Per essere precisi: a Palazzo Franchetti che ospiterà, fino al 26 novembre 2023, la mostra evento Building a creative nation: un nome che è, già di per sé, un programma. Ancora una volta il Qatar balza, dunque, agli onori della cronaca, non per eventi sul suo territorio come la Fifa World Cup 2022, bensì per la XVIII edizione della Mostra Internazionale di Architettura. Senza dubbio il miglior palcoscenico istituzionale per illustrare l’ultima fase del progetto che la nazione ha messo in piedi nel lontano 2005 e che ha visto sorgere già tre importanti istituzioni museali a Doha, frutto di investimenti miliardari: il Museum of Islamic Art (MIA), il National Museum of Qatar e il 3-2-1 Qatar Olympic and Sports Museum.
Qatar National Museum, Jean Nouvel
Una ricchezza a tutto gas
Spese da miliardi di dollari che suonano strane se rapportate ad una nazione resasi totalmente indipendente nel 1971, soprattutto se non se ne conosce a fondo la storia. Geograficamente costituito da una penisola arida e sassosa grande più o meno quanto l’Abruzzo, il Qatar deve la sua fortuna e le sue illimitate risorse economiche ai giacimenti di gas naturale, di cui è uno dei principali esportatori mondiali. Un primato che bilancia con l’essere quasi totalmente dipendente in quanto a risorse alimentari, oltre all’approvvigionamento di acqua in buona parte derivante dalla desalinizzazione di quella marina. La sua storia moderna è connessa alla famiglia Al Thani che, dall’Ottocento, governa il paese sotto forma di una monarchia costituzionale.
Qatar
In realtà assoluta se guardiamo ai fatti visto che la nazione, tra le più ricche al mondo per pil pro capite, è un unicum anche in quanto a contraddizioni. Il 51% delle donne lavora (media altissima per il Medio Oriente), ma la grande “modernizzazione” professata dall’attuale regnante Tamin bin Hamad al Thani va di pari passo alla sharia come principale fonte legislativa, all’omosessualità considerata un reato, a un inquinamento galoppante e a politiche inerenti il mercato del lavoro ben distanti dall’equità per i moltissimi immigrati asiatici che arrivano ogni anno nel paese. A ciò bisogna aggiungere l’appoggio ad alcuni gruppi legati all’estremismo islamico: una delle principali cause di instabilità dei rapporti con la vicina Arabia Saudita, nonostante in entrambe le nazioni si professi la dottrina islamica ultraconservatrice wahabita.
Doha
Il Qatar e l’arte di essere sostenibile
In questa variopinta situazione l’arte assume un ruolo di primo piano, specie per quello che concerne l’immagine che la nazione vuole trasmettere di sé all’estero. La cultura come uno dei pilastri per procedere all’ammodernamento del paese, secondo una road map intitolata Qatar National Vision 2030 e che prevede un investimento totale di 200 miliardi di dollari per strutturare un’“economia sostenibile”.
Sviluppo del capitale umano, sviluppo sociale, economico e sostenibilità ambientale i quattro ambiti considerati. Così, tornando alla creatività, nel 2005 è nato il “Qatar museums”: un’istituzione governativa che ha l’obbiettivo di presiedere alla gestione dei musei, dei festival e di tutte le opportunità culturali del paese. La sua direttrice è la sorella dell’emiro, Sheikha Al-Mayassa bint Hamad bin Khalifa Al Thani, che in una recente intervista ha dichiarato come sia giunto il momento in cui “siano gli stessi qatarioti a raccontare la propria storia”. Una narrazione ancora tutta da scrivere e che si intreccia a quella europea senza però esserne prevaricata.
Building a creative nation: i nuovi progetti d’arte e architettura in Qatar
Come si nota dalle stesse strutture architettoniche degli edifici culturali aperti al pubblico: progettazione affidata ad archistar del calibro di Jean Nouvel (National Museum of Qatar), aree ristoro coordinate da chef quali Alain Ducasse (Museum of Islamic Art), il tutto mixato a elementi della tradizione locale. Parola d’ordine: creare i presupposti per modelli che possano ispirare l’intera penisola arabica e non importare esclusivamente dei format culturali occidentali come fatto negli Emirati Arabi con il Louvre di Abu Dhabi o il Guggenheim. In Qatar non si va al museo solo per vedere le opere d’arte, ma i musei stessi sono opere d’arte. Così a Venezia si presentano le altre cinque istituzioni che completeranno il panorama culturale dello stato: l’Art Mill Museum, il Lusail Museum, l’Art Qatar Auto Museum, il Dadu (Children’s Museum of Qatar) e la Qatar Preparatory School.
Lusail Museum
Del loro sviluppo se ne occupano rispettivamente gli studi ELEMENTAL, Herzog & de Meuron, Office for Metropolitan Architecture (OMA), UNStudio e Philippe Starck. Investimenti a nove zeri per obbiettivi altrettanto ambiziosi: far diventare il Lusail Museum il più grande centro esistente al mondo dedicato all’arte orientale e consacrare l’Art Mill Museum a polo rappresentativo dell’arte contemporanea internazionale. Come si evince dai rendering dettagliati e dalla documentazione in esposizione a Venezia, ogni edificio si integrerà perfettamente con l’ambiente circostante e soprattutto richiamerà nella struttura caratteri medio-orientali. Un esempio può essere il Qatar National Museum ispirato nelle forme all’aggregato di cristalli che prende il nome di “rosa del deserto”.
Art Mill Museum
Qatar: mercato dell’arte e prospettive internazionali
A sostegno di queste imprese il Qatar Museums ha già provveduto ad aprire la “campagna acquisti”: tali metrature espositive non possono di certo rimanere vuote. Secondo Bloomberg il budget governativo annuale preventivato per acquisizioni di opere d’arte è di un miliardo di dollari. Negli ultimi otto anni hanno così preso la via del Qatar capolavori quali Quand te maries-tu? di Paul Gauguin (acquisito per 300 milioni di dollari), I giocatori di carte di Paul Cezanne (250 milioni di dollari) oltre a capolavori di Mark Rothko, Andy Warhol, Damien Hirst, Roy Lichtenstein, Francis Bacon e Jeff Koons. Ufficialmente entrati a far parte della collezione della famiglia reale, stando a quanto dichiarato verranno esposti al pubblico non appena l’Art Mill Museum sarà completato. Acquisti eseguiti partecipando alle grandi aste internazionali, anche perché il mercato interno è tutt’ora sprovvisto di fiere artistiche, a differenza degli Emirati (Art Dubai).
Fatta eccezione per il Qatar International Art Festival (QIAF), dove singoli artisti posso esibire le proprie creazioni partecipando anche a workshop e similari.
Operazioni che vanno di pari passo con la presentazione della nazione ad agenzie internazionali quali l’Unesco: la città costiera fortificata di Al Zubarah è diventata, nel 2020, il primo patrimonio dell’umanità del paese.
Piani governativi, esborsi da miliardi di dollari, appalti internazionali: un impiego di risorse che stupisce i più, soprattutto se italiani, cresciuti con testimonianze di fiorenti culture più che millenarie ad ogni angolo. Ed è così che l’investimento culturale del Qatar ci dimostra, invece, come la carta dell’arte sia talmente preziosa da giocarsi, a livello internazionale, da valere qualsiasi somma.
Alla faccia di chi, in passato, professava che “con la cultura non si mangia”.
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