L’ultimo discorso alla nazione tenuto da Vladimir Putin invita a riformulare le aspettative su uno dei fronti più importanti per l’economia mondiale. Ne abbiamo parlato con il professor Carlo Pelanda (Università Guglielmo Marconi)
“La protezione della ricchezza è sempre un’azione molto dinamica, oppure non protegge nulla”, ha affermato Pelanda, tirando le somme sulle difficoltà dei gestori di fronte allo scenario aperto con la guerra
Una buona gestione del portafoglio, fosse anche per il solo mantenimento del capitale, non può che confrontarsi con la realtà presente e le sue conseguenze nel futuro. L’ultimo discorso alla nazione tenuto dal presidente russo, Vladimir Putin, invita a riformulare le aspettative su uno dei fronti più importanti per l’economia mondiale. Sulla durata della guerra, sulla possibilità di un tavolo di pace, su quello che potrebbe succedere dopo la fine delle ostilità militari. Ne abbiamo parlato con il professor Carlo Pelanda (Università Guglielmo Marconi), esperto di geopolitica economica.
Le decisioni di Putin
Pronunciato in diretta televisiva mercoledì 21 settembre, l’intervento del presidente Putin non ha solo evocato con maggiore schiettezza la possibilità di utilizzo delle armi nucleari, ma ha anche espresso la volontà di proseguire nell’operazione militare attraverso la “mobilitazione parziale” e il richiamo di circa 300mila riservisti. Ancor più evidente, è stata la difesa dei referendum popolari indetti nelle autoproclamate repubbliche del Donbass e le amministrazioni Kherson e Zaporizhzhia, che aprirebbero la strada ad una possibile annessione di quei territori alla Federazione russa. Il tentativo di riconquista dell’Ucraina, se tali annessioni si verificassero, sarebbe un attacco al territorio nazionale della Russia, non più un combattimento in un’area contesa fra ucraini e indipendentisti filorussi.
Cosa cambia sul terreno
Il presidente Putin ha fissato quali sono i confini che intende difendere, ha dichiarato a We Wealth il professor Pelanda: “Per alcuni l’avere ufficializzato la rinuncia a conquistare tutta l’Ucraina è una notizia positiva perché potrebbe indicare la disponibilità della Russia a negoziare” in seguito alle annessioni; “per altri questo annuncio anticipa, invece un inasprimento della fase bellica”. Entrambe le interpretazioni, ha aggiunto Pelanda, “si basano su un fatto certo, ossia che Putin ha fissato un confine”, quello che la Russia intende estendere, sotto il suo diretto controllo, in Ucraina.
Non è ancora chiaro se, ad annessioni completate, la Russia sarebbe disposta a negoziare o se nuove azioni belliche seguirebbero poco dopo. Pelanda ritiene che per orientarsi fra le due posizioni sarebbe necessario essere a conoscenza delle trattative che, dietro le quinte, Stati Uniti e Russia starebbero intrattenendo. Un fatto di cui il professore si dice certo.
Le sorti per economia e mercati
In questo momento, la guerra in Ucraina ha contribuito ad accrescere un sentimento di forte avversione al rischio fra gli investitori. L’eventuale fine delle ostilità sul terreno militare darebbe subito uno slancio al sentiment, ha affermato il professor Pelanda, sarebbe un simbolo di speranza. Se il richiamo dei riservisti russi dovesse indicare una volontà di prosecuzione del conflitto, quel momento di svolta psicologica, per i mercati, sarebbe più lontano.
Sul piano delle relazioni economiche, comunque, le posizioni dell’Occidente nei confronti della Russia non cambierebbero con la fine delle operazioni militari. Anche se sul tavolo negoziale si prevede che i russi chiederanno la sospensione delle sanzioni, ha proseguito il professore, l’Occidente, e in particolare gli Stati Uniti, non acconsentirebbero mai. In sintesi, ha affermato Pelanda, “al congelamento del conflitto combattuto con le armi, non corrisponderebbe quello combattuto sul piano della geopolitica economica”. Piuttosto, si può immaginare una nuova fase nella quale le sanzioni alla Russia saranno, in qualche modo, gestite per indirizzare le future mosse del presidente Putin.
Ma per la gran parte, le barriere innalzate con la Russia resteranno dove sono, continuando a indirizzare le scelte sul piano energetico dell’Europa, i relativi costi a carico della collettività, ma anche i rispettivi beneficiari. Ad esempio, continuerebbero ad esserne favoriti gli investimenti nel settore della difesa o nelle energie pulite (per ridurre la dipendenza dalle importazioni energetiche). “All’acronimo Esg andrebbe aggiunta oggi un’altra ‘S’”, ha detto Pelanda, “quella di sicurezza”.
La gestione patrimoniale alla prova della guerra
Nella fase di attuale incertezza anche gli stessi gestori hanno individuato con difficoltà dei settori che potessero mettere al riparo i capitali. E in tempi come questi, l’attenzione sulla geopolitica si è decisamente intensificata rispetto al recente passato. “La reazione strategica degli ultimi mesi è stata lo spostamento sul dollaro, ma a volte mi sento chiedere dai professionisti ‘una volta che sono sul dollaro, su che cosa investo?’”, ha raccontato Pelanda.
L’insegnamento di questo frangente storico? “La protezione della ricchezza è sempre un’azione molto dinamica, oppure non protegge nulla: nel momento in cui cambiano le condizioni di mercato, mi dovrò chiedere come trarre profitto da questo cambiamento”.