Nalucci: “Le scaleup, se definite propriamente, sono asset con infiniti rischi inferiori rispetto alle startup perché hanno già dimostrato di aver trovato la quadra”
Secondo il ceo, bisognerebbe stringere il focus su scaleup capaci di intercettare quei budget già allocati dalle aziende su tematiche che non rischiano di subire una contrazione
Investire sulle scaleup italiane conviene? Nell’attuale fase di mercato sì, secondo Fabio Nalucci, founder e ceo di Fndx (società specializzata in consulenza tecnica a fondi di venture capital e private equity per la selezione dei migliori progetti innovativi e delle tecnologie emergenti su cui investire). Ma bisogna partire da una definizione, o meglio, un chiarimento.
Con scaleup si intende in generale una società innovativa che ha già sviluppato il suo prodotto o servizio, opera sul mercato e presenta alcune caratteristiche di successo che le consentono di ambire a una crescita internazionale in termini di mercato, business, organizzazione e fatturato. “In Italia vengono però definite scaleup realtà che fatturano 200-300mila euro all’anno, ma non basta”, avverte Nalucci. “Deve trattarsi di aziende che registrano milioni di ricavi ricorrenti annui, su almeno una ventina di clienti”. Aziende, tra l’altro, sulle quali oggi “ha senso investire perché i rendimenti dei fondi di venture capital e private equity si aggirano tra il 25 e il 30% annui”, continua l’esperto.
Perché investire sulle scaleup italiane
“Perché sulle scaleup e non sulle startup? Perché diminuisce un filino il rischio”, continua Nalucci. “Le startup in senso stretto, soprattutto in fase seed, sono società che in alcuni casi stanno ancora dimostrando la traction e possono riportare pochissime revenues, anche se quest’ultimo dato non ne dimostra necessariamente la scalabilità (ci sono alcune società che arrivano in tempi ragionevoli a raggiungere milioni di ricavi ma poi iniziano una tragedia in termini di crescita, con Cagr al 10-20%). Diversamente, le scaleup, se definite propriamente, sono asset con infiniti rischi inferiori perché hanno già dimostrato di aver trovato la quadra”. Le realtà italiane, in particolare, non scontano un rischio paese secondo l’amministratore delegato. Al contrario, il rischio Italia potrebbe rappresentare un vantaggio, da un certo punto di vista. “Il beneficio del rischio paese è che le pago di meno, il maleficio potrebbe intervenire se ipotizziamo che l’Italia salti per aria e vada in default. Ma ho sempre pensato che, se ciò dovesse accadere, l’Italia si tirerebbe dietro una serie di altri paesi, tra cui Francia e Germania. In altre parole, un effetto domino. A quel punto gli investitori avrebbero ben altri problemi. Quindi con una visione molto pragmatica, investo su asset che pago di meno e che se li vendo, specie all’estero, li vendo a una cifra maggiore e riesco a fare un po’ di arbitraggio rispetto al compratore”.
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Investire sulle scaleup: 4 esempi pratici
Considerati questi fattori, secondo Nalucci bisognerebbe stringere il focus su scaleup capaci di intercettare quei budget già allocati dalle aziende su tematiche che non rischiano di subire una contrazione. “Tutta l’economia consumer è in crisi”, ricorda il ceo. “Se escludiamo il consumer, su cui andrei molto cauto, alcune realtà in portafoglio stanno andando e continuano ad andare bene”. È il caso per esempio di Bizaway, travel management company con sede in Italia, Spagna e Albania, ricorda. “Oppure di Mister Worker, che si rivolge alle aziende che comprano tool di riparazione, dai cacciaviti fino a macchinari complicatissimi. O ancora Kampaay, piattaforma per la gestione degli eventi fisici, o LimoLane (piattaforma digitale leader nella mobilità premium, ndr). Tutte contraddistinte da un tratto comune, ovvero intercettano budget esistenti e non contraibili delle aziende o, se contraibili, contraibili in misura molto limitata”. Quanto infine al trend dell’intelligenza artificiale, secondo Nalucci bisogna monitorarlo ma “non investire intensamente”. Questa tipologia di tecnologie, spiega, intercettano le risorse dedicate all’innovazione, ovvero budget addizionali rispetto alla normale amministrazione. “E le prime cose di cui si spogliano le aziende in periodi come quello attuale sono proprio quelle relative all’innovazione, tranne quelle poche aziende leader che continuano a innovare e investire”.