Il mercato dell’arte in Italia gode di una platea sempre più vasta, complice la consapevolezza ormai diffusa che l’investimento in arte rappresenta un’opportunità per diversificare i propri asset, un’opzione che rassicura e riduce la rischiosità complessiva del patrimonio, soprattutto in fasi di incertezza dei mercati finanziari. Le esigenze che ruotano intorno al mondo dell’arte, dunque, diventano più stringenti, così da indurre i professionisti del settore a trovare diversi spazi di intervento per regolare i rapporti negoziali e i bisogni, particolarmente sentiti, di tutela e di protezione dei patrimoni (artistici e non).
In un contesto economico come quello italiano, in cui l’impresa familiare svolge un ruolo di primo piano è necessario programmare per tempo non solo il passaggio generazionale in ottica strategica ma anche la funzionalità futura delle aziende. A tal proposito, la holding di famiglia si presta ad essere una vera e propria “cassaforte” di asset familiari, tra cui si possono ben ricomprendere anche patrimoni artistici. Negli ultimi tempi, infatti, l’investimento aziendale nel settore artistico per generare valore d’impresa è diventato un trend crescente, in alcuni casi è frutto di una strategia ben precisa, in altri è frutto di occasioni che per svariati motivi vengono in esistenza e poi nel tempo si trasformano in una vera e propria tipologia di investimento.
Malgrado nell’ordinamento nazionale non vi sia un riferimento normativo, per holding di famiglia si intende una società (di persone o di capitali) che detiene partecipazioni di controllo e/o collegamenti in diverse società e le cui regole di governance sono stabilite in maniera chiara e precisa dalla famiglia stessa per garantire una efficiente gestione societaria e una proficua collaborazione tra il gruppo imprenditoriale e i soggetti facenti parte della compagine familiare.
La contaminazione tra arte e impresa ha spinto molte realtà aziendali ad investire parte delle proprie risorse in beni o servizi artistici allo scopo di migliorare molti degli aspetti aziendali. L’investire in arte, infatti, si presta ad essere anche un valido strumento per innalzare l’immagine del gruppo imprenditoriale e incrementare l’engagement con il pubblico, non solo utilizzando l’arte come mezzo di comunicazione e marketing aziendale ma “sfruttando” il potere comunicativo dell’arte magari per sensibilizzare il pubblico a rilevanti tematiche socioculturali a cui l’arte contemporanea si riferisce.
In base a precise scelte strategiche manageriali, una collezione d’arte può contribuire anche a migliorare molti aspetti di comunicazione interna dell’azienda, quali: rafforzare l’identità aziendale, valorizzare e migliorare le qualità lavorative dei dipendenti, creare ambienti lavorativi maggiormente confortevoli. Una strategia messa in atto da molte realtà imprenditoriali è quella di fortificare il rapporto arte-impresa con la presenza di un mediatore che si occupa di bilanciare gli interessi ed assicurare una comunicazione efficiente tra i due mondi.
La gestione di beni artistici a carico di una holding di famiglia comporterà, da un lato, una maggiore flessibilità nel trasferimento, destinazione e utilizzo dei beni, ciò in quanto essi sono nella piena disponibilità della società, di converso, qualora il patrimonio della holding di famiglia sia particolarmente diversificato, la gestione del patrimonio d’arte soggiacerà alle regole di governance impartite in generale e senza alcuna personalizzazione di sorta per il restante patrimonio.
Aspetto determinante, inoltre, risulta la scelta della forma giuridica che dovrà assumere la holding, sia con riguardo ad aspetti tecnici (ad esempio il capitale sociale) che con riguardo alla governance. Nella prassi commerciale la forma societaria più utilizzata per la costituzione delle holding è sicuramente quella delle società di capitali nonostante la gestione e amministrazione siano sicuramente più gravose rispetto alle società di persone. Con la società di capitali si garantisce una migliore gestione delle partecipazioni detenute, una più efficiente pianificazione fiscale e una netta separazione tra patrimonio della società e dei soci (c.d. autonomia patrimoniale perfetta), d’altro canto, però, non assicura la riservatezza tipica della società di persone, ad esempio circa l’entità del patrimonio in quanto, come noto, le società di capitali soggiacciono a stringenti forme di pubblicità.
Non da ultimo restano da valutare anche le opportunità sotto il profilo fiscale che derivano dalla creazione di una holding di famiglia. Infatti, secondo l’art. 177, comma 2 del TUIR, se la holding acquista il controllo delle società operative conferite, il capital gain derivante dal conferimento non viene calcolato sul valore di mercato delle partecipazioni conferite ma sull’incremento del patrimonio netto della società holding in sede di conferimento (c.d. principio di realizzo controllato). Inoltre, per quanto concerne un profilo più prettamente contabile, come stabilito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/2009, le spese sostenute dalle imprese per l’acquisto di opere d’arte possono essere qualificate come spese di rappresentanza, a condizione che siano contraddistinte da finalità tipicamente promozionali, collegate a generare un ritorno economico; in tal caso i relativi costi sono deducibili nei limiti previsti dall’art. 108 del TUIR (1,5% dei ricavi fino a 10 milioni di euro; 0,6% dei ricavi per la parte eccedente 10 milioni e fino a 50 milioni di euro; 0,4% dei ricavi per la parte eccedente 50 milioni di euro).
Oggi giorno tante imprese di famiglia affrontano la tematica della successione generazionale con difficoltà e sentimenti contrastanti, in quanto, da un lato, vi è la consapevolezza generale di dover rinnovare i propri assetti e affrontare un contesto competitivo, dall’altro, vi è un aspetto più emotivo che si rispecchia nella volontà del fondatore/proprietario di persistere con la generazione attuale, mantenendo fermi i valori e le tradizioni. In questo contesto, si può dire che lo strumento della holding di famiglia trova il suo placet proprio in quanto riesce a scindere la proprietà dall’impresa, creando un solido flusso di comunicazione tra le due realtà.
Ad ogni modo, il passaggio generazionale è un momento tanto delicato quanto complesso soprattutto per le imprese di famiglia, tanto che in Italia vi è una percentuale davvero bassa dei family business che riescono a superare il passaggio alla seconda generazione, dopo l’uscita di scena del suo fondatore. Nella maggior parte dei casi tra le cause del fallimento vi è una mancata pianificazione del passaggio generazionale che riesce ad essere, invece, il fattore determinante per garantire la continuità imprenditoriale, soprattutto quando è coadiuvata dal supporto di professionisti in grado di gestire la pianificazione in modo obiettivo ed imparziale.