Gli astri sembrano essersi nuovamente allineati a favore dell’oro. Potrà sembrare paradossale che questo sia avvenuto in contemporanea al percorso di abbassamento dell’inflazione dai picchi di fine 2022. Al 20 gennaio, il metallo giallo, bene rifugio per eccellenza è arrivato a toccare quota 1.939 dollari l’oncia, un livello non lontano dai massimi degli ultimi 12 mesi a 2.078,80 dollari. Negli ultimi tre mesi la performance dell’oro è stata pari al 15,80% (più che tripla rispetto a quella dell’S&P 500) e, solo negli ultimi 30 giorni il balzo è stato del 6,6% circa. C’è ancora spazio per nuovi rialzi o è il momento propizio per prendere eventualmente beneficio di questo rally e vendere? E’ la domanda che We Wealth ha rivolto ad alcuni specialisti del mercato aureo.
Secondo Craig Erlam senior market analyst di Oanda, l’oro in questo termine di settimana si sta “scontrando con la resistenza” trovandosi non distante dagli ultimi massimi annui, “è chiaro che lo slancio si sta affievolendo”, ha aggiunto, “e questo, dopo un forte rally da novembre, potrebbe suggerire una possibile correzione”. Questo potrebbe suggerire un alleggerimento del portafoglio eventualmente esposto all’oro, considerando che, per Erlam “una correzione potrebbe essere salutare, considerando che ora [l’oro] ha recuperato quasi il 20% dai minimi di inizio novembre e si trova a poco più del 6% di distanza dai massimi storici”.
Oro, riassunto delle puntate precedenti
Come siamo arrivati a questo spettacolare ritorno in carreggiata dell’oro dopo che per diverso tempo si era ritenuto ‘morto’ a causa della ‘concorrenza’ dei Treasury, che rendevano nuovamente cifre interessanti? “La salita dell’oro è stata senz’altro legata al cambiamento delle prospettive di politica monetaria per il 2023 e probabilmente anche per il 2024”, ha dichiarato a We Wealth Carlo Alberto De Casa, “analista ed autore per Hoepli de ‘I segreti per investire sull’oro’, “tutto ciò ha anche generato un netto rallentamento del dollaro, altro elemento favorevole per una ripresa dell’oro”.
“Per molti mesi abbiamo assistito ad una strettissima correlazione inversa tra dollaro Usa ed oro. Il cambio di rotta da parte della Fed e l’inizio di una politica monetaria restrittiva all’insegna dell’aumento aggressivo dei tassi, hanno portato un immediato rialzo dei rendimenti obbligazionari e del dollaro, penalizzando a lungo le quotazioni del metallo giallo”, ha ricordato a questo giornale Giancarlo Dall’Aglio, trader, advisor indipendente, formatore, fondatore di CommoditiesTrading.it. “Addirittura, l’oro sembrava aver perso sia il ruolo di bene rifugio che di bene anti inflazione”, ha proseguito Dall’Aglio, ma “con il miglioramento dei dati sull’indice dei prezzi al consumo americani poi, il dollaro ha iniziato a svalutarsi, così come i redimenti sui bond, agevolando la ripresa dell’oro, che è tornato nel mirino degli investitori. A mio avviso hanno contribuito al recupero anche i dati relativi agli acquisti record da parte delle banche centrali, relativi al terzo trimestre del 2022, diffusi a dicembre dal World Gold Council”.
Un rally dell’oro che può continuare?
Le cautele sulla possibilità che l’oro possa salire ancora sembrano condivise fra gli analisti. “Per quanto riguarda la sostenibilità dei rialzi, dobbiamo ricordare come l’oro si trovi alle prese con un’importante area di resistenza. Infatti, proprio intorno ai 1,915-19,20 dollari per oncia troviamo i vecchi massimi storici dell’oro del 2011”, ha affermato De Casa. “Al momento non vedo dei market driver in grado di spingere nel breve termine l’oro a superare i massimi della scorsa primavera in area 2.070 dollari”, ha aggiunto, “mi attendo una fase di consolidamento laterale, magari con una moderata correzione, dovuta appunto a qualche presa di beneficio. Nel medio termine, però, l’oro appare ancora ben impostato e ci sono buone possibilità di vederlo nuovamente superare quota 2.000 dollari per oncia. Questo perché le banche centrali continuano a comprare, mentre l’oro mantiene il suo tradizionale ruolo di bene rifugio, in un contesto dove l’incertezza resta elevata, sia per i rischi geopolitici che per quelli legati ad una possibile recessione”.
Secondo Dall’Aglio serve prudenza per chi dovesse assumere adesso un orientamento rialzista sull’oro, “soprattutto perché la diminuzione dei prezzi al consumo è stata agevolata in gran parte dalla diminuzione dei prezzi nel settore energia”. Che, però, potrebbero invertire la rotta qualora la crescita globale andasse meglio del previsto, trainata dalla riapertura della Cina: a quel punto “l’inflazione potrebbe aumentare di nuovo, vista la scarsità dell’offerta, costringendo la Fed a nuovi interventi aggressivi. L’oro probabilmente potrebbe essere oggetto di nuove vendite a quel punto. La chiave quindi sta nel monitoraggio dell’inflazione e dell’andamento dell’economia. Lo scenario, a mio avviso, resta ancora incerto”.
Anche per De Casa, “l’elemento maggiormente negativo per l’oro, al momento, è il rischio di tassi Usa relativamente elevati per un arco temporale ampio, anche se il mercato ha già assorbito la news (almeno in buona parte)”.
Prendendo una licenza dal gergo dei rating, in questa fase l’oro, dopo il forte recupero degli ultimi mesi appare a metà strada fra “hold” e “sell”, considerando il livello storicamente elevato che ha già raggiunto.