La quota di incarichi di amministrazione in capo a soggetti con competenze “green” risulta pari al 14,6%. Una percentuale che sale al 21,5% tra le donne
Calvosa: “Alla bassa frequenza di board member con competenze di sostenibilità potrà sopperire proprio la presenza di donne nei board”
La transizione ecologica e digitale delle società quotate italiane rende necessario quello che Lucia Calvosa, presidente del Comitato italiano per la corporate governance intervenuta in occasione di un convegno sulla Corporate governance organizzato da Consob, un “ripensamento delle regole di governance tradizionali”. Che vede nei board al femminile la sua naturale evoluzione.
“Con riguardo alla sostenibilità, gli atti eurocomunitari che si sono succeduti in questi ultimi anni hanno fatto leva su due tecniche: alcuni si sono rivolti agli investitori istituzionali affinché attraverso la loro attività di stewardship potessero spingere le società quotate ad adottare strategie virtuose sulla tutela delle tematiche ambientali e sociali; altri, più moderni e consapevoli dei limiti di questa tecnica, hanno fatto ricorso ai doveri sociali in capo agli amministratori”, racconta Calvosa. “Doveri di diligenza e monitoraggio del rispetto dei diritti umani, dell’ambiente e della buona governance, con un’attenzione anche verso la mitigazione del prodursi di impatti negativi attuali e potenziali con l’elaborazione di un Action plan che tenga conto di questi profili, previa consultazione degli stakeholder e delle organizzazioni della società civile”.
Si è assistito infatti, secondo l’esperta, al passaggio da una sostenibilità di tipo volontaristico a una necessità di tutela degli stessi stakeholder attraverso obblighi specifici in capo agli amministratori. “Il plenum consiliare non deve infatti limitarsi a ponderare nel modo migliore come raggiungere l’interesse sociale alla stregua della stella polare del successo sostenibile ma anche contemperare gli interessi che vengono in considerazione da parte di soggetti in qualche modo impattati dalle decisioni gestorie del board”, precisa Calvosa. Su questo, aggiunge, può incidere (positivamente) anche la composizione del Consiglio di amministrazione.
Secondo la decima edizione del Report on corporate governance of italian listed companies della Consob, la quota di incarichi di amministrazione in capo a soggetti con competenze “green” risulta pari al 14,6%. Una percentuale che sale al 21,5% tra le donne (a fronte del 10,2% degli uomini). Alla bassa frequenza di board member con competenze di sostenibilità, secondo Calvosa, potrà dunque “sopperire la presenza di donne nei board che, secondo studi americane, sono più sustainability-friendly e propense a dare rilevanza ai fattori Esg (Environmental, social, governance)”.
Ma per fare un vero e proprio salto verso la sostenibilità, per l’esperta, si rende necessario anche un vero e proprio ripensamento degli schemi tradizionali. “C’è da chiedersi se siano idonei gli strumenti del cambiamento dello scopo del contratto di società (io non ritengo sia necessario) o se sia sufficiente la previsione di doveri fiduciari in capo agli amministratori magari stabilendo anche il novero degli interessi che devono essere perseguiti. O ancora se sia preferibile ricercare forme istituzionali di partecipazione attiva degli stakeholder ai processi formativi delle decisioni. Naturalmente rimane la difficoltà di individuazione di quali siano gli stakeholder i cui poteri all’interno dell’organizzazione societaria siano da tenere in considerazione. Tuttavia, devo dire che il coinvolgimento degli stakeholder nei processi decisionali sta diventando sempre più forte”. In altre parole, aggiunge, gli stakeholder cesserebbero di essere i beneficiari di un’azione decisa da altri sulla sostenibilità e diventerebbero attori di un riorientamento dell’azione sociale verso i fattori Esg.
L’intelligenza artificiale, continua Calvosa, può a sua volta agevolare questo dialogo continuo con gli stakeholder. Ma l’utilizzo delle tecnologie troverà una sua utilità anche nel sistema di controllo interno e dei rischi del board, determinando un rilievo crescente delle competenze informatiche e di data science. Stando sempre al rapporto Consob, oggi il 16% degli amministratori (indipendentemente dal genere) possiede questa tipologia di skill digitali. Motivo per cui, conclude l’esperta, si rende ancora una volta necessario “il ripensamento di tutti gli schemi tradizionali”. Con una visione verso il futuro.