In Italia la “compagnia” degli investimenti a basso costo si sta facendo più ampia: anche Revolut entra nell’arena dei Piani di accumulo (Pac) in Etf a zero commissioni. Questa soluzione di investimento permette di impostare un versamento automatico verso i fondi exchange-traded designati senza che questo servizio, come di solito avviene nel mondo bancario tradizionale, sia associato a una commissione sulla transazione. Il Pac in Etf a zero commissioni combina la tipologia di fondo più efficiente dal punto di vista dei costi, tipicamente più bassi rispetto a quelli dei classici fondi comuni, alla possibilità di parcellizzare l’investimento a piccole dosi, seguendo la propria capacità di risparmio.
I Pac in Etf senza costi commissionali sono un’evoluzione recente per il mercato italiano, introdotta dapprima da pionieri in questo campo come Scalable, che in Germania hanno contribuito a far crescere la trazione per la domanda di Etf da parte del pubblico, specialmente quello più giovane.
Più visibilità al Pac in Etf
L’introduzione dei Pac in Etf a zero costi da parte di Revolut espone i suoi circa tre milioni di clienti italiani a una comunicazione favorevole a questo approccio di investimento che, come dimostrano i dati della Commissione europea, viene spesso messo in secondo piano nel canale bancario tradizionale per via dei minori margini di guadagno. I clienti Revolut, fa sapere la challenger bank di origine britannica, “possono impostare contributi automatici e ricorrenti, ad esempio settimanali, da un minimo di 1 euro su oltre 300 Etf quotati nell’Ue (da BlackRock, Vanguard o Amundi). Queste negoziazioni saranno senza commissioni e non conteranno nella quota mensile del loro piano di abbonamento”.
Chi sceglie di acquistare Etf è spesso informato sui costi di gestione degli investimenti e cerca le soluzioni migliori per minimizzarli e accrescere il più possibile il capitale sfruttando l’interesse composto. Un sondaggio condotto da Dynata per conto di Revolut, su un campione rappresentativo della popolazione italiana, ha confermato che le commissioni basse e trasparenti siano il fattore più importante per il 49% degli investitori.
“In Italia esistono già piattaforme che offrono investimenti in Etf con commissioni basse o nulle, come ad esempio alcune fintech specializzate in investimenti automatici e broker online low-cost come Directa, Fineco, Banca Sella, Moneyfarm. Tuttavia, l’ingresso di Revolut, con il suo modello integrato e la sua ampia base utenti, rappresenta un approccio più accessibile e immediato per molti consumatori”, ha commentato a We Wealth Annacarla Dellepiane, Head of Sales Italy di HANetf.
Per molti anni gli Etf sono rimasti una nicchia nel panorama finanziario europeo per via di una scarsa promozione nel processo distributivo bancario, restando quindi appannaggio della minoranza che gestiva in autonomia i propri investimenti tramite conto titoli. La crescente diffusione delle banche digitali, fra cui Revolut, ma anche Trade Republic (che ha annunciato l'apertura di una succursale italiana), potrebbe contribuire a facilitare la trasmissione dell'investimento low-cost agli investitori, migliorando le chance di ottenere risultati dal proprio risparmio per l'investitore al dettaglio.
“L’introduzione di piani di investimento Etf a zero commissioni da parte di Revolut potrebbe avere un impatto significativo su alcune porzioni del mercato italiano”, prosegue Dellepiane. “In primo luogo, potrebbe attirare nuovi investitori, soprattutto giovani e giovanissimi, grazie alla semplicità d’uso e all’integrazione con altri servizi finanziari della piattaforma. Questo ampliamento del pubblico potrebbe aumentare la consapevolezza sugli Etf, considerati uno strumento d’investimento efficiente e diversificato”.
“Inoltre, la competizione generata da un’offerta a zero commissioni potrebbe spingere altri operatori a ridurre i costi o migliorare i loro servizi, con un impatto positivo per i consumatori”, aggiunge Dellepiane. “Revolut da sempre si posiziona come banca innovativa e questo sembrerebbe un ulteriore passo in quella direzione”.
Resta da capire quanto il mondo giovane e digitale potrà, con la sua particolare attenzione ai costi, incidere sulle condizioni offerte dalle banche tradizionali – i cui conti titoli restano ancorati a commissioni di transazione molto più onerose, come We Wealth aveva recentemente analizzato. Il problema sembra non essere impellente per il sistema della gestione patrimoniale, vista l'età avanzata dei maggiori detentori di patrimoni (60 anni, secondo le analisi di Aipb).
Tuttavia, le abitudini di figli e nipoti potrebbero rimanere ancorate alle proprie esperienze digitali anche dopo la ricezione di importanti eredità, dirottando progressivamente verso i canali low-cost capitali che fino a quel momento avevano generato molte più commissioni per gli intermediari finanziari. A quel punto potrebbero doversi adeguare anche gli attori tradizionali del risparmio.