Una riduzione fino al 70% del gas russo potrebbe essere gestita nel breve termine accedendo a forniture e fonti energetiche alternative e data la riduzione della domanda dovuta ai prezzi precedentemente elevati”, ha affermato il Fmi. Lo scenario cambia, però, qualora la Russia dovesse optare per il blocco totale
L’Italia sarebbe in una posizione particolarmente vulnerabile per via “della sua elevata dipendenza dal gas per la produzione di elettricità”
L’eventuale taglio completo delle forniture di gas russo vedrebbe il Pil italiano fra i più colpiti in Europa, dopo quelli di Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca. E’ quanto viene calcolato in un nuovo working paper realizzato dal Fondo Monetario Internazionale nel quale vengono simulati due distinti scenari, uno più severo e un altro più gestibile. Nella migliore delle ipotesi, il Pil italiano avrebbe un danno pari a poco più di mezzo punto, ma in quella peggiore il freno sul prodotto interno lordo averebbe un controvalore di oltre 5 punti e mezzo. Lo Stivale sarebbe in una posizione particolarmente vulnerabile, anche a confronto con altri Paesi che importano percentuali di gas russo analoghe per via “della sua elevata dipendenza dal gas per la produzione di elettricità” – non solo per i riscaldamenti. Dopo l’Italia, ma in una posizione meno grave per via del maggior numero di alternative di approvvigionamento energetico c’è la Germania, che potrebbe vedere un contraccolpo sulla crescita fino a quasi 3 punti di Pil.
Nello scenario più favorevole, quello di “mercato integrato” si presuppone che il gas possa arrivare dove è necessario e che i prezzi si adeguino); in quello del mercato frammentato, si immaginano le conseguenze quanto il gas non può arrivare dove serve, indipendentemente dall’aumento dei prezzi. Si tratta di stime “complicate dal fatto che il colpo all’economia europea sta già avvenendo”, hanno ammesso gli autori del blog post Fmi che sintetizza i risultati delle ultime ricerche. Nella prima metà di 2022, a livello Ue, si calcola un impatto negativo, dovuto ai tagli del gas russo, pari allo 0,2% del Pil.
Ue, il taglio totale del gas russo può ancora fare male
“Le infrastrutture europee e l’offerta globale hanno finora fatto fronte a un calo del 60% delle forniture di gas russo dal giugno 2021”, hanno ricordato gli economisti del Fmi, “il nostro lavoro suggerisce che una riduzione fino al 70% del gas russo potrebbe essere gestita nel breve termine accedendo a forniture e fonti energetiche alternative e data la riduzione della domanda dovuta ai prezzi precedentemente elevati”. Lo scenario cambia, però, qualora la Russia dovesse optare per il blocco totale. In questo caso i “colli di bottiglia potrebbero ridurre la capacità di reindirizzare il gas in Europa a causa dell’insufficiente capacità di importazione o dei vincoli di trasmissione”, hanno aggiunto gli autori, “questi fattori potrebbero portare a carenze dal 15 al 40% del consumo annuale in alcuni Paesi dell’Europa centrale e orientale”. Nei casi più gravi l’impatto sulla crescita potrebbe essere pari quasi a 6 punti di Pil e, nel solo caso dell’Ungheria, superarli.
Nel momento in cui scriviamo, 21 luglio, è da poco giunta la notizia che il flusso di gas da Nord Stream 1 ha ricominciato a fluire verso la Germania, al termine del periodo di manutenzione programmata – allontanando per il momento lo scenario del taglio totale.
Gas, come prepararsi allo scenario peggiore
Gli autori del Fmi ritengono che incoraggiare famiglie e imprese a risparmiare energia, come già avviene in Italia, sia un segnale nella giusta direzione, ma “rimane un divario fra aspettative e realtà”. Per quanto possa suonare impopolare, gli economisti del Fmi auspicano che i governi lascino aumentare i prezzi energetici a carico dei consumatori, evitando di calmierare i prezzi a livello generalizzato, salvo poi intervenire a sostegno dei redditi più bassi. Questo modo di procedere incentiverebbe in modo molto più drastico verso un maggiore risparmio. “Una ricerca del Fmi di prossima pubblicazione mostra che molti Paesi hanno scelto politiche che limitano fortemente il trasferimento dei prezzi all’ingrosso ai consumatori”, hanno scritto gli autori, “un’alternativa migliore sarebbe quella di consentire un maggiore trasferimento dei prezzi per incentivare la conservazione, offrendo al contempo una compensazione mirata alle famiglie che non possono permettersi prezzi più alti”.
Fra gli altri interventi che i governi dovrebbero mettere in campo per superare la possibile crisi energetica del prossimo inverno vi sono, oltre alla ricerca di fonti di approvvigionamento alternative c’è anche la pianificazione della condivisione delle forniture in caso di emergenza in tutta l’Ue e “preparare programmi intelligenti di razionamento del gas”.