In particolare, ai sensi dell’art. 43 c.c., (i) il domicilio si definisce ai fini civilistici come il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, mentre (ii) per residenza si deve intendere il luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Inoltre, il predetto comma 2-bis dispone una presunzione relativa (la cui prova contraria, pertanto, è sempre ammessa da parte del contribuente) di residenza fiscale in Italia laddove il cittadino italiano che chiede la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente si trasferisca in Paesi a fiscalità privilegiata, cosiddetti Paesi black-list.
La medesima disposizione fornisce, inoltre, specifici criteri denominati tie breaker rules volti a dirimere eventuali ipotesi di doppia residenza fiscale che si possono verificare quando, in base alle normative nazionali, una persona fisica risulti contemporaneamente residente in due Stati. Dette tie breaker rules risolvono i casi di cosiddetto dual residence attribuendo un rilievo gerarchicamente ordinato a specifiche circostanze di fatto da valutare caso per caso. Più precisamente, in caso di doppia residenza la norma convenzionale identificherà, nell’ordine, il Paese di residenza fiscale nello Stato in cui: si dispone di una abitazione permanente, è localizzato il centro degli interessi vitali, si soggiorna abitualmente ovvero si ha la nazionalità. Laddove la persona fisica si ritrovi a soddisfare tutti i criteri in ambo i Paesi, la risoluzione della controversia sarà rimessa al raggiungimento di un comune accordo tra gli Stati interessati.
Il principio di diritto sancito dalla Suprema Corte
Con l’Ordinanza la Suprema Corte di Cassazione si pronuncia sulle regole di determinazione della residenza fiscale applicabile a cittadini italiani in forza della normativa sia nazionale che convenzionale.
La vicenda riguardava, in particolare, l’applicabilità della presunzione di residenza in Italia prevista dal Comma 2-bis laddove il cittadino italiano, già cancellatosi dall’anagrafe della popolazione residente e trasferitosi in Paese a fiscalità non privilegiata, si trasferisca in un secondo momento in altro Paese a fiscalità privilegiata.
Nel caso di specie, l’Amministrazione Finanziaria, applicando detta presunzione, aveva ritenuto fiscalmente residente in Italia e quindi ivi soggetto a tassazione un contribuente avente cittadinanza italiana, ma nato in Argentina, cancellatosi dall’Anagrafe della popolazione residente italiana nel 1977 per rientrare in Argentina e da tale Paese nuovamente emigrato 1987 per trasferirsi in Svizzera senza neppure transitare sul suolo italiano.
Nel corso del giudizio, il contribuente aveva contestato la pretesa impositiva dell’Amministrazione Finanziaria offrendo prova della propria effettiva residenza e domicilio in territorio svizzero (e non in Italia), vincendo quindi la presunzione relativa di residenza in Italia di cui al Comma 2-bis.
La Suprema Corte nell’esaminare la vicenda in parola coglie l’occasione per:
- precisare che la presunzione di cui al Comma 2-bis non presenta alcun limite oggettivo di applicazione, con la conseguenza che essa diventa rilevante in tutti i casi in cui un cittadino italiano, ancorché già cancellato dall’anagrafe della popolazione residente, decida di trasferirsi in uno Stato black-list, anche laddove il trasferimento avvenga estero su estero (ossia senza transitare dall’Italia);
- ribadire che laddove tra l’Italia ed il Paese nel quale il contribuente trasferisce la propria residenza sia in vigore un trattato contro le doppie imposizioni (nel caso di specie si trattava della Convenzione tra Italia e Svizzera), le norme convenzionali prevalgono sulle norme domestiche in virtù dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali sanciti dall’art. 117 della Costituzione. Ne deriva che, laddove si verifichi un caso di doppia residenza in base alle norme domestiche dei due Stati interessanti, la residenza fiscale del contribuente deve essere determinata alla luce della corretta applicazione delle tie breaker rules previste dalla Convenzione di volta in volta applicabile.
La vicenda processuale oggetto dell’Ordinanza si è, quindi, conclusa a favore del contribuente, con l’annullamento di ogni pretesa avanzata dall’Amministrazione Finanziaria, attesa la comprovata sussistenza di un reale e duraturo collegamento del contribuente con la Svizzera che andava ad affiancarsi alla formale cancellazione dal registro della popolazione residente in Italia.