Circa il 20% delle pmi ha già avviato o sta per avviare una strategia di digitalizzazione. Il 62% ha adottato almeno una tecnologia digitale, tra cloud computing (43%), infrastrutture ad alta velocità (32%) e smart device (21%)
Quanto alle strategie green, a mettere in campo almeno un’azione è quasi il 34% delle piccole e medie imprese. Si va dal riciclo e riuso di materiali (61%) alla riduzione dell’utilizzo delle risorse naturali (52%)
Corrocher: “Un’analisi preliminare dell’impatto delle strategie di digitalizzazione e sostenibilità sulla performance e sull’attività innovativa delle pmi rivela che l’adozione delle due strategie ha un effetto positivo sia sul fatturato sia sull’innovazione”
Digitale e sostenibilità: a che punto siamo
Una recente indagine della Commissione europea che ha coinvolto oltre 16mila piccole e medie imprese in Ue e in altri 12 paesi e territori extra Ue rivela che circa il 20% ha già avviato o sta per avviare una strategia di digitalizzazione. Il 62% ha adottato almeno una delle tecnologie digitali, tra cloud computing (43%), infrastrutture ad alta velocità (32%) e smart device (21%). Quando poi si guarda alle tecnologie più innovative, queste percentuali scivolano al 10% per i big data analytics, al 5% per la robotica e al 3% per la blockchain, ma risultano più consistenti nel caso di startup nate dopo il 2015 e pmi che hanno messo a segno un incremento del fatturato o dei dipendenti di almeno il 30%.
Le opportunità per le piccole e medie imprese
“Un’analisi preliminare dell’impatto delle strategie di digitalizzazione e sostenibilità sulla performance e sull’attività innovativa delle pmi rivela che l’adozione delle due strategie ha un effetto positivo sia sul fatturato sia sull’innovazione”, spiega Corrocher, citando un’analisi condotta nel 2022 insieme a Maria Luisa Mancusi (professore ordinario di politica economica dell’Università Cattolica) dal titolo The complementarity between digitalization and sustainability strategies in European SMEs.
“In primo luogo, le tecnologie digitali consentono alle imprese di accedere ai dati dei clienti, aumentando così la personalizzazione, migliorando la qualità dei prodotti e servizi esistenti e sviluppandone di nuovi”, spiega. Parallelamente, aggiunge, le aziende digitalmente avanzate sono capaci di attrarre e trattenere una forza lavoro “di maggiore qualità” oltre a implementare processi produttivi “più efficienti” con un impatto positivo su produttività e fatturato. Infine, conclude, l’orientamento ambientale “favorisce il vantaggio competitivo e in particolare lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi e nuovi processi produttivi, promuovendo così la crescita delle imprese”.
L’impatto ambientale delle tecnologie digitali
Un aspetto da non sottovalutare, aggiunge però Corrocher, è l’impatto ambientale delle tecnologie digitali. “Computer, data center e dispositivi elettronici consumano una quantità crescente di elettricità che, se non generata da fonti rinnovabili, emette gas serra”, racconta. Solo il contributo del settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in termini di emissioni risultava pari all’1,6% nel 2007, al 3-3,6% nel 2020 e si stima toccherà l’8,5% nel 2025. “Inoltre, la crescente connettività dei dispositivi e la condivisione simultanea di dati richiede un consumo continuo di elettricità”, evidenzia l’esperta. Senza dimenticare le emissioni derivanti dalla produzione di dispositivi digitali, che comporta l’estrazione di minerali rari e un consistente consumo di acqua e combustibili fossili.