Uno strumento, dunque, nato per combattere il credit crunch che ha letteralmente messo in ginocchio le PMI italiane. Il Legislatore, in particolare, avendo riscontrato l’inasprimento degli standard di prestito concessi dal sistema bancario, più focalizzato nello smaltimento dei crediti deteriorati che nel supportare la crescita del tessuto imprenditoriale nazionale, al fine di invogliare le famiglie ad investire i propri risparmi in strumenti finanziari emessi dalle imprese italiane per un periodo di almeno cinque anni, ha previsto esonerato da tassazione diretta i dividendi derivanti dalle relative azioni e i redditi derivanti dai titoli di Stato detenuti nei Piani di investimento in questione e da imposta di successione e donazione i relativi trasferimenti mortis causa.
L’accesso allo speciale regime fiscale è condizionato alla sussistenza dei seguenti requisiti – strumentali al raggiungimento dell’obiettivo di destinare le risorse alle imprese: i) detenzione del piano per un periodo di almeno cinque anni (requisito temporale); ii) destinazione di somme di importo non superiore, in ciascun anno solare, a 30.000 euro (requisito quantitativo); iii) vincolo di investimento del 70% delle somme in strumenti finanziari – anche non negoziati in mercati regolamentati- emessi da imprese residenti in Italia ai fini delle imposte sui redditi di cui, almeno il 30%, in strumenti emessi da imprese non incluse nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di mercati regolamentati esteri (requisito qualitativo).
Il venir meno, nel corso del quinquennio, di uno dei suddetti requisiti, determina l’attivazione del meccanismo del cd. recapture a meno che l’investitore non ripristini lo status quo ante entro 90 giorni dal disinvestimento. L’attivazione del meccanismo determina la perdita, retroattiva, delle agevolazioni fiscali già godute.
Decreto rilancio. Con l’art. 136 del Decreto rilancio, al fine di contrastare la crisi economica causata dal Covid-19, il Legislatore ha introdotto un nuovo strumento di investimento, destinato ad affiancare i PIR ordinari.
I neo-introdotti PIR “alternativi”, ai quali vengono riconosciuti i medesimi benefici fiscali previsti dalla normativa generale, devono concentrare, per almeno i due terzi dell’anno solare, almeno il 70% degli investimenti in:
i) strumenti finanziari emessi o stipulati con imprese residenti in Italia, diverse da quelle i cui titoli azionari formano i panieri degli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;
ii) prestiti erogati alle predette imprese;
iii) crediti delle medesime imprese.
Ratio della disciplina alternativa, evidentemente, è quello di estendere le possibilità di investimento anche alla concessione di prestiti e l’acquisizione dei crediti delle imprese a cui Piani di investimento sono rivolti.
Al fine di favorire, poi, le imprese potenzialmente destinatarie della liquidità, il decreto ha rimodulato i limiti di concentrazione e di investimento del portafoglio:
a) innalzando al 20% del totale, in luogo del 10% fissato dalla disciplina ordinaria, la possibilità di investimento in strumenti finanziari di uno stesso emittente o in depositi e conti correnti;
b) incrementato la soglia massima di investimento dai 30.000 euro annui per un limite complessivo di 150.000, rispettivamente a 150.000 annui e 1.500.000 euro totali.
Decreto agosto. Con l’art. 68 del Decreto agosto, infine, oltre a confermare la possibilità per il contribuente di sottoscrivere contestualmente un PIR ordinario ed uno alternativo, al fine di veicolare risorse nel settore produttivo il Legislatore ha raddoppiato la soglia annuale di investimento.
Gli investitori, dunque, possono ora destinare ai PIR «somme o valori per un importo non superiore a 300.000 euro all’anno e a 1.500.000 euro complessivi». L’intervento, evidentemente finalizzato a rendere più agevole l’ingresso delle piccole e medie imprese nei mercati finanziari, costituisce il biglietto da visita dell’Italia in vista del progetto per accedere alle risorse della Next Generation UE.
I PIR, in conclusione, specie dopo l’ultimo restyling, rappresentano uno strumento in grado di garantire, allo stesso tempo, liquidità per le imprese, particolarmente provate dall’attuale situazione emergenziale e possibilità di ottimi rendimenti ed apprezzabili vantaggi fiscali per i risparmiatori.