Tutto questo è Palazzo Luce, una dimora di origine trecentesca di 1.500 mq che racconta la storia di Anna Maria Enselmi, collezionista di origini pugliesi ma milanese d’adozione. Una storia condita da emozioni, da straordinari incontri e da vividi ricordi, i ricordi delle estati fanciullesche sospese sul mare, immerse in sfumature di blu cobalto, tra rocce vertiginose e grappoli di case nascoste dalla rigogliosa vegetazione salentina.
In questo contesto, in un pomeriggio di fine agosto, avviene il primo incontro e innamoramento di Anna Maria con Palazzo dei Conti di Lecce, un edificio medievale in stile barocco, costruito dalla famiglia nobiliare del luogo, con affaccio sulla cavea del Teatro Romano. Una grandiosa residenza sita lungo l’originario decumano romano, dove visse la contessa Maria d’Enghien, sposa in seconde nozze del re di Napoli, regina dal 1407 al 1414, fino a quando alienò il palazzo innestando un lungo susseguirsi di nuovi proprietari, tra aristocratici e intellettuali.
L’ingresso
Perché Palazzo Luce? “La cosa che più mi ha colpito del palazzo, sin dal primo giorno – racconta Anna Maria Enselmi nel docufilm “Palazzo Luce” scritto e diretto da Alessandra Galletta e presentato in occasione di Milano Design Film Festival 2022 – è stata la luce che entrava e usciva, continuava a riflettersi.” Ribattezzato dalla stessa “Palazzo Luce”, proprio per l’eccezionale luminosità che lo caratterizza, diviene sin da subito la location ideale per esporre la sua raccolta. La luce potente che avvolge tutte le stanze si fa simbolo di come l’arte, la cultura e il sapere possano dissipare il buio e spingere la società a migliorarsi.
La hall
Grazie a residenze d’artista, inediti interventi on site e nuove acquisizioni, l’obiettivo è quello di trasformare il Palazzo in una “casa d’arte” dove è possibile, quindi, anche soggiornare. Per questo Anna Maria si affida a un team di eccellenza e a una direzione artistica condivisa, composto da designer, artisti, architetti e galleristi che, grazie ai loro differenti punti di vista e competenze, sono stati in grado di creare un centro di scambio culturale unico nel suo genere, pronto ad accoglie i suoi ospiti. Dalle esperte di design moderno e contemporaneo Rossella Colombari e Nina Yashar all’architetto Giuliano Andrea dell’Uva, che ha curato la ristrutturazione (durata ben quattro anni) e la mutazione del Palazzo con grande attenzione a mantenere – ove possibile – i materiali e gli arredi originali (come i pavimenti in cotto spinato, le maioliche decorate e le librerie), dagli artisti Martino Gamper e Antonio Marras, creatori di alcune opere in dialogo con gli oggetti storici di Gio Ponti, alla gallerista Lia Rumma che ha affiancato la collezionista nella scelta e nella collocazione di alcune opere nelle sette suite del Palazzo, sino agli interventi site specific degli artisti David Tremlett e Joseph Kosuth, e quello più recente di Michele Guido.
Il bar
Un Palazzo straripante di colori e di vita che accoglie giovani artisti ma già affermati, come Gian Maria Tosatti (Roma, 1980), unico protagonista del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2022 presso lo spazio delle Tese delle Vergini con la personale “Storia della Notte e Destino delle Comete” a cura di Eugenio Viola, o come l’emiliano-romagnolo Luca Monterastelli, classe 1983, che ha studiato all’Accademia di Brera ed esposto anch’esso alla Biennale di Venezia, le cui opere sono sviluppate sulla funzione propagandistica della scultura e dell’architettura.
E offre, al contempo, una rilettura della storia in chiave contemporanea, da chi quella storia l’ha scritta come Gio Ponti ed Ettore Sottsass, Marina Abramovi? e William Kentridge, Ugo Mulas e Vanessa Beecroft, solo per citarne alcuni. Presente e futuro vanno a braccetto, dialogando e contaminandosi vicendevolmente al fine di creare un’opera d’arte totale, un progetto culturale armonico e a tratti audace, ma ben studiato e in continuo divenire nel pieno rispetto del luogo in cui è inserito.
La sala colazione
“Non è il cemento – sosteneva l’architetto e designer milanese Gio Ponti – non è il legno, non è la pietra, non è l’acciaio, non è il vetro l’elemento più resistente. Il materiale più resistente nell’edilizia è l’arte.” La cifra stilistica di Ponti, grazie alla documentazione grafica e ai rarissimi pezzi acquisiti nel tempo da Anna Maria, attraversa come un’eco l’affascinante dedalo di corridoi e stanze di Palazzo Luce. Al grande maestro si è, infatti, ispirato l’intero intervento di ristrutturazione dell’edificio e tutte le opere al suo interno seguono, per vocazione o contrasto, il fil rouge di Gio.
La Collezione. Nata dalla grande passione di Anna Maria Enselmi per il design, la collezione attualmente include diversi pezzi esclusivi del Novecento. Tra le opere compaiono le firme di noti designer come Franco Albini, Gae Aulenti, BBPR, Osvaldo Borsani, Luigi Caccia Dominioni, Carlo Mollino, Hans-Agne Jakobsson, Pier Giulio Magistretti ed Ettore Sottsass. Ma ad abitare le sale di Palazzo Luce non è solo il grande design – che in collezione viene elevato ad Arte, perché “il design può essere arte. Il design può essere estetico. Il design è così semplice, ed è per questo che è così complicato” (Paul Rand, designer statunitense) –, in dialogo con i nomi già citati si affiancano, infatti, i capolavori di arte contemporanea di Marina Abramovi? e William Kentridge, le opere fotografiche di Ugo Mulas, Thomas Ruff, Mimmo Jodice, Brigitte Niedermair e Vanessa Beecroft, i neon di Alfredo Jaar e Joseph Kosuth, e per finire i maestri Pietro Consagra, Gilberto Zorio e Ettore Spalletti.
La terrazza
Una collezione aperta e dinamica che, essendo inserita in una struttura storica e al contempo ricettiva e al fine di far convivere queste due anime così peculiari, si è necessariamente dovuta modellare e iscrivere in una riflessione più funzionale. Da una necessità “pratica” sono nati, quindi, affascinanti interventi site specific come il bancone del Bar ideato da Martino Gamper su ispirazione pontiana; le installazioni di Giuliano Dal Molin e Marzia Migliora, rispettivamente nel salone e nelle due biblioteche; l’intervento realizzato in ceramica da Antonio Marras; il tappeto gigante di Joseph Kosuth con citazioni di Kierkegaard per la Stanza della Musica; o l’affresco dipinto da David Tremlett nella volta della suite dedicata a Maria d’Enghien; fino all’intervento di Michele Guido, dedicato agli spazi del giardino e alla vita silenziosa e secolare delle sue piante. “Lavorare in questo Palazzo – racconta Guido – è stato molto interessante perché pieno di luce, la fotografia crea l’immagine attraverso la luce e la pianta cresce in direzione della luce.”
La camera dedicata a Maria d’Enghien, che nel Quattrocento fu Contessa di Lecce
Palazzo Luce diventa così un importante momento di meditazione sull’arte e sul design. Un progetto corale e coerente, una nuova chiave di lettura alle dinamiche che sottendono le connessioni tra collezionista, gallerista e artista, ma anche tra allestitore e architetto. Un luogo d’arte e d’incanto che pone – letteralmente – sullo stesso piano passato, presente e futuro, illuminato dal design storico e dai nuovi linguaggi contemporanei che a volte accolgono e altre volte provocano, stimolando sempre una riflessione profonda. Palazzo Luce è in grado di conciliare perfettamente il rigore estetico al calore di un’ospitalità genuina e autentica in modalità uniche. Però, per Anna Maria Enselmi, Palazzo Luce è prima di tutto il suo lascito alla società. “Ti chiedi: ‘Che cosa posso lasciare di bello?’. Al di là di uno scritto in cui doni le cose a cui tieni di più ai tuoi cari, lasci ciò che sei e le persone lo devono sapere, anche se sei una pazza visionaria, una persona che ha speso tutto quello che aveva per comprare oggetti … Quindi mi sono detta: ‘Palazzo Luce è il segno più puro che posso lasciare di me. C’è la mia folle visione, la mia passione per l’estetica, per l’arte, per il design, e questo io lo considero un testamento’.”
La camera Blue Ponti, dedicata a Gio Ponti
In copertina: la camera Fanciullino.
Tutte le immagini: courtesy Palazzo Luce.