- Secondo il Wall Street Journal, l’amministrazione repubblicana vuole far leva sui negoziati sui dazi con i partner commerciali per indurli a limitare i rapporti con la Cina
- Ramenghi (Ubs wm): “Per chi ha poche azioni, questa è un’opportunità per arrotondare le posizioni, a partire dall’America”
Il valzer sui dazi continua. Donald Trump ha gelato l’Unione europea, rifiutando la proposta di sospendere le tariffe reciproche sui beni industriali, incluse le automobili. Il tutto mentre continua il braccio di ferro con la Cina: secondo il Wall Street Journal, l’amministrazione repubblicana intenderebbe far leva sui negoziati sui dazi con i suoi partner commerciali per indurli a limitare i rapporti con la Terra del Dragone. Il quotidiano statunitense cita “fonti informate sulle discussioni”. Lo spettro della recessione continuerà ad aleggiare sull’economia mondiale e, in particolare, su quella americana? Quali strategie adottare per giocare in difesa tra azioni, bond e materie prime? We Wealth ne ha discusso con Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs wm in Italia, intercettato in occasione della XV edizione del Salone del risparmio.
Donald Trump ha rifiutato la proposta europea di rimuovere le tariffe sulle esportazioni di beni industriali, mentre la Cina resta il principale bersaglio dell’amministrazione repubblicana. Lo spettro della recessione continua ad aleggiare sull’economia mondiale?
Il rischio esiste, soprattutto per gli Stati Uniti. Con un quadro incerto davanti, come quello attuale, molte aziende finiscono per rinviare gli investimenti. In più, la volatilità del mercato fa sì che le famiglie si sentano meno abbienti e quindi spendano meno. Si parla del cosiddetto “wealth effect”, spesso presente in America. Questo scenario ha sicuramente già avuto un impatto sul Prodotto interno lordo americano: noi abbiamo tagliato la nostra stima di oltre un punto percentuale. Non siamo ancora in zona recessione, però è sicuramente un rischio concreto da prendere in considerazione.
Posto che la volatilità sui mercati finanziari sembrerebbe essere qui per restare, almeno nel breve termine, quale strategia adottare per “giocare in difesa”?
Sulle obbligazioni ci sono buone opportunità. Il mercato obbligazionario americano ha reagito con un forte allargamento dei rendimenti, un movimento storico che non si osservava dal 1987. A mio avviso, forse stiamo ignorando la capacità di risposta della Federale Reserve. Se veramente ci fosse una recessione negli Stati Uniti, la banca centrale utilizzerebbe il bazooka vero, che è molto più potente di quello europeo, riportando i rendimenti al ribasso. In generale, siamo costruttivi sul mercato obbligazionario investment grade, di buona qualità. A maggior ragione in Europa, perché la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina implica che più merci cinesi arriveranno da noi, il che avrà un effetto deflattivo e la Bce sarà più invogliata a tagliare i tassi di interesse. Siamo più cauti sull’high yield perché – se si andrà in recessione – soffrirà di più. È una categoria poco liquida, che può avere oscillazioni molto forti.
Come posizionarsi invece tra valute e materie prime?
Le materie prime da monitorare in questa fase sono due: petrolio e oro. Il petrolio è tra i desiderata di Trump per contenere l’effetto inflattivo dei dazi. Il presidente americano ha chiesto infatti all’Opec di aumentare la produzione, per cui siamo cauti. L’oro invece beneficia di tutta la situazione attuale, essendo un bene rifugio, tra tassi americani probabilmente in discesa e il fatto che i paesi Brics – a partire dalla Cina – comprino molto oro per diversificare dal dollaro. Se paradossalmente Cina e Usa avessero avuto una relazione più facile in questa fase, magari con un accordo sui dazi o sul finanziamento del debito americano, l’oro avrebbe potuto risentirne in negativo. Ma ovviamente è uno scenario che ad oggi sembra molto distante.
Quali settori prediligere dal punto di vista dell’azionario, anche per proteggersi dai rischi di concentrazione?
La Borsa ha reagito in modo anche esagerato alla notizia dei dazi, perché sono scattati una serie di automatismi, algoritmi che hanno risposto all’aumento della volatilità vendendo e finendo per aumentarla ulteriormente. Una sorta di effetto domino. Poi, tanti investitori speculativi si sono trovati di colpo a dover far fronte a margin call, ovvero a banche che gli hanno chiesto di rientrare di prestiti per fare leva finanziaria e che quindi hanno venduto quello che hanno potuto, perfino l’oro. Ad oggi, noi siamo complessivamente neutrali sul mercato azionario, con una grande diversificazione geografica. Tuttavia, per chi ha poche azioni, questa è un’opportunità per arrotondare le posizioni, a partire dall’America, che paradossalmente potrebbe essere il mercato che recupera per primo; e poi su alcuni temi di lungo termine, come l’intelligenza artificiale, l’elettrificazione, la longevità, tutti temi che vanno avanti a prescindere dai fattori politici.
Sull’intelligenza artificiale, la mente non può che correre alla Cina…
La Cina ha dimostrato di saper replicare in maniera molto efficiente queste nuove tecnologie, però noi non lo vediamo negativamente. Il fatto di avere più concorrenti, magari a basso costo, in realtà avrà l’effetto di accelerare la diffusione di queste tecnologie. È sempre così. Tutte le innovazioni tecnologiche sono molto costose inizialmente, il prezzo scende, ma la diffusione aumenta moltissimo. Intanto Microsoft, Alphabet, Amazon e Meta hanno confermato che investiranno oltre 230 miliardi di dollari in intelligenza artificiale. È una trasformazione che andrà certamente avanti.
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