso di 20 anni in McDonald’s”. Ferrieri d’altronde lo sostiene da sempre: “il successo di un’azienda dipende per il 3% dall’idea e per il resto dalla sua realizzazione, che la fa la squadra”.
Una ricetta vincente: Cioccolatitaliani nasce nel 2010 e oggi conta 28 punti vendita diretti e 12 in franchising in Italia oltre ai circa 20 all’estero, ma mira comunque ad arrivare a 120 in un triennio, secondo quanto previsto dal piano industriale. Non solo: il modello degli store del cioccolato è replicabile su altri prodotti ed è stato già in effetti replicato, dalla pizza agli hamburger. Insomma, parliamo di una vera e propria Starbucks del cioccolato in transizione verso un modello che è quello di Yum! Brands, la holding multibrand che controlla KFC, Pizza Hut e Taco Bell. Un progetto ambizioso che forse non a caso prende luce a Milano, città fertile di innovazioni dirompenti e di imprese capaci da sempre di cambiare il mondo.
La storia: dalla pasticceria napoletana alla catena del food replicabile
Ferrieri a Milano ci arriva per studiare alla Bocconi: napoletano doc, figlio di pasticceri, si specializza in finanza e trova facilmente un lavoro da contabile. È suo papà a proporgli di aprire una pasticceria a Milano, vendendo quella che ha a Napoli. Un solo negozio però a Vincenzo sembra poca roba: vuole mettere in pratica ciò che ha imparato nei suoi studi e pensa in grande. Il Duomo, simbolo di Milano, diventa il primo mattone di una catena di food retail. “Il Duomo di Milano è crocevia del mondo intero ed è stato un test importante: il food retail era all’inizio del suo sviluppo, oggi Milano ne è la capitale”.
Prima di mettere in piedi il negozio Ferrieri aveva trascorso un intero anno a studiare, girando il mondo a caccia di idee. “Alla fine abbiamo scelto di puntare sul cioccolato. Che è l’ingrediente chiave di tutti i prodotti offerti negli store di Cioccolatitaliani, dal gelato artigianale al caffè, dai coni alle brioche, alla pasticceria”.
Il modello di Cioccolatitaliani è completamente replicabile, una sorta di standard del food retail all’italiana. Così nel 2017 il gruppo ha diversificato acquisendo Pie, Pizzeria Italiana Espressa, una catena della pizza fast food dove il cliente sceglie ogni ingrediente, dall’impasto alla farcitura. La gamma inoltre è stata arricchita nel mese di giugno da BunBurgers, piccola catena di cinque hamburgerie italiane, che usano pane casareccio e ingredienti a Km 0.
Multibrand e internazionalizzazione
Insieme al multibrand, che Ferrieri intende proseguire anche attraverso l’M&A, l’imprenditore ha internazionalizzato il business aprendo negozi nei principali mercati del Medio Oriente (Kuwait, Qatar, Bahrein, Arabia Saudita ). E ora guarda anche più lontano verso la Cina e gli Stati Uniti, dove vuole replicare il modello stand alone portato in Medio Oriente.
Se la ricetta di un business di successo è la squadra, quella per proteggere il patrimonio familiare qual è? “Il nostro patrimonio è interamente in azienda – risponde il ceo – quindi la ricetta è gestire l’azienda nel modo più virtuoso possibile perché sopravviva nel lungo termine”.
L’obiettivo oggi è continuare a crescere, per linee interne ed esterne. “Vogliamo acquisire nuove aziende con uno schema simile a quello che ci ha portato a inglobare BunBurgers”. E i numeri per guidare questo sviluppo ci sono tutti: il gruppo ha dimostrato, durante la pandemia, di essere anche molto resiliente. Per dimensione e settore rientra infatti nella categoria delle aziende più penalizzare dai lockdown. Eppure, nonostante un 2020 caratterizzato da 200 giorni di chiusura e un fatturato dimezzato a 8 milioni di euro da 18 milioni del 2019, con ebitda di 2,5 milioni, è andata avanti aprendo 12 nuovi punti vendita in tutto il mondo, in Italia a Firenze, Roma, Brescia e in Arabia Saudita, Marocco, Kosovo. E mira a chiudere il 2021 su livelli superiori all’ultimo anno pre-Covid.
La crisi? Trasformata in opportunità
“Abbiamo trasformato la crisi in un’occasione di riflessione. Per evolvere i negozi, adeguandoli ai cambiamenti del mercato e alla predominanza che il delivery stava assumendo e crediamo continuerà ad assumere nel futuro”, dice Ferrieri. “Sarà interessante vedere ora cosa accadrà ma mano che si esce dal tunnel: intanto stiamo rivedendo in ogni caso le strategie di sviluppo nelle zone a elevata densità di uffici, in base alla quota di smart working che tenderà a diventare strutturale. Ma anche il layout dei negozi fisici in base alla crescita del digitale. Se gli ordini online diventano il 30% del fatturato dal 5% pre pandemia, come crediamo, sarà necessario uno spazio all’interno del negozio per lo stazionamento dei rider. Noi abbiamo adeguato gli store vecchi e progettato quelli nuovi dotandoli di uscite secondarie, per esempio. E guardiamo avanti”. Senza dimenticare chi resta indietro. Nei giorni più duri della pandemia, i punti vendita, vale la pena ricordarlo, è stato proprio Ferrieri a riunire su WhatsApp un gruppo di imprenditori, per agire tempestivamente a sostegno di chi combatteva contro il virus e di chi era in difficoltà. Con azioni di charity che non sono una novità per l’imprenditore – e che si estendono anche alla sua amata Napoli – ma che, come per ogni imprenditore galantuomo, vanno fatte in silenzio.
(Articolo pubblicato sul Magazine We Wealth di settembre 2021)