La corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19.386 del 17 settembre 2020, pare voler ampliare le possibilità induttive rendendo determinante anche solo l’esistenza di un legame familiare con componenti di una società di capitali per legittimare un avviso di accertamento a carico della società stessa.
Nell’ordinanza in questione, l’Agenzia delle Entrate aveva, infatti, accertato un maggior reddito a carico di una società a responsabilità limitata sulla base delle movimentazioni bancarie poste in essere dall’amministratore e, soprattutto, dai suoi familiari più stretti. Soccombente nei primi gradi di giudizio, la società ricorreva poi per Cassazione adducendo, tra i diversi motivi di ricorso, l’illegittimità della presunzione attraverso la quale le erano state attribuite quelle operazioni finanziarie rinvenute nei conti correnti di familiari, non co-intestatari.
In risposta, la corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, sostenendo l’operato dell’Agenzia delle Entrate e ha considerato il rapporto familiare intercorrente tra l’amministratore della società e i soggetti, ciascuno individualmente intestatario del conto, sufficiente a convalidare il fondamento presuntivo alla base dell’atto di accertamento.
Ciò che risulta innovativo e per certi versi dirompente nella pronuncia della Suprema Corte è la motivazione della decisione: la legittimità dell’accertamento a carico della Srl viene confermata unicamente per l’esistenza di un legame familiare tra titolari dei conti correnti e un esponente della società. Non c’è stata da parte dell’Agenzia delle Entrate alcuna necessità di dimostrare l’intestazione fittizia o in qualche modo effettivamente riconducibile alla società verificata: è bastato essere moglie e figlia dell’amministratore.
Questo modus operandi, sembra appunto ampliare considerevolmente la capacità presuntiva dell’autorità, lasciando ai contribuenti l’arduo compito di provare il contrario.