Rilevanza ai fini Iva del trust
Partendo dal presupposto che in occasione dell’introduzione dei trust tra i soggetti passivi Ires non è stato integrato il Dpr 633/72 e le indicazioni di prassi al riguardo sono limitate, lo studio n. 69-2023/T del Consiglio nazionale del Notariato (Cnn) ha esaminato l’applicabilità dell’Iva alle operazioni connesse all’apporto di beni in un trust e agli atti compiuti dallo stesso durante la propria esistenza.
L’Agenzia delle entrate, infatti, ha solo chiarito che il trust residente deve dotarsi di una propria partita Iva qualora eserciti un’attività commerciale.
Tassazione degli apporti in trust
Con riferimento agli atti di dotazione patrimoniale del trust, lo studio del Notariato specifica che rilevano ai fini Iva solo qualora il disponente sia un imprenditore e il trasferimento al trust riguardi beni relativi all’impresa (beni merce, beni strumentali, beni patrimoniali).
Sono invece esclusi da Iva gli atti di conferimento al trust posti in essere da un soggetto che non opera nell’esercizio d’impresa, nonché qualora il disponente sia un imprenditore ma i beni conferiti siano di carattere “personale”.
Per quanto riguarda il conferimento nel trust di un complesso aziendale, lo studio chiarisce che ai fini Iva tale apporto rappresenta un’operazione estranea al campo applicativo dell’Iva ex art. 2 comma 3 lett. b) del Dpr 633/72.
Tassazione degli atti compiuti dal trust
Un ulteriore aspetto esaminato dal Cnn concerne agli atti compiuti dal trust durante la propria esistenza.
L’Agenzia delle entrate ammette che il Trust possa svolgere un’attività commerciale utilizzando i beni in esso segregati e, in particolare, la circolare 34/2022 sembra essersi espressa per l’inclusione del trust tra i soggetti passivi Iva, riconducendo qualsiasi operazione da esso compiuta ad un centro di imputazione autonomo e diverso dal disponente e dal trustee.
Pertanto, sotto il profilo degli adempimenti formali, ne consegue la necessità che il trust si doti di una propria partita Iva e da tale ricostruzione, secondo il Notariato, dovrebbe derivare l’assoggettabilità a Iva degli atti dispositivi effettuati durante la vita del trust.
Diversa è l’interpretazione fornita dalla Giurisprudenza. In particolare, il Cnn ricorda una pronuncia di merito (Sentenza n. 437 del 12 maggio 2015 della Commiss. Trib. Prov., Bergamo, Sez. X ) secondo la quale è possibile concludere che il trust non sia un soggetto giuridico dotato di una propria personalità e che il trustee sia l’unico soggetto legittimato a operare nei rapporti coi terzi. La Suprema Corte (Cass. n. 17563/2021 e Cass. n. 20808/2022) ha, invece affermato che l’unico soggetto passivo ai fini IVA sia il disponente (poiché l’istituto è funzionale agli scopi di quest’ultimo).
Con riferimento a tali posizioni, il Notariato formula alcune osservazioni critiche e afferma che argomenti per il “riconoscimento della soggettività passiva del trust si possono ricavare dalla giurisprudenza unionale e in specie della sentenza del 20 giugno 1996, Wellcome trust, causa C-155/94.
Con questa pronuncia la Corte Ue chiamata a valutare la sussistenza dei presupposti in ordine alla rilevanza ai fini Iva dell’attività di vendita da parte di un trustee di azioni e titoli conferiti in trust, ha implicitamente affermato che l’attività condotta dal trustee sia autonoma ma riconducibile al centro di imputazione del trust in quanto tale, apprezzando il trustee alla stregua di un amministratore”.