Gli investitori potrebbero avere più strumenti a disposizione per comprendere se e quanto i costi che pagano su fondi di investimento e polizze siano eccessivi rispetto alle alternative disponibili.
Un passo importante in questa direzione è stato compiuto dalla Commissione per gli affari economici del Parlamento europeo, che il 20 marzo scorso ha votato le modifiche alle norme che regolano il Kid, il documento-chiave che consente agli investitori di consultare le caratteristiche dei prodotti di investimento.
Nella versione aggiornata del testo, è previsto che le autorità di vigilanza competenti sviluppino un comparatore online il cui obiettivo sarà agevolare il confronto tra diversi fondi e polizze riguardo a performance, livello di rischio, periodo di detenzione consigliato, costi e commissioni.
Utilizzando un aggregatore di informazioni indipendente di questo tipo, il risparmiatore potrebbe capire più facilmente se il fondo in suo possesso, o quello che il consulente gli ha appena presentato, sia efficiente o meno. Ad esempio, potrebbe verificare se ha ottenuto performance migliori rispetto alle alternative disponibili, se esistono prodotti più performanti e/o meno costosi.
La misura rientra nelle novità legislative proposte dalla Commissione europea lo scorso maggio con la Retail Investment Strategy, il cui iter legislativo (con le varie direttive coinvolte) è ancora in corso: è pertanto ancora suscettibile a future modifiche.
Una trasparenza obbligatoria
Per le società di investimento e i distributori, l’esistenza di questo strumento di confronto non potrà essere nascosta al cliente. Infatti, il testo prevede che “il link al comparatore online indipendente, una volta disponibile, debba essere aggiunto al documento informativo chiave (Kid)”. Inoltre, “le società di gestione, le società di investimento e gli intermediari assicurativi devono promuovere l’uso dello strumento di confronto online sui loro siti web, incluso nel materiale di marketing rilevante“.
Finora, le possibilità di confronto tra prodotti finanziari non sono state molto comode per gli investitori, che per controllare informazioni di questo tipo dovrebbero prendere confidenza con piattaforme pensate per i professionisti, come quella di Morningstar. Nella pratica, anche se gli attuali Kid informano gli investitori su quanto pagano in percentuale e con esempi tradotti in euro, non è semplice riconoscere se il prezzo sia relativamente in linea con la “concorrenza”.
Queste modifiche al Kid sono state compattamente respinte, con voti contrari o astensioni, dai componenti italiani della Commissione parlamentare: si sono opposti i leghisti dal passato anti-euro Antonio Maria Rinaldi e Marco Zanni, così come gli altri esponenti del Carroccio Alessandra Basso, Valentino Grant, Paola Ghidoni. Astenuto, invece, l’esponente di FdI, Denis Nesci. Unica eccezione fra gli italiani è il voto a favore di Massimo Castaldo (ex M5s, ora Azione).
Rapporto qualità-prezzo dei fondi, testo ammorbidito
Che per il gruppo leghista il punto indigesto fosse la comparabilità dei costi lo dimostrano vari emendamenti proposti nei mesi scorsi da Zanni, Grant e Rinaldi, con i quali si era cercato di menomare la proposta della Commissione dei vari elementi in grado di potenziare la consapevolezza sul rapporto qualità-prezzo (“value for money”) dei prodotti di investimento. L’intento è in parte riuscito, visto che in un’altra votazione collegata alle modifiche legislative previste dalla Commissione Ue, è stata eliminata un’ambiziosa proposta che avrebbe precluso la distribuzione al dettaglio dei prodotti finanziari nettamente più costosi della media di riferimento (elaborata dalle autorità Esma ed Eiopa): ossia quelli che “offrono uno scarso “value for money”.
Nella versione riveduta in sede parlamentare, invece, i benchmark, o parametri di riferimento, “saranno usati come strumento di vigilanza” per valutare i benefici dei prodotti e identificare “potenziali valori anomali nel mercato”. Secondo la relatrice del testo emendato, Stéphanie Yon Courtin, “la proposta della Commissione europea sul value for money” avrebbe potuto comportare “una ridotta diversità di prodotti e a sopprimere l’innovazione“. In altre parole, non si è ritenuto di dover sterilizzare l’offerta di prodotti alla clientela all’origine, sulla base di valutazioni basate sul rapporto qualità-prezzo.
Rimosso il potenziale stop futuro alle retrocessioni
Non si tratta dell’unica novità che ha ridotto la combattività della Retail investment strategy della Commissione Ue, in merito ai conflitti d’interesse nella distribuzione dei prodotti. La possibilità di riportare sul tavolo il divieto alle retrocessioni sulla consulenza finanziaria (cosa sono), se dopo tre anni non fosse stata “assicurata una migliore protezione degli investitori al dettaglio”, è sparita dal nuovo testo. Da un lato, i tempi per valutare i frutti della Retail investment strategy sono stati allungati da tre a cinque anni. Dall’altro, si parla di un esame “basato sui potenziali conflitti di interesse associati alle retrocessioni”, che rimuove tuttavia l’ipotesi che si vada “per gradi” verso l’abolizione di questi incentivi. Il nuovo obiettivo cui tendere è “introdurre regole che inquadrino meglio l’attuale ambiente della consulenza, assicurando che gli intermediari finanziari forniscano raccomandazioni più trasparenti, comprensibili e personalizzate ai consumatori”.
Se per il testo originario della Commissione “le restrizioni e la trasparenza sui pagamenti di incentivi non hanno dimostrato di essere sufficientemente efficaci nel mitigare i danni ai consumatori”, la relatrice Yon-Courtin ha respinto l’ipotesi che questo problema possa essere risolto con un progressivo divieto delle retrocessioni, affermando che “i conflitti di interesse possono essere risolti incrementando la trasparenza”.
I nuovi strumenti che consentiranno ai risparmiatori di confrontare i costi dei fondi di investimento partendo da un link sul Kid dovrebbero facilitare la ricerca di eventuali alternative presso la concorrenza. In ogni caso, l’iter legislativo non è concluso e dovrà ancora passare dai negoziati fra Parlamento e Consiglio, un processo che sicuramente verrà concluso dall’assemblea rinnovata dalle elezioni europee del prossimo giugno.