- Bugli: “C’è chi vorrebbe stravolgere l’impianto e chi sostiene – a mio avviso a buona ragione – che sia sulla strada giusta. Occorrerebbe fare tuttavia un ragionamento di sistema”
- All’indomani della riforma Fornero, l’Italia si trova divisa in due platee: i contributivi puri e i misti, che godono di requisiti più favorevoli per il pensionamento e di una serie di misure “paracadute”
Il dossier della Manovra si è concluso, alla fine dello scorso anno, con un sostanziale nulla di fatto sul fronte delle pensioni. O quasi. La Legge di Bilancio 2025 si è limitata infatti a prorogare una serie di misure in scadenza al 31 dicembre 2024, modificando unicamente per i cosiddetti “contributivi puri” (vale a dire chi ha iniziato a lavorare dal 1996) i requisiti per accedere alla pensione anticipata a 64 anni.
Pensione: un’Italia divisa in due
“Sono anni che il nostro sistema pensionistico viene ritoccato, ma nella sostanza non possono essere considerate delle vere e proprie riforme”, dichiara a We Wealth Alessandro Bugli, membro del centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali. “Restiamo infatti nel solco della riforma Dini del 1995 e della revisione della Fornero del 2011, con l’aggiunta di qualche istituto. C’è chi vorrebbe stravolgere l’impianto e chi sostiene – a mio avviso a buona ragione – che sia sulla strada giusta. Occorrerebbe fare tuttavia un ragionamento più ampio e di sistema, compatibilmente alle risorse a disposizione”, osserva l’esperto.
Legge Fornero sulle pensioni
All’indomani della riforma Fornero, l’Italia si trova divisa in due grandi platee: i contributivi puri di cui si è accennato in apertura e i misti, che godono di requisiti più favorevoli per il pensionamento e di una serie di misure “paracadute” laddove nei 67 anni di vita non maturino il minimo pensionistico. “Sembra che ci si stia dimenticando di una platea di cittadini e cittadine, i contributivi puri appunto, rispetto ai quali i ragionamenti saranno sicuramente in corso ma ad oggi non vediamo ancora impatti particolari”, dice Bugli. E che per diversi fattori potrebbero incassare un assegno pensionistico non adeguato alle esigenze di vita al momento della pensione, se non addirittura inferiore ai livelli minimi. “Occorre un’analisi di più ampio respiro, che metta ordine su quest’aspetto”, afferma l’esperto.
Pensione a 64 anni: le ultime notizie
Fatta questa premessa, le principali novità in materia di pensioni introdotte dalla Legge di Bilancio sono sostanzialmente due: l’accesso anticipato alla pensione per i puri contributivi e la perequazione delle pensioni. Quanto al primo punto, si stabilisce che i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dal 1° gennaio 1996 in poi possono utilizzare la rendita maturata dall’iscrizione a un fondo pensione – sommandola a quella raggiunta nel regime obbligatorio – per arrivare agli importi minimi per accedere alla pensione anticipata a 64 anni. Con due vincoli, però. Innanzitutto, il requisito degli anni di contributi versati sale da 20 a 25 anni e, dal 2030, a 30 anni. Poi, la soglia d’importo da raggiungere passa dall’attuale modello previsto dalla Fornero a 3 volte l’assegno sociale.
Secondo Bugli, si tratta di una misura “assolutamente condivisibile dal punto di vista teorico”, come tutte le formule di flessibilità in uscita. Ma a conti fatti, se si guarda ai soggetti che potranno effettivamente accedere a questa tipologia di trattamento, si tratta di mosche bianche. “Quello che è interessante è che i due pilastri, per la prima volta, si parlano: il primo pilastro pubblico e il secondo pilastro complementare iniziano a diventare sinergici al fine del raggiungimento dei requisiti di pensionamento”, sostiene l’esperto. “Che la previdenza complementare possa partecipare al disegno di welfare nazionale, dovrebbe essere scolpito nel nostro sistema”, aggiunge. Ricordando come buona parte dei paesi più evoluti del Nord Europa – come Svezia e Danimarca – sono paesi che hanno spinto l’acceleratore proprio sulla previdenza complementare.
La rivalutazione delle pensioni nel 2025
C’è poi il tema della rivalutazione delle pensioni. Nel 2025 le pensioni minime godranno infatti di una perequazione aggiuntiva al tasso di rivalutazione standard del 2,2% per il 2025 e dell’1,3% nel 2026, mentre la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici all’inflazione prevede una rivalutazione al 100% per i trattamenti fino a quattro volte il valore del trattamento minimo Inps, del 90% da quattro a cinque volte il minimo e del 75% per le pensioni oltre cinque volte il minimo per scaglioni.
Da Quota 103 a Opzione donna: le conferme
Tre sono le principali conferme: Quota 103, Ape sociale e Opzione donna. Quota 103, introdotta nel 2023 in sostituzione di Quota 102, consente ai lavoratori e alle lavoratrici di andare in pensione anticipata al raggiungimento dei 62 anni di età anagrafica e di un’anzianità contributiva di 41 anni. Nella manovra trovano a tal proposito conferma le tre modifiche introdotte nel 2024:
- l’intera pensione è calcolata con il metodo contributivo;
- la misura dell’assegno non può essere superiore a quattro volte il trattamento minimo Inps;
- la finestra mobile, ovvero il periodo tra la maturazione dei requisiti e la fruizione della prima rata della pensione, resta a sette mesi per i dipendenti del settore privato e a nove mesi per i dipendenti pubblici.
“Resta fermo il divieto di cumulare redditi da lavoro con quelli da pensione fino ai 67 anni (salvo per il reddito da lavoro autonomo occasionale che non superi complessivamente i 5mila euro lordi annui)”, precisa Bugli.
Opzione donna 2025: a chi spetta
Quanto a Opzione donna, la Legge di bilancio 2025 conferma la versione del 2024. Potranno infatti accedervi le lavoratrici:
- licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;
- con disabilità pari o oltre il 74% con accertamento dello stato di invalido civile;
- che assistono da almeno sei mesi persone disabili conviventi, con disabilità grave in base alla legge 104 del 1992.
Quanto al requisito anagrafico, anche quest’anno viene confermato a 61 anni, eccetto le lavoratrici licenziate o dipendenti con un tavolo di crisi aperto presso il Ministero per le quali è di 59 anni. Gli anni di contribuzione sono a loro volta ribaditi a 35, con la riduzione di un anno per ogni figlio o figlia (fino a un massimo di due).
Ape sociale prorogato al 31 dicembre 2025
Infine, viene prorogato fino al 31 dicembre 2025 anche l’Ape sociale, ovvero l’indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps ai lavoratori in stato di difficoltà che richiedano la pensione anticipata a 63 anni e 5 mesi. Come nel 2024, l’assegno viene calcolato con metodo misto, ma viene inserita l’incumulabilità totale della prestazione con redditi da lavoro dipendente o autonomo (eccetto il lavoro occasionale sotto i 5mila euro lordi annui). A ricadere nel perimetro dei soggetti richiedenti sono invalidi civili, disoccupati, caregiver e lavoratori addetti a mansioni particolarmente gravose.