Nel novero dei lavoratori impatriati ricadono diverse categorie di beneficiari, caratterizzate da specifici requisiti soggettivi e accomunate dalla circostanza di trasferirsi in Italia per svolgervi una attività lavorativa
L’attività lavorativa deve essere prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco dell’anno
Come noto, i soggetti cd. impatriati, vale a dire coloro che
– a certe condizioni – trasferiscono la propria residenza in Italia per
svolgere attività lavorativa, possono beneficiare ai sensi dell’art. 16 del Dl.
147/2015 di un regime fiscale agevolato.
In questi termini, coloro che – tra le altre cose – non sono
stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al
trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per (almeno) i 2 anni
successivi, svolgendo sul territorio l’attività lavorativa prevalente, potranno
godere per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui
trasferiscono la residenza fiscale in Italia di una minore tassazione dei
redditi.
Ebbene, secondo l’Agenzia delle entrate, come messo in
evidenza nella risposta ad interpello n. 222/2022, potranno accedere
all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro
alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti
(in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti).
Richiamando il documento di prassi 17/E del 2017, inoltre,
nell’interpello in commento, l’Agenzia ha precisato che tenuto conto della
finalità del regime di favore, possono accedere al beneficio i soggetti che ne
facciano richiesta a partire dal periodo di imposta in cui acquisiscono la
residenza fiscale anche se ciò avvenga successivamente a quello in cui hanno
iniziato in Italia lo svolgimento dell’attività lavorativa. Ugualmente possono
accedere al beneficio coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima ancora
di iniziare lo svolgimento di detta attività, a condizione che sia ravvisabile
un collegamento tra i due eventi.
Ciò considerato, osserva l’Agenzia, deve riconoscersi il
diritto a beneficiare del regime impatriati anche per quei lavoratori che
accettano un nuovo lavoro che preveda l’esecuzione della prestazione lavorativa
in Italia, in modalità smart working. Tale circostanza, infatti, risulta
indicativa della sussistenza di un collegamento fra il rientro in Italia e
l’inizio dell’attività lavorativa.
Inoltre, l’accesso al regime speciale per i lavoratori
impatriati è ammissibile per il lavoratore che trasferisca la residenza fiscale
in Italia per proseguire, in modalità da remoto, l’attività lavorativa resa a
beneficio del proprio datore di lavoro estero (nel caso di specie americano) a
nulla rilevando la circostanza che durante il periodo agevolato, il lavoratore
svolga occasionalmente sul territorio estero delle prestazioni di lavoro non
dipendente, sempreché sia assicurata la prevalenza dell’attività lavorativa
svolta nel territorio italiano.
In conclusione, nell’interpello 222/2022 l’Agenzia ha
riconosciuto applicabile il regime fiscale agevolato per gli impatriati
all’istante che dichiarava essere un medico, residente negli Stati Uniti, con
l’intenzione di trasferire la propria residenza in Italia per svolgere la
attività lavorativa alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro statunitense.
Nel caso di specie, l’attività lavorativa sarebbe stata prestata in modalità smart working dall’Italia, unitamente a un periodo di attività svolta all’estero in modo occasionale, con una
durata inferiore a 15 giorni per anno d’imposta.