Il socio a differenza, per esempio, dell’erede che, in morte della persona fisica, ha accettato l’eredità intra vires, con beneficio d’inventario, non è, in quanto tale, un successore universale della società
Quella di socio, infatti, è una qualifica che non implica necessariamente una successione nei rapporti debitori della società
Il socio subentra nei debiti della società estinta?
Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione, Cass. 9.5.2023 n. 12328, ha affermato il principio secondo cui il socio che agisce in giudizio per contestare la sussistenza di un rapporto obbligatorio in capo a una società di capitali estinta (per contestare la soggezione ai debiti di questa società), deve dimostrare di aver ricevuto, in sede di liquidazione della società, beni con riferimento ai quali potrebbe essere chiamato a rispondere.
Non è infatti sufficiente, affinché il socio agisca in giudizio per far valere le sue ragioni, la mera qualifica di socio della società estinta. Quella di socio, infatti, è una qualifica che non implica necessariamente una successione nei rapporti debitori della società stessa.
Il socio diventa successore della società qualora egli abbia riscosso la quota in base al bilancio finale di liquidazione. Solo in tal caso, cioè, può ammettersi, in senso generale e lato, che il socio succeda, seppure intra vires, nei rapporti giuridici facenti capo alla società.
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L’ex socio e i rapporti con la società estinta
Più in particolare, in caso di estinzione della società, di capitali o di persone, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, si verifica un fenomeno di tipo successorio per il quale l’obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci che ne rispondono nei limiti di quanto riscosso con la liquidazione.
Il socio, tuttavia, a differenza, dell’erede che non è, in quanto tale, un successore universale della società, ma lo diventa nella specifica ipotesi disciplinata dalla legge, in cui egli abbia riscosso la quota in base al bilancio finale di liquidazione.
Solo in tal caso, osservano i giudici, può ammettersi, in senso generale e lato, che il socio succeda, seppure intra vires, nei rapporti giuridici (anche debitori) facenti capo alla società.
Come chiarito da precedente giurisprudenza (Cass. 7676/2012), l’effetto estintivo, producendosi anche in presenza di debiti insoddisfatti o di rapporti non definiti, determina l’insorgenza, da un lato, di una conseguente comunione fra i soci in ordine ai beni residuati dalla liquidazione (essendo legittima la cancellazione anche se il residuo attivo non è stato ancora ripartito), o sopravvenuti alla cancellazione; e, dall’altro, di una successione dei soci medesimi ai fini dell’esercizio, “nei limiti e alle condizioni stabilite”, delle azioni dei creditori insoddisfatti.